C’era una volta il crimine, Massimiliano Bruno: "È un modo per prendere le distanze da chi vuole la guerra"

C'era una volta il crimine, il terzo film della trilogia iniziata con Non ci resta che il crimine e continuata con Ritorno al crimine, è ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale: ecco la nostra intervista.

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C'era una volta il crimine: Massimiliano Bruno in una scena del film

C'era una volta il crimine, e c'era una volta la guerra. Il terzo film della trilogia di Massimiliano Bruno, iniziata con Non ci resta che il crimine e continuata con Ritorno al crimine, arriva al cinema il 10 marzo, e stavolta è ambientato in un periodo chiave della nostra Storia recente, la Seconda Guerra Mondiale, in particolare nei giorni intorno all'8 settembre del 1943, la data dell'Armistizio. Per uno strano gioco del destino, il film arriva in sala (in 500 copie) proprio nei giorni in cui un'altra guerra si sta consumando, non troppo lontano dai noi, in Ucraina. "È una concomitanza inaspettata, un'occasione per i giovani per andare a vedere un film che racconta un po' cos'è la guerra" ha dichiarato Massimiliano Bruno alla conferenza stampa di lancio del film, a Roma. "È un modo, seppur in commedia per prendere le distanze da chi la guerra la vuole fare, e imparare da chi la guerra non la vuole fare". Nella storia immaginata da Bruno, Moreno (Marco Giallini) e Giuseppe (Gianmarco Tognazzi) tornano indietro nel tempo fino al 1943 per rubare la Gioconda ai francesi, insieme a un nuovo compagno, Claudio Ranieri (Giampaolo Morelli), un professore di storia che sa tutto della Seconda Guerra Mondiale. E finiscono per incontrare Adele (Carolina Crescentini), la nonna di Moreno da giovane. "Volevamo fare un film importante, parlare di comicità, ma anche di un momento storico del nostro paese importante, ahimè ciclico, che è stato quello della Seconda Guerra Mondiale" ha spiegato Bruno. "Abbiamo scelto una linea di demarcazione forte come la Linea Gotica, che è l'8 settembre 1943. L'idea era fare una commedia che avesse un valore comico importante, ma che parlasse di grandi valori e ci siamo rifatti alla Commedia all'Italiana, che ci ha insegnato che si può ironizzare su qualcosa che ci ha fatto male". "Ci serviva questo per far svoltare emotivamente i personaggi, che nei primi due film e all'inizio di questo restano quei caratteri un po' vigliacchi, un po' sordiani, cialtroni, che cercano la svolta, che pensano soltanto a guadagnare il più possibile, ma che davanti a scelte che hanno a che fare con la solidarietà e col bene degli altri riescono a diventare eroi sic et simpliciter, nella vera accezione del termine ha aggiunto. "Per questo è il film più importante dei tre. Il significato del film è questo: unirsi per combattere i cattivi".

Carolina Crescentini: "Con questi tre è impossibile non ridere"

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C'era una volta il crimine: Marco Giallini con Giampaolo Morelli e Carolina Crescentini in una scena del film

Carolina Crescentini è la new entry nel gruppo, ed è la vera rivelazione del film, per il suo modo di recitare mantenendo un registro drammatico e riuscendo a integrarlo con il registro comico degli altri. Ma farlo non è stato facile. "Ci conosciamo tutti da un bel po': conosco Max dal 2000 e con gli attori è come se fossimo una piccola famiglia" ha spiegato l'attrice. "Soltanto che il mio personaggio sta vivendo qualcosa di più vicino al dramma e cercare di non ridere con questi tre è quasi impossibile". "Adele è una donna del 1943 ma con tratti molto moderni" continua. "È una fotografa, e si trova a proteggere sua figlia in un'Italia in cui, appena esci di casa può accadere qualunque casa. Si trova fuori casa questi uomini che dicono di essere amici del marito, conosciuto al fronte. Li accoglie, solo che appena li accoglie comincia a succedere di tutto. Ma salvare sua figlia senza loro non sarebbe possibile, perché è sola".

