Uscito lo scorso 31 luglio su Disney+, Black is King ha fatto parlare di sé per tanti motivi diversi: i contenuti, la narrazione visiva, il legame con un film come Il Re Leone e il fatto che sia stato realizzato da una delle artiste e delle sostenitrici dei diritti e doveri civili, ovvero Beyoncé Knowles-Carter. Questo visual album della più comunemente conosciuta Beyoncé (ma anche come la 24 volte vincitrice dei Grammy Awards, ca va sans dire) di fatto è un film che si basa sulle musiche di The Lion King: The Gift, l'album della cantante americana uscito nel 2019 che, a sua volta, si basava sul live-action de Il Re Leone (film in cui, tra l'altro, Beyoncé era la doppiatrice di Nala).
Sebbene la stessa Beyoncé sia stata al timone dell'intero visual album da lei scritto, prodotto, diretto ed interpretato, questo progetto ha visto anche la presenza di un grande team creativo: così, per saperne di più in merito a Black is King, abbiamo posto qualche domanda ad Ibra Ake, uno dei registi che ha collaborato al film e che non è nuovo a progetti di narrazione visiva.
Visual album: un film che è molto più di un film
Per poter davvero apprezzare Black Is King in tutte le sue caratteristiche, forse è necessario fare un passo indietro e porsi una domanda tanto semplice e forse ovvia, quanto fondamentale: che cos'è un visual album e che cosa significa realizzare un progetto di questo tipo? Secondo Ibra Ake "Per me un visual album è un luogo in cui si trovano insieme la musica e la danza senza alcun tipo di confine. È la realizzazione di un film senza una durata precisa". Fino a qui è tutto chiaro, ma quando si parla di un film come Il Re Leone le cose di fanno più complicate, tenere il passo può diventare più difficile e realizzare un progetto che possa essere all'altezza del punto di partenza non è così facile. Un riferimento che è sempre lì, perché "Il Re Leone ha di più che una semplice colonna sonora e Black is King è un progetto che ritengo essere accurato sia tanto quanto il film su cui si basa, sia per come lavoro io. È come avere già una base su cui lavorare e che funge da promemoria".
Al di là di tutto, è chiaro che un progetto come Black is King risulta complesso da realizzare soprattutto per quanto riguarda la commistione di registi che vi hanno lavorato (s'intende oltre Beyoncé), come Emmanuel Adjei, Blitz Bazawule, Pierre Debusschere, Jenn Nkiru, Dikayl Rimmasch, Jake Nava e Kwasi Fordjour, professionisti che hanno già lavorato con l'artista americana in passato o che hanno realizzato progetti significativi. A loro, ovviamente, si aggiunge Ibra Ake che, in merito al fatto di aver collaborato con tanti diversi colleghi, ha ammesso: "Devo dire che è stato divertente ed estremamente stimolante. Mi sono sentito come se fosse la mia prima volta e sono stato geloso del talento degli altri perché erano tutti così bravi. Mi sono sentito parte di un dream team che ha cercato di dare il meglio in questo progetto, gente con cui ho lavorato veramente bene".
La vita è un viaggio in cui ci si riconnette al passato per guardare al presente e al futuro
Come già detto, Black is King è un progetto che si basa sul live-action de Il Re Leone: il visual album, infatti, si pone l'obiettivo di re-immaginare i temi del film del 2019, così da prendere per mano ed accompagnare i giovani re e le giovani regine del tempo presente che vanno alla ricerca delle proprie corone. Una frase presente in Black is King e che forse si può ritenere come la più significativa, è "Welcome to yourself". Il riferimento al Cerchio della vita è abbastanza chiaro, ma la domanda da porsi sarebbe: il passato cerca sempre di farci ricordare chi siamo, di farci riconnettere con le nostre origini? A questa domanda ha cercato di rispondere Ibra Aka che ha rivelato di essere tornato nella sua Nigeria e "Ti senti perso quando cerchi di riprendere possesso delle tue origini, come se avessi dei fantasmi che ti perseguitano e sai che alcune domande possono non avere una risposta. Tuttavia, ti danno una prospettiva e ti offrono la possibilità di poter conoscere meglio chi tu sia e chi fossero le altre persone prima di te. Secondo me l'identificazione è la cosa che conta veramente".
