A meno di posticipi dell'ultima ora, nel 2020 si concluderà definitivamente un nuovo ciclo di film dedicati all'agente segreto 007, un ciclo particolare e di incredibile successo (con la punta di diamante di Skyfall che ha incassato oltre un miliardo di dollari nel mondo) con Daniel Craig nel ruolo di James Bond. Un ciclo nato con una mossa imprevedibile e risultata poi vincente, con la decisione di concludere l'avventura di Pierce Brosnan proprio nel suo momento di maggior successo per ripartire da zero e rinnovare completamente storie e personaggio per un pubblico del ventunesimo secolo. Missione riuscita: mai come in questi ultimi anni James Bond è tornato prepotentemente nel cuore degli appassionati e degli spettatori più casuali raggiungendo anche quel pubblico che poco considerava la saga spy-action per eccellenza. Casino Royale è ormai considerato un classico e abbiamo trovato ben 7 motivi per cui è il migliore Bond dell'era Craig.
1. La fedeltà a Fleming
Lontano dalle mode cinematografiche e dalle reinterpretazioni, Casino Royale ha il merito di essere uno dei pochi film fedeli alla rappresentazione del personaggio creato dallo scrittore Ian Fleming. Non solo il film segue, aggiornandolo alla contemporaneità, il romanzo in tutto e per tutto, addirittura ampliandone alcuni aspetti, ma si dimostra anche il film più puro dal punto di vista del genere. Lontano dall'approccio arty adrenalinico di Quantum of Solace, lontano dalla cura stilizzata e formale di Skyfall e lontano dalla celebrazione del personaggio presente in Spectre, Casino Royale è il film che meglio appartiene al genere di spionaggio e azione che caratterizza la saga letteraria. I romanzi di Fleming, infatti, sono storie che si leggono tutte d'un fiato, che non vogliono fare altro che intrattenere nel migliore dei modi il lettore e Casino Royale è un film che non racconta altro che un'ottima storia di genere (e la scelta di Martin Campbell come regista, ottimo come regista di genere, ma lontano dall'autorialità di Marc Forster e Sam Mendes è indicativa).
2. Un reboot per nuovi spettatori
Il film è anche un vero e proprio reboot della saga che darà il via a una serie di film strettamente collegati tra loro, una scelta che non era mai stata fatta prima al cambio di attore protagonista, e di conseguenza capace di catalizzare l'attenzione di nuovi spettatori precedentemente poco interessati alla saga. In Casino Royale (anche primo libro della saga) vediamo quella che è la prima avventura di James Bond, fresco di doppio zero ovvero appena ricevuta la licenza di uccidere. A partire dal prologo in bianco e nero, così atipico per le caratteristiche della saga, Casino Royale si mostra a noi come un film di prime volte: la prima missione, la prima storia d'amore, le prime difficoltà (mai come in questo film Bond arriva a un passo dalla morte), la prima volta in cui beve il suo Martini preferito, ma anche un film che osa nel mostrarci qualcosa di nuovo in una maniera originale e atipica.
3. Alla ricerca del realismo
Solitamente quando si pensa a James Bond vengono in mente caratteristiche ben poco reali: gadget all'avanguardia, antagonisti con armi segrete, minacce spaziali, l'eroe che riesce a sopravvivere all'impossibile. E anche un esagerato uso del digitale che aveva raggiunto un alto livello di kitsch sullo schermo (indimenticabile - per il ridicolo involontario che sprigiona - un'adrenalinica sequenza di La morte può attendere, l'ultimo film con Brosnan). Con Casino Royale, invece, si ritorna all'analogico usando il digitale il meno possibile (persino il prologo è stato girato direttamente in bianco e nero e non desaturato in post produzione) alla ricerca del maggior realismo possibile. Le fantasie esagerate che avevano accompagnato la saga sin dai più celebri titoli con Roger Moore vengono abbandonate in favore della cruda e dura realtà con inseguimenti a piedi, acrobazie dal vivo e una violenza più fisica. Anche la scelta di Daniel Craig nel ruolo di protagonista allontana il cliché della tipica bellezza del personaggio: Craig ha una bellezza più rude, meno ostentata. Lavorando sulla sottrazione di quello che sembrava aver fatto la fortuna della saga si ritrova l'essenza di Bond ben inserita per il pubblico del 2000.
