Berlinguer. La grande ambizione, Elio Germano: "Ho lasciato che parlasse il linguaggio del corpo"

Il regista Andrea Segre e il cast capitanato da Elio Germano presentano il film di apertura della Festa del Cinema di Roma 2024. Al cinema dal 31 ottobre.

Elio Germano a Roma 2024. Foto di Luca Dammico

La Festa del Cinema di Roma 2024 è ufficialmente iniziata e lo ha fatto nel segno dell'ex segretario del PCI, rivisto nel film Berlinguer. La grande ambizione di Andrea Segre con protagonista Elio Germano (al cinema il 31 ottobre). Con lui i produttori e anche il resto del cast, a presentarlo qui all'Auditorium Parco della Musica: Elena Radonicich, Paolo Pierobon, Roberto Citran, Andrea Pennacchi, Giorgio Tirabassi, Paolo Calabresi, Francesco Acquaroli, Fabrizia Sacchi.

L'origin story del film

Berlinguer Elio Germano
Elio Germano diventa Enrico Berlinguer

Se tutto parte sempre da un'idea, quella di Berlinguer è arrivata a Segrè sul set del suo precedente lavoro, Welcome Venice: "Sfogliavo un libro di Piero Ruzzante, onorevole padovano, che raccontava gli ultimi giorni di Berlinguer e ho pensato che poteva essere interessante provare a raccontarli sullo schermo. Mi sembrava incredibile che il cinema italiano non avesse raccontato così poco la sua figura e quel terzo della popolazione italiana che aveva vissuto dentro e intorno al partito comunista e che è un elemento fondamentale della storia italiana".

Continua poi: "Subito dopo abbiamo iniziato a riflettere su quale fosse l'elemento più importante che volevamo raccontare, dato che non volevamo fare un semplice biopic. Gli anni '70, in particolare quelli centrali, ci sembrava fossero il momento più decisivo per la sua vita e per il ruolo che l'Italia ha avuto in quegli anni. Il più grande periodo comunista in Occidente e questo fu causa di non pochi problemi. Ho deciso di dirlo ad Elio prima di chiunque altro, a parte lo sceneggiatore Marco Pettenello".

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Berlinguer. La grande ambizione: Andrea Segre in una foto dal set

La pellicola unisce materiale video di repertorio e girato sul set, un pallino fin dall'inizio da parte del cineasta, che sapeva di rischiare così di interrompere il flusso della messa in scena, tra verità e finzione, ma allo stesso tempo voleva che avesse tanto un ruolo didascalico quanto poetico e subliminale"_.

Anche la sceneggiatura del film ha avuto una sua origine. "Inizialmente le prime righe recitavano 'La prima volta che abbiamo visto un adulto piangere è stato quando è morto Berlinguer - Marco Pettenello racconta - Io avevo 11 anni e ricordo bene le lacrime dei miei genitori. Ci sono state due biografie importanti per la scrittura, insieme ad una cinquantina di interviste tra figli, parenti più lontani, gli uomini della scorta, i membri del partito che c'erano ancora come Tortorella, Petti, Cervetti, Alfonsina Rinaldi e anche i più giovani all'epoca come D'Alema e Veltroni. Si commuovevano sempre durante le testimonianze e ne è uscita una persona praticamente esente da difetti".

Diventare Enrico Berlinguer

Elio Germano ha fatto come sempre un grande lavoro di trasformismo ed immedesimazione, ma più fisico che prostetico. Una scelta artistica voluta. Dice l'attore: "Volevamo restituire qualche dettaglio rispetto agli altri personaggi che ricordassero quelli veri, approfondire le questioni di cui sono portatori tutti gli intellettuali del film e di cui Berlinguer era il semplice -ride- segretario. Un'atteggiamento di indagine quasi da storici più livello di contenuti che di estetica. Credo molto nel linguaggio involontario e inconsapevole dei nostri corpi, la sua prossemica raccontava un senso di inadeguatezza, di fatica, di peso della responsabilità, di mancanza di attenzione per l'esteriorità. Il suo corpo è divenuto parte della caratterizzazione"".

Impossibile non pensare alla politica di oggi guardando il film ma Segre e Germano concordano su un punto: "Penso si tratti di una deriva della società come esseri umani, non collettiva ma individualista e competitiva, non parliamo poi della nostra categoria dello spettacolo che meriterebbe un discorso a parte" (ride). Si sta meglio quando si condivide e non si deve vincere sugli altri a tutti i costi, si vive meglio anche se si viene pagati di meno. Oggi si parla di mancanza di leaderismo ma siamo sicuri che la risposta sia una figura a capo? Lui era un semplice segretario ed è una differenza semantica molto importante, faceva parlare gli altri e ascoltava molto, aveva un profondo senso di responsabilità delle persone di cui era rappresentante, altra parola di cu oggi la politica forse si è un po' dimenticata". Chiosa Segre: "Gli automatici meccanismi del mercato, come diceva Berlinguer".

Le figure storiche intorno al protagonista

Berlinguer La Grande Ambizione Immagine Vivo Film Jolefilm Tarantula Agitprop
Letizia Laurenti nel film

Intorno al personaggio titolare tante persone tra la sfera privata e lavorativa, in ogni caso politica. A partire dalla moglie interpretata da Elena Radonicich: "Non è stato un lavoro di invenzione ma anzi abbiamo cercato di desumere. Nelle biografie c'erano dei tratti anche intimi e specifici, ci siamo confrontati coi figli, che ci hanno raccontato episodi della vita familiare, con molti dettagli che non sono entrati direttamente in Berlinguer. La grande ambizione ma hanno aiutato a costruire il tessuto narrativo per restituire una figura più viva possibile. Dal provino al momento delle riprese c'è stato il tempo di sedimentare le informazioni, per me fa un'enorme differenza perché ti permette di capire meglio personaggi e storie".

Roberto Citran, che già aveva lavorato con Segre in Welcome Venice, è Aldo Moro: "Me l'ha detto su quel set e io ero spaventato, poi ho cercato di cancellare il ricordo degli interpreti più recenti per fare un buon lavoro. Per quelli della mia generazione il rapimento di Moro è stato una data da ricordare e abbiamo scelto di non farlo apparire come un uomo debole e fragile ma come era stato prima: determinato, forte e con idee molto precise che si assume il peso e la responsabilità di alcune scelte anche all'interno del proprio partito dove non era amato da tutti. Uno stratega".

Berlinguer La Grande Ambizione Foto Vivo Film Jolefilm Tarantula Agitprop
Un'emblematica scena

Paolo Pierobon è stato "obbligato" ad interpretare Giulio Andreotti, scherza l'attore "nello spirito del diktat sovietico. Per lui ho affrontato una doppia rappresentazione dato che è consapevole di essere all'interno di una stanza intercettata, mi sono concentrato su questo gioco. Finora è stato una persona talmente caratterizzata con tic e quant'altro che ho cercato di eliminarne il più possibile. quasi un'evocazione del personaggio, un Andreotti onirico".

Ci sarà un lavoro su Berlinguer. La grande ambizione con le scuole per aprire un dialogo coi giovani sulla situazione politica del nostro Paese: "Mi auguro sia riconosciuta l'attenzione storica del film, noi lo abbiamo realizzato in modo filologicamente preciso non solo politicamente ma anche artisticamente. Spero diventi uno strumento di discussione storica".