Un poliziesco, un'indagine per omicidio in cui i ruoli, le relazioni e le divise identificano solo superficialmente i buoni e i cattivi, una storia in cui il confine tra bene e male si assottiglia fino a diventare impalpabile. Un film sulla coscienza e sulla conoscenza che abbiamo di noi e degli altri in cui il protagonista Silvio Orlando, nei panni dell'ispettore Monaco, è affiancato nelle indagini su un delitto dall'amico e collega Carlo Levi, interpretato da Giuseppe Battiston, dalla misteriosa dark lady Sandra Ceccarelli e dalla giovane Alice Raffaelli, nei panni della figlia sedicenne di Monaco fermata per possesso di arma da fuoco nella stessa notte dell'omicidio di un illustre uomo d'affari. Parliamo de La variabile umana, il lungometraggio d'esordio nella finzione del documentarista napoletano Bruno Oliviero scritto insieme alla giovane Valentina Cicogna e a Doriana Leondeff. Presenti alla conferenza stampa insieme al regista i due produttori Lionello Cerri e Gabriella Manfrè in rappresentanza della Lumière & Co. e della Invisibile Film, società produttrici del film in collaborazione con Rai Cinema. Ambientato in una Milano decisamente noir, La variabile umana è stato riconosciuto film di Interesse Culturale con il contributo economico del Ministero per i Beni Culturali e passerà il 9 agosto nella sezione Piazza Grande del 66° Festival di Locarno. Il 28 agosto al cinema Anteo di Milano, in anteprima nazionale, il film sarà accompagnato dal cast in sala e proiettato sul grande schermo preceduto da un evento via satellite durante il quale il celebre musicista e compositore Michael Stevens, curatore della colonna sonora, suonerà in diretta per gli spettatori. Da giovedì 29 agosto La variabile umana arriverà nelle sale distribuito da Bim.
Il suo ispettore di polizia ha degli antenati ben precisi a livello sia letterario che cinematografico, ci racconta i modelli a cui si è ispirato?Bruno Oliviero: Sicuramente i riferimenti sono la letteratura americana degli anni '30, quando ho iniziato a scrivere il film inizialmente l'idea era di dar vita ad un personaggio maschile che rappresentasse la legge e che fosse deluso da quello che la sua professione nella funzione pubblica rappresenta. Volevo che egli fosse poi richiamato da un fatto personale molto spinoso a ripensare al suo ruolo di uomo pubblico.
La storia ha molta attinenza con l'attualità dopo lo scandalo della prostituzione minorile che ha coinvolto esponenti politici e dello spettacolo, quanto ha pesato questa cosa sulla preparazione del film e sulle scelte di sceneggiatura?
Bruno Oliviero: La prima idea del film è stata concepita molto prima delle notizie, per me che negli ultimi dieci anni ho fatto solo documentari e che vivo a Milano da quindici anni 'sentire il luogo' è sempre molto importante. A dire il vero le notizie di cronaca ci hanno disturbato ma soprattutto perché ora gli italiani hanno come un'ossessione nei confronti di questo argomento e del caso Berlusconi, è questo che ha pesato di più sulla costruzione del film.
Bruno Oliviero: Abbiamo osservato a lungo il clima che si viveva a Milano prima dello scandalo che ha occupato tutti i giornali, è notoriamente una città che anticipa di qualche tempo l'andamento dell'Italia ed è una città che genera miti soprattutto tra i giovani. Per questo abbiamo deciso di proseguire nel nostro progetto di metterci di fronte ad un uomo che rappresenta sì le istituzioni messo in crisi da vicende private, etiche e personali. E' in quel momento che ci siamo guardati attorno e frequentato discoteche piuttosto imbarazzati per quello che abbiamo visto, ma pensiamo di aver catturato psicologicamente ed emotivamente tutto quello che poteva esserci utile.
La colonna sonora è curata dal grande Michael Stevens, compositore delle musiche dei film più celebri di Clint Eastwood tra cui Million Dollar Baby, Gran Torino e Mystic River. Da cosa deriva la scelta di muoversi in sottrazione con le musiche e con i dialoghi?
Bruno Oliviero: Ho incontrato Micheal grazie ai produttori del film, sono un grande amante dei film di Clint Eastwood e mi piaceva l'idea di provare a convincerlo ad aprirsi ad un cinema più europeo, un cinema in cui la musica non copre nulla. Abbiamo lavorato molto bene insieme dal punto di vista musicale per adattare la sua esperienza internazionale al mio film italiano.
Bruno Oliviero: C'ho pensato molto a queste analogie ma solo dopo che ho iniziato a girare, riflettendo però ho capito subito che sarebbero stati due film molto diversi. La ragazza del lago è molto puntato sull'indagine mentre noi qui abbiamo puntato tutto sul personaggio dell'ispettore anziché che sulla sua bravura di poliziotto. Ad essere sotto i riflettori è il suo percorso di conoscenza, il percorso di un padre nei confronti di sua figlia, il peggior percorso che un padre possa fare nella vita perché in questo caso esso si incrocia con tutte le esperienze negative dell'uomo sia dal punto di vista lavorativo che umano.
Il documentarista, sicuramente più abituato al cinema della realtà rispetto ad un regista di finzione, si è sentito in questo frangente più libero di raccontare la realtà attraverso la finzione? Come si è trovato a lavorare in questo nuovo ambito con una storia che ha un così forte rimando alla nostra società contemporanea?
Bruno Oliviero: Ho voluto essere molto preciso nel raccontare una città quasi mitologica, mi sono sentito più libero che nel documentario ma la mia è stata una scelta ponderata, potevo finalmente analizzare tutta quella parte dell'animo umano senza che il mio lavoro risultasse ai limiti del voyeuristico, quando lavori ad un documentario prendi pezzi di vita reale della gente mentre qui li costruisci tu senza essere invadente.
Bruno Oliviero: Ci è sembrato la scelta giusta perché assolutamente 'strana' per il suo genere, totalmente eccentrica se andiamo a guardare i ruoli da lui solitamente interpretati. L'ispettore Monaco non doveva riscuotere molta simpatia mentre lui di solito lo fa sempre nei suoi film ed è per questo che abbiamo voluto scommettere su di lui. Dal canto suo Silvio si è fidato di me al 100% cancellando il suo solito umorismo e controllando il suo istinto scanzonato. Com'è nata la collaborazione tra Invisibile Film e Lumière & Co.?
Gabriella Manfrè: Quando abbiamo chiesto a Lionello Cerri di collaborare con noi alla produzione lui ha generosamente accettato di condividere l'avventura e lo ringrazio per l'opportunità che ci ha regalato con la sua contagiosa voglia di fare e con la sua esperienza. Di realtà produttive a Milano che fanno cinema non ce ne sono molte attualmente, voglio continuare su questa strada e dare spazio ad autori milanesi o che hanno scelto Milano per lavorare. Credo che attualmente sia tra le più fertili d'Italia dal punto di vista degli autori.
Lionello Cerri: Personalmente ho l'ambizione di fare film in tutta Italia e non solo a Milano, specialmente in questo momento assai critico per il cinema italiano non è facile andare avanti e trovare risorse. Vorrei fare film dovunque sia necessario farli ed aiutare così un'industria che sta andando avanti con sulle sue gambe.