Gli esordi di Carlo Verdone nel mondo del cinema sono caratterizzati da titoli di grande impatto, in grado di catturare lo spettatore perché profondamente radicati e connessi al tessuto sociale italiano dell'epoca. Verdone ha saputo raccontare un'epoca ben definita della storia tricolore e forse nessun titolo meglio di Bianco, rosso e Verdone, è riuscito a catturare il cuore di critica e pubblico, dopo il folgorante esordio di Un sacco bello. Il trentenne Verdone esce dai confini del Raccordo Anulare per raccontare una trama on the road di ampio respiro, che abbraccia personalità, profili e storie differenti fra loro ma tutte riconducibili ad un unico comune denominatore, le elezioni politiche e il senso civico di un popolo che vive ancora il diritto al voto come un dovere rappresentativo di appartenenza. Il 20 febbraio 1981 Bianco, rosso e Verdone usciva nelle sale e per omaggiare uno dei film più amati del regista e comico romano ripercorriamo la galleria dei suoi freak nostrani, alcuni dei quali nel tempo trasformatisi in vere e proprie figure iconiche della nostra commedia.
Uno dei punti di forza di Verdone è indiscutibilmente la capacità di trasferire le qualità delle proprie maschere anche ai personaggi che popolano le sue novelle, trattasi di spalle dirette delle interpretazioni o figure di contorno, che in qualche modo riescono ad incidere anche attraverso poche sequenze. Dal Brennero alla Capitale, Bianco, rosso e Verdone trascina lo spettatore in un circo di personaggi indimenticabili.
Teresa, la nonna
Il colpo di fulmine si materializzò grazie alla radio. Verdone s'innamorò dei metodi spicci ma affettuosi della Sora Lella grazie ad una trasmissione in cui forniva consigli alle ascoltatrici per cercare di risolvere i propri problemi quotidiani. Come accadrà poi in Acqua e sapone, Elena Fabrizi veste perfettamente i panni della nonna romana, burbera ma bonaria, che tratta l'ingenuo nipote Mimmo a sorrisi e scappellotti, conquistando letteralmente gli spettatori e vincendo un Nastro d'Argento. In Bianco, rosso e Verdone, il giovanotto si reca a Verona per accompagnare Teresa a Roma a votare. Sora Lella diventerà la 'nonna italiana' per antonomasia, classica matrona arguta e senza peli sulla lingua, genuinamente affezionata al nipote, con il quale compie quello che si rivelerà il suo ultimo malinconico itinerario.
er Principe, il camionista
Un altro volto estremamente legato al cinema di Carlo Verdone e Sergio Leone, mentore nonché produttore degli esordi del comico capitolino, Mario Brega rappresenta la classica ironia romanesca, che trova delle parentesi di enorme successo soprattutto in Un sacco bello e Bianco, rosso e Verdone. In quest'ultimo film si cala magnificamente nei panni di er Principe, un ruvido camionista che decide di fermarsi in soccorso di Mimmo e della nonna in una sequenza che diverrà epica. La goffaggine del nipote nel momento delicato della puntura all'anziana donna, viene supportata dalla mano che 'po' esse fero e po' esse piuma' del camionista, autoproclamatosi er Principe, per i modi in apparenza gentili ed eleganti che contrastano la natura greve del suo aspetto e della sua parlata.
Magda, la moglie torinese
Alcune delle battute maggiormente iconiche di Bianco, rosso e Verdone sono affidate alla voce di Solvejg D'Assunta, scelta per doppiare l'attrice russa Irina Sanpiter, scelta dopo un lungo casting nel quale il regista era alla ricerca di un'interprete piemontese, luogo di origine del personaggio di Magda, moglie vessata dalle ossessioni e le maniacali pedanterie del marito Furio, che sfoga saltuariamente nascondendosi in luoghi appartati ed esclamando a gran voce 'Non ce la faccio più!'. I grandi occhi azzurri stanchi e tristi di Magda sono dei tratti distintivi di un personaggio che riesce anche a riservare qualche momento ilare, in risposta alle assurde pretese del marito. I patemi di Magda trovano una valvola di sfogo in un belloccio di nome Raoul, che cerca in tutti i modi di conquistarla.
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Raoul, il playboy
Il fascino di Angelo Infanti ha arricchito significativamente le prime pellicole di Carlo Verdone. Se in Borotalco interpreta perfettamente il truffaldino Cesare Cuticchia, grazie al quale ottiene un David di Donatello al miglior attore non protagonista, in Bianco, rosso e Verdone, Infanti ha l'occasione di sfoggiare tutte le sue qualità in un personaggio misterioso e oscuro, Raoul, tentazione ricorrente per Magda nel corso del tragitto che la famiglia Zòccano compie per recarsi alle urne. La carriera di una star del cinema di genere trova nelle collaborazioni con Carlo Verdone una nuova linfa che gli ha permesso di raggiungere la fama anche tra gli spettatori maggiormente amanti della commedia.
La prostituta
La grazia e la bravura di Milena Vukotic nel ruolo di una prostituta annoiata che vive in un albergo di periferia e tenta di abbordare il sempliciotto Mimmo, è l'esempio perfetto della cura di Carlo Verdone nella costruzione di ogni personaggio che funzionasse da contorno alla sua galleria di personaggi strambi ma che fosse al tempo stesso funzionale al racconto. L'esilarante sequenza di Mimmo nella stanza della squillo, piena di equivoci e di situazioni surreali trovano il loro culmine nella fuga di Mimmo alla stanza condivisa dalla nonna, turbato dall'atteggiamento provocatorio ed esplicito della donna, e preso in giro bonariamente dalla nonna:"Je sto' a di' che razza di nipote che c'ho! Grande, grosso e fregnone! Che scambia 'na sorca per un par de mutande".
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Le maschere indimenticabili di Carlo Verdone
Seppur Bianco, rosso e Verdone non riservi nulla di nuovo rispetto a quanto mostrato in precedenza dal regista romano sia in tv che nel suo esordio sul grande schermo, le sue maschere irresistibili sembrano trovare in questo film una certa definitiva compiutezza. Furio Zòccano è forse il personaggio più incisivo dei tre, talmente estremo nei suoi tic caratteriali da far storcere il naso al produttore del film, nientedimeno che Sergio Leone, dubbioso sull'effettiva resa in previsione del giudizio del pubblico e della critica. In realtà le manie di Furio conquistano il cuore degli spettatori - anche illustri, come Alberto Sordi - e contrastano perfettamente con l'effettiva mutezza dell'emigrato in Germania Pasquale Amitrano, protagonista di un viaggio surreale e pieno d'insidie italiche stereotipate, che trovano sfogo nell'indimenticabile monologo nonsense della scena finale. La purezza e l'innocenza non mancano mai nelle caratterizzazioni di Carlo Verdone e Mimmo rappresenta proprio il candore di un bambino di otto anni nel corpo di un adulto, al quale Verdone affida i duetti più esilaranti della pellicola ma anche un finale crudele difficile da accettare.