Scelte. La nostra vita è fatta di continue scelte e decisioni che indirizzano l'andamento della nostra esistenza, ma quella davanti alla quale si trovano i protagonisti di Bussano alla porta è di quelle fuori dal comune. Impensabili e impossibili. Non è uno spoiler dirlo, perché fa parte dello spunto iniziale e della sinossi di base del nuovo film di M. Night Shyamalan nelle sale dal 2 Febbraio 2023, e precisiamo che questa recensione non avrà anticipazioni sullo sviluppo della storia che ne scaturisce, ma si concentrerà sull'approccio e i temi del regista de Il sesto senso, uno di quegli autori che è riuscito molte volte a sorprendere il proprio pubblico e dal quale ci si aspetta sempre un colpo di scena finale in grado di cambiare le carte in tavola e spiazzarci. Nel caso di questo suo ultimo lavoro, tratto dal romanzo datato 2018 di Paul G. Tremblay, sono la tensione, costante e palpabile, e il lavoro sul cast i maggiori pregi che abbiamo individuato.
Una inaspettata Home Invasion nella trama di Bussano alla porta
Bussano alla porta è un titolo evocativo e indovinato, cambiato rispetto a quello del romanzo di partenza La casa alla fine del mondo, perfetto per introdurre quella che è a tutti gli effetti una Home Invasion seppur sui generis. I protagonisti Eric e Andrew sono infatti in vacanza in una baita isolata con la loro bambina Wen quando vengono raggiunti da un gruppo di quattro individui, vestiti in modo simile ma con camicie di colori diversi, che si introducono con la forza in casa e li tengono in ostaggio, ma li mettono anche davanti a una decisione difficile: devono compiere una scelta, accettare di sacrificare uno di loro, per poter evitare l'apocalisse e scongiurare l'imminente fine del mondo. Prigionieri e isolati dal mondo esterno, Eric e Andrew accetteranno di credere allo scenario apocalittico che viene loro prospettato?
Bussano alla porta: tutto quello che c'è da sapere sul nuovo film di Shyamalan con Dave Bautista
L'attenzione per i protagonisti
Una baita in mezzo al nulla, sette personaggi: questo è il centro narrativo di Bussano alla porta, un cuore pulsante che Shyamalan sviluppa con un'attenzione maniacale per i personaggi, focalizzandosi sui loro volti, sulle espressioni, i sentimenti e le emozioni. Da una parte la coppia formata da Eric e Andrew, interpretati da Ben Aldridge e Jonathan Groff, diversi ma affiatati, tra lo spaventato e il combattivo, la resa e la reazione, preoccupati prima di tutto di proteggere la loro figlia adottiva Wen, la prima a entrare in contatto con il gruppo di estranei e il loro apparente leader Leonard. Il loro è un nucleo familiare compatto e solido, un'unità di spirito e intenti che appare importante e preziosa per il regista, un qualcosa da salvaguardare, proteggere, tenere al sicuro.
Dall'altra parte ci sono i quattro intrusi, quattro individui apparentemente normali, vittime di un'ossessione che li porta in quel luogo isolato e li spinge alle azioni di cui li vediamo protagonisti per compiere quella che ritengono essere la loro missione: a guidarli c'è il Leonard di un sorprendente Dave Bautista, un gigante innocente, come l'ha definito lo stesso Shyamalan nell'incontro romano; ma accanto a lui il gruppo è completato con puntuale sensibilità dalla Adriane interpretata da Nikki Amuka-Bird, la Sabrina a cui dà il volto Abby Quinn e infine Redmond, il più fuori controllo del gruppo, altra prova da promuovere di Rupert Grint, l'ex Ron di Harry Potter già al servizio di Shyamalan per Servant. Sette personaggi in un unico ambiente per gran parte del film, pedine del perfetto meccanismo di tensione messo in piedi da M. Night Shyamalan.
La tensione palpabile di Bussano alla porta
In Bussano alla porta, infatti, la tensione è sempre presente, palpabile. Sin dalle prime battute, dal primo incontro di Wen con Leonard, man mano che la storia procede e gli eventi risuonano come cupi rintocchi che segnano il tempo verso una fine che appare e ci viene presentata come imminente dai quattro assalitori. La si percepisce in quel che accade, si riflette sui volti dei protagonisti: per questo è così sensata e funzionale la scelta di messa in scena di Shyamalan, così attenta agli sguardi e le espressioni dei suoi protagonisti, così concentrata sui suoi interpreti, perché sono lo specchio della tensione che il regista intende comunicare allo spettatore. Gli ingranaggi del suo meccanismo che genera ansia e preoccupazione per la sorte dei personaggi.
I migliori film M. Night Shyamalan
L'ossessione del tempo, verso una fine imminente
Un meccanismo a orologeria, in un film in cui il tempo viene scandito in modo palese, esplicito: è il tempo a cui corrono gli occhi nervosi di Leonard ogni volta che consulta l'orologio, in un tic che trasmette l'ossessione e la vulnerabilità di affidarsi ciecamente a qualcosa. Il tema religioso è presente, vivo, e rappresenta per Shyamalan un qualcosa che mette in risalto la vulnerabilità del suo gruppo di protagonisti, accecati da una fede incrollabile che determina le loro azioni. La loro oscurità non è assoluta e si riflette in una purezza altrettanto macchiata dei loro prigionieri, andando a costruire un racconto in cui bene e male non solo si bilanciano, ma confondono e sovrappongono, lasciandoci con qualcosa su cui ragionare e la sensazione di non avere le idee chiare su cosa sia giusto e cosa sbagliato. Se un film fa questo e ci lascia riflettere, è già un grande successo.
Conclusioni
Uno degli elementi che più ci ha colpito di Bussano alla porta, evidenziato anche nella nostra recensione, è la capacità di M. Night Shyalaman di tenere la tensione e sostenerla per tutta la durata del suo film. Tra scelte impossibili e dilemmi morali, i sette protagonisti si confrontano in un crescendo di ansia che coinvolge gli spettatori e li lascia a fine corsa con qualcosa su cui riflettere. Buono il cast, a cominciare da un sorprendente Dave Bautista, capace di mettersi al servizio della storia e dei suoi presupposti, senza rinunciare a tratteggiare le peculiarità dei rispettivi personaggi.
Perché ci piace
- Lo stile di ripresa scelto da Shyamalan, concentrato sui personaggi e claustrofobico.
- La gestione della tensione, crescente e opprimente nel corso della storia.
- Tutto il cast, con menzione speciale per un Dave Bautista sempre più a fuoco nei ruoli drammatici.
- La capacità del film di lasciare lo spettatore con spunti su cui riflettere.
Cosa non va
- Chi ama lo Shyamalan che spiazza con i suoi proverbiali twist può restare deluso, perché è una storia costruita con presupporti e intenti diversi.