Recensione Sideways (2004)

Nel complesso, pur ritenendolo divertente e abbastanza riuscito, Sideways è per noi un film decisamente sopravvalutato, così come lo è il suo (elitaristico) ammiccare al mondo dell'enologia e del vino.

Brindisi all'acqua di rose per Payne

Uno scrittore frustrato parte per una vacanza di enoturismo nel sud della California: è il suo addio al celibato per il suo migliore amico (o supposto tale, un attorucolo vanesio, egocentrico e sesso-dipendente). Come in ogni road movie che si rispetti, questo viaggio li divederà, li riunirà, li cambierà.
Scritto e diretto da Alexander Payne, nuovo pupillo del cinema americano "colto", Sideways arriva in Italia sull'onda di uno straordinario successo critico. Di certo si tratta di un film piacevole e godibile, che parla di vino e di esistenze, di successi e fallimenti, di amori e di solitudini. Ma è giustificato tutto l'entusiasmo che ha circondato e sta circondando Sideways? Chi scrive non riesce a spiegarselo, se non nell'ottica di un voler essere a tutti i costi radical-chic di una certa critica americana (e non solo) nei confronti di certa produzione (quasi) indipendente.

Payne è un regista che con le sue precedenti opere, film come Election e A proposito di Schmidt, aveva dimostrato non solo di saper scrivere e dirigere un film con gusto ed eleganza, ma anche di essere caustico, velenoso e allo stesso tempo delicato e quasi nostalgico nei confronti della società statunitense ma anche e soprattutto della Vita, con i suoi problemi e le sue gioie. In Sideways Payne sembra aver spuntato i suoi artigli: si è limitato a dirigere una commedia ben scritta, a tratti molto divertente, a tratti sentimentale e nostalgica, ma mai in grado di colpire nel profondo, né in un senso né nell'altro.
Esemplificazione perfetta di quella che sembra essere una riduzione della complessità (cinematografica e dell'esistente) da parte di Payne è lo sdoppiamento incarnato dai due - pur bravi - protagonisti: Paul Giamatti e Thomas Haden Church. Il primo è portatore del lato più malinconico, pessimista e nostalgico della narrazione, al secondo sono affibbiate le battute più divertenti ed i siparietti più comici, allo scopo di fargli incarnare il lato più ludico e spensierato del film e della vita. Certo, non si tratta di caratterizzazioni pure al 100%, c'è spazio per piccole ibridazioni e cambi di ruolo momentanei: ma quanta nostalgia abbiamo provato ripensando a quell'ottima e complessa combinazione di tragico e comico che erano i personaggi di Jack Nicholson in A proposito di Schmidt o persino di Matthew Broderick in Election. Payne sembra aver voluto rendere tutto più chiaro agli spettatori e più facile a lui come regista, il risultato è però quello di una sensibile perdita d'incisività e di profondità del suo film.

Nel complesso, pur ritenendolo divertente e abbastanza riuscito, Sideways è per noi un film decisamente sopravvalutato, così come lo è il suo (elitaristico) ammiccare al mondo dell'enologia e del vino. Niente da ridire sui vini passati in rassegna nel film e scelti dallo stesso Payne, ma visto che il regista si reputa un appassionato se non un esperto di vino, sorprendono alcune scelte di messa in scena: non basta far parlare i protagonisti di fermentazione malolattica e invecchiamento in barrique se poi li fa fumare durante le degustazioni o gli si fa reggere il bicchiere in modo da far inorridire il più ingenuo dei sommelier.