Black is King: Beyoncé nel trailer del visual album
Insomma, Black is King è inteso come una memoria celebrativa per il mondo sull'esperienza nera, tanto che questo visual album può essere, appunto, percepito come una cerimonia della cultura africana attraverso il tempo, a partire dal mito e dal passato, passando per il presente e guardando al futuro. Un viaggio alla ricerca della propria identità, della profonda conoscenza di sé stesso e del proprio passato: "Bisogna imparare a meditare, a riflettere proprio come in Black is King e bisogna farlo soprattutto in un momento come questo in cui si discute sempre di più sull'identità nel mondo e nei media. Così, Black is King diventa un progetto aperto a tutti e realizzato affinché 'le persone possano identificarsi'".
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La complessità dell'essere all'altezza di Beyoncé
Per Ibra Ake, Black is King non è il primo progetto che cerca di dare voce a quella parte di popolazione mondiale che deve farsi spazio a gomitate per essere considerata, per far valere i propri diritti e doveri civili. Ake, infatti, nel 2018 ha collaborato, in qualità di produttore, alla realizzazione del videoclip del brano This is America scritto e interpretato da Childish Gambino, pseudonimo di Donald Glover (video per cui Ake ha vinto anche un Grammy Award nel 2019). Una collaborazione nata grazie alla condivisione delle tematiche trattate nel brano e nel video, che vanno dalla violenza da parte di chi detiene il potere, al divenire di un'America non è più vista come un sogno, ma un luogo dominato dalla violenza armata.
Sebbene Black is King trasmetta dei messaggi che non sono per forza legati ad un tempo preciso del presente, questo progetto è stato concepito nel 2019, ben prima della tragica morte di George Floyd e prima che ci fossero le accese e legittime proteste che hanno preso piede in America (e nel resto del mondo) a partire dal maggio 2020. Detto questo, è legittimo chiedersi se, a posteriori dal tragico evento americano, questo visual album possa assumere un maggior significato, possa essere ancora più importante per i tanti Mosé, le tante regine e i tanti re che percorrono la strada della loro incoronazione? Secondo Ake "Penso possa risultare più significativo, ma è sempre importante capire che queste proteste cercano di diffondere un messaggio. Penso che l'esperienza delle persone di colore non vada vista come una sola ed unica battaglia, ma come lo stimolo a proseguire, una base sulla quale ragionare, su cui scrivere, delle fondamenta per rendere migliore il prossimo futuro". Per quanto riguarda, invece, lo specifico progetto di Black is King "Penso che la parte migliore nell'aver partecipato a questo progetto sia stata l'energia da esso emersa e penso sia qualcosa che avverrà sempre perché Black is King è un progetto con un'anima, è pieno di contenuti e di arte, qualcosa che sia in grado di dare fede e speranza al prossimo. E penso che se ne dovrebbero vedere molti di più di progetti di questo tipo".
Dunque, Black is King si rivela essere un progetto multisfaccettato, così denso di contenuti, generatore di speranze e di fede. Ma anche un progetto con un'impronta importante. Eppure per la donna e artista americana, ormai diventata un'icona internazionale, si tratta del terzo visual album, dopo il successo di Beyoncé e Lemonade, usciti rispettivamente nel 2013 e nel 2016. Difficile, dunque, non ispirarsi ai progetti precedenti per Black is King, come ha dichiarato Ake: "Li ho visti e credo, forse, di essermi ispirato ad essi in maniera inconsapevole". Una dichiarazione tutto sommato immaginabile e plausibile, in virtù del fatto di dover collaborare, poi, direttamente con lei per la realizzazione di Black is King. Un'esperienza tanto unica e inimitabile, quanto piena di paure e timore di non essere all'altezza: "Di fatto, è stato un po' frustrante perché è lei [Beyoncé, nrd.] la vera artista e ha fatto, in pratica, tutto lei. Lei ha un occhio particolare per questo settore e ha un suo personale linguaggio cinematografico, per cui è estremamente frustrante perché credo che sia difficile impressionarla. Anche perché lei stessa ha svolto tutto quanto il progetto nel miglior modo possibile".