Blackpink: Light Up the Sky, la recensione: uno sguardo nel mondo della girl band coreana

La recensione di Blackpink: Light Up the Sky, il documentario disponibile su Netflix che esplora il mondo di una delle band femminili di K-pop di maggior successo.

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Blackpink: Light Up the Sky, una scena del film

Il successo del K-pop - sigla che indica la musica pop coreana - negli ultimi anni ha superato i confini del suo paese d'origine, questo genere musicale si sta infatti guadagnando sempre più fan anche nel resto del mondo. Tra i gruppi femminili di K-pop più amati in assoluto ci sono le Blackpink, quattro ragazze poco più che ventenni che dal debutto ufficiale nel 2016 si sono ritrovate subito in cima alle classifiche (tanto coreane come non): la loro è una vita che agli occhi dei più può sembrare un vero sogno, fatta principalmente di incontri con i fan adoranti e di esibizioni sui palchi più prestigiosi del mondo (nel 2019 hanno addirittura partecipato al Coachella), e in cui turbamenti e difficoltà non hanno importanza, offuscati dalla luce sfolgorante di un'esistenza così patinata. Come vedremo in questa recensione di Blackpink: Light Up the Sky, il documentario di Caroline Suh distribuito da Netflix, è riuscito - pur soffermandosi sui momenti più spettacolari ed emozionanti della vita di questo gruppo dal successo planetario - a rivolgere uno sguardo molto intimo sulle vite di queste quattro ragazze, sul costo che raggiungere lo status di star internazionali ha comportato e sulle piccole e grandi paure che devono affrontare ogni giorno.

Non vi aspettate un'inchiesta sui lati oscuri dell'industria musicale coreana, in fin dei conti il documentario è coprodotto dalla casa discografica che rappresenta le Blackpink (YG Entertainment). Quando il discorso vira su temi più spinosi (come ad esempio le problematiche legate ad una vita sempre in movimento, o il fatto che queste ragazze sono poco più che delle bambine quando iniziano il loro "addestramento"), lo si riporta velocemente su un territorio più neutrale, utilizzando l'enorme passione che guida le quattro artiste, e la loro personale dedizione al lavoro, come giustificazione per tutto. Detto questo, però, le interviste a cuore aperto rilasciate dalle Blackpink, separatamente l'una dall'altra, diventano una finestra preziosa sulla loro vita quotidiana, e ci permettono di conoscerle più a fondo di come molti documentari dalle tematiche simili hanno fatto in passato con altri artisti. Forse non scaveremo mai negli anfratti più torbidi di questo mondo ipercompetivivo e stressante, ma riusciamo comunque a scorgere, tramite un racconto personale, onesto e sincero, com'è la vita quotidiana di queste ragazze, che a visione ultimata ci pare quasi di conoscere.

La vita delle Blackpink

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Blackpink: Light Up the Sky, una scena del film

Jennie, Rosé, Jisoo e Lisa sono i quattro membri delle Blackpink: il documentario si apre con la conferenza per il loro debutto, nel 2016. Tramite le testimonianze di ognuna di loro, sia in gruppo che singolarmente, impariamo poi a conoscerle meglio, scoprendo le peculiarità del carattere di ognuna. La parte più interessante in assoluto del film è quella che racconta gli anni di preparazione negli studi dell'etichetta: in Corea, infatti, i giovani aspiranti artisti devono sottoporsi ad lungo periodo di "addestramento", in cui perfezionano le proprie capacità canore e nella danza. Durante questi anni le future Blackpink hanno vissuto assieme, in una sorta di collegio, lontano dalle proprie famiglie (cosa che ha pesato particolarmente a Lisa e Rosè, cresciute rispettivamente in Thailandia ed Australia), seguendo lezioni per quasi quattordici ore al giorno. Le ragazze, pur sottolineando quanto quel periodo sia stato estenuante per loro, ricordano con nostalgia quell'ambiente in cui potevano concentrarsi esclusivamente sulla loro musica. Cosa che oggi, ovviamente, non hanno più il tempo di fare (Rosè racconta che addirittura si ritrova ad esercitarsi durante la notte, unico momento che ha veramente per sé).