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Giampaolo Morelli: "Vivo quello che ho sentito nei racconti di papà"

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C'era una volta il crimine: Marco Giallini e Giampaolo Morelli in una scena del film

Altra new entry nella banda è Claudio Ranieri (sì, si chiama proprio così, come l'allenatore), interpretato da un Giampaolo Morelli entrato immediatamente nello spirito del gruppo. "Il mio personaggio è l'unico che ha due nozioni di storia, anche più, visto che ci ha scritto un saggio" commenta. "Attraversiamo l'Italia incontrando dei personaggi che abbiamo sempre conosciuto attraverso i libri di storia o i racconti della guerra. Ho sempre sentito mio papà che mi raccontava di quando era bimbo e suo padre dovette portarlo in bicicletta via da Napoli: fece quasi 50 km fino a casa dei nonni in campagna, dove si pensava che potesse stare più tranquillo, e invece proprio lì arrivarono i nazisti. E si ricorda di loro che entravano con quei modi duri che incutevano timore. Partecipare in qualche modo a questo conflitto e poter dare due ceffoni, in senso metaforico, ai nazisti è stato catartico. Abbiamo potuto vivere quello che abbiamo sempre sentito". "Morelli è uno degli attori troppo poco sottovalutati" scherza con il suo fare inconfondibile Marco Giallini, mattatore in conferenza stampa come nel film. "Ci siamo trovati per poi lasciarci subito. È un attore con dei tempi comici che non mi aspettavo. È veramente un grande attore". I due ci svelano che la gag del quadro della Gioconda, che Morelli porta sulle spalle, e urta ci continuo Giallini, è nata per caso, ed è piaciuta, tanto da essere ripetuta più volte. Ma nelle scene successive il quadro è stato sostituito con una sagoma di polistirolo.

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C'era una volta il crimine: Giampaolo Morelli, Gian Marco Tognazzi e Marco Giallini in una scena del film

Gianmarco Tognazzi: "Il mio Giuseppe si apre a qualcosa di nuovo"

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C'era una volta il crimine: Marco Giallini con Gianmarco Tognazzi in una scena del film

Il bello di C'era una volta il crimine è che, arrivato a compimento l'arco narrativo della storia, arriva a compimento anche l'evoluzione dei personaggi. "Quando scrivi una saga e i personaggi sono ben delineati e ci si affeziona a certe cose il rischio è che poi il personaggio si ripeta nelle vicende successive con le stesse dinamiche" riflette Gianmarco Tognazzi. "Quello che è riuscito a fare Massimiliano con questa trilogia è stato dare sempre un lato diverso al personaggio. In questo caso Giuseppe ha un lato sentimentale importante. Lo abbiamo visto pavido nel primo, con lo spirito di rivalsa nel secondo; qui ritrova le caratteristiche dei primi due film ma si apre a qualcosa di nuovo. In certi film rischi di accomodarti. Ma se hai una grande scrittura, la capacita di saperti fare andare su altri registri, puoi far un personaggio a tutto tondo e non ti annoi."

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Massimiliano Bruno: "Bisognerà ritarare gli accordi di passaggio di un film dal cinema alle piattaforme"

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C'era una volta il crimine: Giulia Bevilacqua e Massimiliano Bruno in una scena del film

C'era una volta il crimine arriva in un momento in cui, per il cinema e in particolare quello italiano, la guerra da vincere è quella contro la sfiducia che la pandemia ha instillato in gran parte del pubblico, allontanandolo dal cinema. "La pandemia ha un po' depresso le persone che hanno avuto meno voglia di andare al cinema e divertirsi" riflette Massimiliano Bruno. "Avere tv enormi dentro casa e la possibilità di scegliere 500 film dalle varie piattaforme è stato un deterrente fortissimo in questi due anni. Io cerco di fare le mie cose con la coerenza che mi ha sempre contraddistinto. Mi piace la Commedia all'Italiana, non mi piace fare film che non facciano riflettere. Nel mio piccolo per il futuro credo che bisognerà ritarare gli accordi di passaggio di un film dal cinema alle piattaforme. È un dato di fatto: se io so che un film lo posso vedere tra un mese o tra due mesi probabilmente può essere un deterrente sull'andare al cinema, a meno che non crollino palazzi e io non abbia una tuta da Batman o da Spider-Man. Quindi se i produttori e i distributori non trovano un accordo con le piattaforme per cercare di tornare a com'era prima, e rimandare il più possibile l'uscita in televisione, credo che il cinema in generale possa rimettere. Il cinema resta uno spettacolo straordinario, meraviglioso. Quello che dobbiamo fare è cercare di non far diventare il cinema quello che il vinile è diventato per la musica. Cerchiamo di tenerlo vivo tanto quanto il resto. Per fare questo dobbiamo cercare film che abbiano una potenza una forza emotiva. Penso che alla fine i film che emotivamente ti colpiscono di più, che ti porti a casa e ti portano a discutere con un amico, sono i film che rimangono nella storia. Cerchiamo allora di raccontare storie che abbiano un impatto intelligente, emotivo, con il pubblico". "È bene ricordare l'importanza di una risata collettiva, di condividere" aggiunge Tognazzi. "Così come si è fatto un po' di spauracchio sulle sale cinematografiche adesso bisogna fare esattamente il contrario: far capire ai bambini e ai giovani cosa vuol dire poter condividere il cinema, perché la risata è contagiosa. Si chiama educazione artistica".

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