Elio Germano è uno degli attori italiani più impegnati socialmente e politicamente. Il fatto che sia anche uno dei più bravi, in grado di sparire ogni volta nel personaggio senza rendersi riconoscibile, fa sì che fosse la scelta perfetta per interpretare Enrico Berlinguer, segretario generale del Partito Comunista Italiano (PCI) dal 1972 al 1984. È lui la spina dorsale di Berlinguer - La grande ambizione, film di Andrea Segre in sala dal 31 ottobre.
Presentata in anteprima come film di apertura alla Festa del Cinema di Roma 2024, la pellicola racconta la vita di Berlinguer, sia privata che politica, dal 1973 al 1978, fino alla morte di Aldo Moro, che segnò la fine del "compromesso storico", ovvero il tentativo del PCI di trovare un accordo con la Democrazia Cristiana per poter avere delle posizioni di governo.
Abbiamo incontrato Elio Germano e il regista Andrea Segre proprio a Roma: nella nostra intervista immaginiamo come Berlinguer avrebbe affrontato la situazione politica contemporanea, in cui chi è al governo usa i social per comunicare con i propri elettori. Li avrebbe usati?
Berlinguer - La grande ambizione: intervista a Elio Germano e Andrea Segre
In una scena di Berlinguer. La grande ambizione il protagonista dice che non si deve essere sempre così sicuri che la democrazia regga. Oggi dobbiamo porci la stessa domanda? La democrazia è in pericolo? Elio Germano: "Molto. Io temo di sì. Ci sono diversi motivi per cui bisognerebbe preoccuparsi di questo. Il film racconta un momento storico preciso, che sicuramente ha dei rimandi al contemporaneo, che ci fanno notare come oggi molte libertà siano in crisi".
Per Andrea Segre. "Il grande tema di oggi è quale sia il rapporto tra sicurezza e democrazia. Nel momento in cui vediamo che i meccanismi legati alla guerra, alla detenzione, alla limitazione siano gli strumenti usati per dirci che così staremmo meglio, allora lì è in gioco la democrazia. Questo è un tema enorme. Come si fa ad affidare a delle azioni di violenza la tenuta dello stato di diritto? Il diritto dovrebbe essere legato alla convivenza senza violenza. E al rispetto dei diritti di tutti, senza la prevaricazione dei diritti di qualcun altro".
I social nell'epoca del PCI?
Nel film Berlinguer dice anche che il capitalismo ti istiga alla competizione e non alla collaborazione: i social funzionano proprio così. Ti fanno desiderare una vita senza ombre, di essere ovunque, istigandoti contemporaneamente a comprare cose di ogni tipo e a fare di tutto per ottenere l'attenzione e del pubblico, così da accrescere il tuo seguito e potere personale. Viste le sue idee e il suo rigore, Berlinguer avrebbe utilizzato i social? Perché oggi la maggior parte dei politici non può farne a meno.
Elio Germano: "Ma cos'è il social? Il social è una multinazionale. Noi oggi lo scambiamo, molto inquietantemente, per un posto in cui parlare: addirittura i rappresentanti degli stati si esprimono prima sui social che sui canali istituzionali. E questo è un sintomo di quanto il mercato e la vendita di cose sia entrata nella nostra cultura in maniera predominante. Il profitto altrui è ciò che muove tutto. I social altro non sono che un gioco di società di un ricco capitalista, di una grande multinazionale che fa soldi ogni volta che noi apriamo quella cosa. Per cui il fatto che si pensi di poter leggere la verità lì dentro è un problema di noi utenti. Lì si fa mercato e la dissociazione delle persone è talmente forte che si dà credibilità a quello che succede lì dentro e non a ciò che accade fuori. Addirittura ci spaventano gli stranieri che vivono sotto casa con un cartone e non gli stranieri a cui diamo i nostri codici bancari, i nostri dati, a cui diciamo tutto quello che facciamo dentro casa. C'è una contraddizione che è frutto della manipolazione che avviene da parte di queste strutture. Berlinguer era social in quanto socialista: non aveva bisogno di andare nella realtà virtuale per incontrare le persone".
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Il rapporto famigliare del Segretario
Il film mostra anche il rapporto di Berlinguer con i figli: Bianca, Maria Stella, Marco e Laura. Vediamo come ci fosse un dialogo vivo tra loro: una vera e propria educazione, che poi è stata quella che, come politico, ha messo in pratica anche con il popolo italiano. Berlinguer dava il buon esempio, educava, dialogava con gli elettori, con la base. Perché questa attitudine si è persa negli a venire?
Secondo Andrea Segre: "Ciò che posso cogliere da quello che abbiamo studiato è che lui si preparava a fare questi discorsi con una dedizione gigantesca perché aveva paura di sbagliare. Questa cosa lo tormentava. Lui andava sul palco, a parlare davanti a centinaia di migliaia di persone così come pochi operai in una fabbrica, e aveva paura di non essere capito: si chiedeva sempre se stesse esponendo in modo corretto ciò che intendeva dire. La cosa interessante è che aveva davanti persone che veramente lo volevano ascoltare. Questa interazione, tra ascolto e dubbio, sicuramente non è legata alla politica di oggi. E forse la politica di oggi potrebbe imparare da Berlinguer".