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Blackpink: Light Up the Sky, una scena del film

Sicuramente sulla realtà dei "collegi musicali" coreani ci sarebbe molto da approfondire - ci viene persino detto che alcuni bambini entrano a farne parte fin dagli undici anni -, ma non ci stupiamo che non sia stato fatto in quest'occasione (ricordiamo che è la stessa etichetta discografica - che produce in parte il documentario - a gestire questo tipo di situazioni). Un altro tema che viene solo toccato alla lontana, ma che fornirebbe parecchi spunti di riflessione, riguarda la convivenza "obbligata" di queste ragazze, prima e dopo il debutto. Per quanto ci venga più volte ripetuto quanto i membri delle Blackpink siano sempre andati particolarmente d'accordo, e che siano riusciti a costruirsi un'incredibile affinità nel corso degli anni, sarebbe stato interessante scoprire quali sono - se ce ne sono - i punti di frizione fra di loro, quali sono le difficoltà a cui vanno incontro per lavorare insieme, dando sempre il meglio, e in quale modo riescono ad appianare le disparità. Forse riportare i (naturali) momenti di scontro in un film pensato principalmente per i loro fan avrebbe potuto ledere in qualche modo l'immagine di compagne/sorelle che le quattro hanno costruito, ma a nostro parere avrebbe anche potuto farle sembrare più umane, avvicinandole ancora di più allo spettatore.

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Un ritratto intimo e sincero, ma...

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Blackpink: Light Up the Sky, una scena del film

Dell'intero documentario, che si conclude con il tour mondiale ed il concerto in occasione del Coachella, i momenti che funzionano di più sono senza dubbio quelli in cui le ragazze si mettono a nudo, da sole, a tu per tu con la telecamera. Al contrario delle situazioni in cui sono in gruppo e si "raccontano", dialogando l'una con l'altra, che sembrano un po' forzati, quelli in cui si ritrovano senza le compagne sono molto più naturali e ce le fanno vedere sotto una luce diversa, più intrigante ed affascinante. In queste occasioni si parla della nostalgia di casa, del bisogno costante di mantenersi impegnate e di "produrre" per non essere lasciate indietro, della necessità di riuscire ad esprimere se stesse e la propria arte, costruendosi un'immagine che vada al di là di quella di ragazze carine che cantano musica composta da qualcun altro.

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Blackpink: Light Up the Sky, una scena del film

Questo ritratto intimo e sincero, seppur lontano dall'essere completo, che Blackpink: Light Up the Sky riesce a dare di queste quattro ragazze è senza dubbio il suo principale elemento di pregio. Forse avremmo voluto scavare un po' di più in un mondo, quello dell'industria musicale coreana, di cui - seppur si stia conquistando una fanbase sempre più ampia, anche lontano dai suoi confini - sappiamo davvero molto poco. Detto questo, però, il documentario di Caroline Suh ci ha fatto venire voglia di cercare e di ascoltare le canzoni delle Blackpink. E quindi il suo obiettivo principale l'ha senza dubbio raggiunto.

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Conclusioni

Concludiamo questa recensione di Blackpink: Light Up the Sky, il documentario Netflix che racconta l'ascesa di uno dei più famosi gruppi femminili di K-pop, ribadendo quanto, pur non fornendo un racconto completo della vita di queste ragazze, sia comunque un ritratto intimo e sincero sulla loro realtà. I momenti che funzionano di più sono quelli in cui alle quattro artiste viene data la possibilità di parlare, da sole, a tu per tu con la telecamera.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
4.2/5

Perché ci piace

  • Le interviste a tu per tu con la telecamera dei membri delle Blackpink.
  • Il film fornisce un ritratto intimo e sincero della vita dei queste ragazze...

Cosa non va

  • ...che però risulta comunque parziale, avremmo voluto scavare di più.
  • Il tema dei "collegi musicali" coreani andava senza dubbio approfondito.