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4. Poca azione e tanta tensione
Proprio a causa del realismo presente nel film si ha un cambio di marcia rispetto agli altri film della saga che puntavano molto di più sulle sequenze adrenaliniche. Rinunciando all'azione (anche se molte sequenze più movimentate sono presenti nel film) ciò che rimane è la tensione, palpabile durante l'ora centrale del film quando si svolge davanti a noi il confronto tra Le Chiffre (Mads Mikkelsen) e Bond al tavolo del poker. Un duello senza pistole e gadget, ma tutto basato sulle carte da gioco, sulla fortuna, sugli sguardi, i primi piani e i tic nervosi. Un duello che diventa anche uno specchio del fascino dei personaggi: vince chi è più duro e più cool con la sensazione di dover assistere prima o poi a un'esplosione violenta. Non possiamo negare che gran parte del fascino del film sia dovuto alle partite di poker, studiate nel dettaglio (c'è pochissima finzione cinematografica nel modo in cui si svolgono), imprevedibili e girate in maniera sempre diversa per mantenere alta l'attenzione.
5. Un'affascinante Bond Girl
Lo sappiamo: più pop di James Bond ci sono solo le Bond Girl, le ragazze amanti del nostro agente segreto che cambiano volto e identità a ogni film. A volte personaggi forti, altre volte mere e proprie figurine di bellezza (e diciamo che la visione di Fleming sul sesso femminile sarebbe alquanto inaccettabile al giorno d'oggi), le Bond Girl sono la perfetta spalla del protagonista. Vesper è sicuramente una delle migliori, non solo per l'interpretazione straordinaria di Eva Green (la sua ultima scena è di un'intensità rara), ma anche per il ritratto di personaggio ambiguo e atipico all'interno della filmografia di 007. Un personaggio affascinante eppure intriso di tragicità, colpita dalle frecce di Cupido e destinata, quindi, a essere distrutta dall'amore. Un vero e proprio personaggio tridimensionale, capace di segnare la vita di James Bond sia nel singolo film che nel futuro della sua vita (ci sarà un richiamo a lei in Spectre) e che lo aiuterà ad evolvere come personaggio: è pronto a mollare il suo lavoro per vivere felice da innamorato salvo poi rimanere traumatizzato, ma con un desiderio di vendetta viscerale. Si potrebbe dire che il James Bond che conosciamo nasce grazie alla morte di Vesper.
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6. Personaggi umani e vulnerabili
Non è solo Vesper il personaggio vulnerabile di Casino Royale. Lo è James Bond stesso, un agente ancora incosciente e lontano da personaggio tutto d'un pezzo e sicuro di sé che siamo abituati a conoscere. Un Bond che agisce di impulso e che è capace anche di sbagliare (interpretare malamente un tic di Le Chiffre durante la partita a poker rischia di costargli la vita e la missione). Anche Le Chiffre è un antagonista lontano dalle normali caratterizzazioni dei nemici di James Bond, ruoli che di norma risultano memorabili e che contribuiscono alla riuscita del film. Le Chiffre non è una macchietta che intende conquistare il mondo (ancora il ricercato realismo), non ha un piano grottesco o armi speciali da svelare: è un umano con alcuni difetti (piange sangue e soffre d'asma), vittima dei suoi sbagli a cui sta cercando di rimediare, a sua volta pedina di un'associazione più grande che non avrà problemi a ucciderlo, in maniera rapida e veloce, come se non valesse nulla.
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7. Gioca con le aspettative del pubblico
Alla fine cosa rende un film di Bond così particolare e fresco se non un lungo gioco con le aspettative del pubblico abituato, ormai dagli anni Sessanta e con venti film sulle spalle, a un film dedicato a 007? Casino Royale sembra voler sorprendere continuamente, a partire da un prologo prima della celebre sequenza del gunbarrel (dove per la prima volta entriamo nella canna della pistola e si rinuncia alla grafica classica), a una canzone che riguarda Bond stesso (che poi è l'elemento tematico del film), fino ad arrivare a inseguimenti senza auto, a una resa dei conti anticlimatica, a un inseguimento che sembra iniziare e invece finisce subito. Persino la struttura del film è strana tanto che quando quello che sembra l'antagonista principale muore e la missione sembra conclusa siamo solo a due terzi del film. Solo dopo due ore e venti, la storia di origini si conclude come ci aspettavamo dovesse iniziare, con la famosa frase "Mi chiamo Bond. James Bond" e il tema musicale classico che risalta appena si arriva ai titoli di coda. È qui che l'operazione si compie: abbiamo imparato a conoscere Bond e Bond si è costruito di fronte a noi. Ne conosciamo i suoi difetti e le sue qualità, ci siamo legati a lui come mai prima d'ora. Siamo pronti a nuove missioni.