Campo di battaglia, intervista ad Alessandro Borghi: "Quanto vale la libertà?"

"Il film secondo me passa un messaggio molto importante: a cosa siamo disposti a rinunciare per la libertà?": intervista a Gianni Amelio e Alessandro Borghi, regista e protagonista di Campo di battaglia. In sala dopo il concorso a Venezia 2024.

Alessandro Borghi presenta Campo di battaglia

Quanto vale la libertà? Se lo chiede Giulio e Alessandro Borghi, che lo interpreta, con lui: l'attore è il protagonista di Campo di battaglia, ultimo film di Gianni Amelio presentato in concorso a Venezia 2024. Nelle sale dal 5 settembre, l'opera è liberamente tratta dal libro di Carlo patriarca La sfida. Ambientato durante la Prima Guerra Mondiale, è la storia di due medici militari, Giulio, appunto, e Stefano (Gabriel Montesi), che hanno una visione molto diversa del mondo.

Campo Di Battaglia Alessandro Borghi
Alessandro Borghi in Campo di battaglia

Stefano è integerrimo: non accetta che un soldato possa fingere di stare male per evitare il fronte, mentre Giulio, commosso dalla disperazione di ragazzi giovanissimi che vogliono solo tornare a casa, li aiuta a farsi congedare peggiorando il loro quadro clinico. Giulio rischia molto, ma è comunque convinto di fare del bene. È davvero così?

O ha ragione Stefano, quando dice: "A guerra finita onesti e valorosi saranno tutti morti e a far l'Italia resteranno solo i furbi"? Per Borghi: "Che furbi siano quelli che poi escono vincitori, ma con la consapevolezza di non essersela guadagnata ma soltanto di essere stati furbi, penso sia una cosa che è successa molte volte, anche senza arrivare a un contesto importante come quello della guerra. Nel film ci sono molte battute importanti. Questo è merito di Gianni Amelio. Il film secondo me passa un messaggio molto importante: a cosa siamo disposti a rinunciare per la libertà? Quanto vale il nostro punto di vista? E che cosa è giusto e che cosa è sbagliato?".

Campo di battaglia: intervista a Gianni Amelio e Alessandro Borghi

Il regista ha anche scritto la sceneggiatura di Campo di battaglia, insieme ad Alberto Taraglio e per Borghi il processo creativo legato al film è stato una scoperta. Il personaggio di Borghi, Giulio secondo l'attore: "_È un personaggio che inizia avendo un ideale contro la guerra, ma poi, per cercare di contrastarla, fa una cosa provocatoria e abominevole: chiedere a un soldato di rinunciare anche a una parte del suo corpo per salvarsi. Tanto che, quando un soldato rifiuta il suo trattamento, lui si fa una serie di domande rispetto alla giustezza del suo atto. Sto facendo una cosa giusta oppure no?

Per quanto riguarda il lavoro con Amelio invece: "Ogni giorno veniva e scriveva dei macigni su dei fogli di carta: ogni tanto me li riguardo. L'importanza delle parole dette nel film è il risultato di un processo creativo meraviglioso, che ho avuto la possibilità e la fortuna di fare. Con Gianni abbiamo cominciato a parlare da un anno e mezzo prima di arrivare sul set: al bar sotto casa sua, in cucina, pensando ai personaggi. Quando poi sono arrivati anche i miei compagni di viaggio, che sono straordinari, è stato ancora meglio. Abbiamo cercato di fare un film che parlasse di guerra ma in modo non canonico, che avesse dei personaggi ben strutturati, in grado di creare dei livelli molto alti di empatia con il pubblico ma mettendolo anche di fronte a delle domande non di facile risposta".

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Gianni Amelio contro la guerra

In Campo di battaglia c'è un bel lavoro sui dialetti: i soldati parlano tutti in modo diverso, ma si capiscono comunque. Nel caso del film questi ragazzi sono accomunati dalla voglia di vivere. Gli Italiani invece su cosa si capiscono secondo Gianni Amelio? Il regista: "Non so se ci capiamo in quanto Italiani. Io so che nel film i soldati si capiscono anche se parlano dialetti diversi perché sono innocenti. Hanno quello spirito di povera gente che si avvicina all'altra povera gente. Per questo uno scappa dalla guerra, perché non ritiene giusto che sia ucciso anche un soldato nemico dal momento che è come lui".

"Addirittura parla una lingua che forse è più comprensibile del sardo! A un certo punto c'è un ragazzo sardo che dice delle cose e nessuno lo capisce. Sono tutti soldati giovani, 19-20 anni, che fanno una guerra insensata e vanno verso un massacro in nome di che cosa? In nome di un potere che, dall'alto, ha deciso di mandarli al massacro. Non è una guerra che loro sentono, non è come una guerra di difesa della propria casa: un nemico ti entra in casa e tu reagisci. È una guerra politica che doveva essere risolta con la politica e invece è stata risolta con un massacro di innocenti. È l'innocenza che accomuna questi ragazzi".