Ci ha lavorato a lungo, l'ha scritto e ri-scritto insieme al suo amico e collega Justin Theroux, l'ha accantonato più volte per poi riprenderlo ed aggiustarlo affinché tutto fosse come l'aveva sempre immaginato. Ben Stiller sognava da vent'anni di scrivere, dirigere, produrre e interpretare un film come Tropic Thunder e finalmente ce l'ha fatta. Una commedia a dir poco geniale a metà tra la parodia e l'action movie, una satira feroce anzi ferocissima sulla Hollywood di oggi, sui war-movies che hanno segnato indelebilmente la storia del cinema americano, sugli isterismi dei divi, sullo star-system che catapulta l'attore in una dimensione assai distante dalla realtà, che lo trasforma in un alieno intoccabile e indiscutibile. Era la fine degli anni '80 - l'epoca di Platoon, Hamburger Hill e Full Metal Jacket - quando a Stiller venne in mente di scrivere un film che prendesse in giro i kolossal bellici americani sul Vietnam (e tutti i loro cliché) ma che soprattutto puntasse il dito sulla vanità sulle primedonne (gli attori di grido di quell'epoca) che vi prendevano parte e che si dichiaravano fisicamente ed emotivamente provate da giorni e giorni di addestramento e preparazione atletica in vista dell'inizio delle riprese. Parole assurde e senza senso secondo il Ben Stiller pensiero; e così un po' inorridito e un po' divertito dalle affermazioni dei suoi illustrissimi colleghi pensò che confrontare l'esperienza di attori protagonisti di un film di guerra con l'esperienza che i veri soldati vivono sulla loro pelle andando davvero in guerra, potesse essere un buon punto di partenza per una commedia sarcastica e molto politically uncorrect sul mondo dorato e volubile delle stelle di Hollywood.
Criticato in patria da alcune associazioni di disabili per via dell'uso spropositato della parola 'ritardato' - riferita al personaggio portatore di handicap interpretato da Stiller in maniera goliardica (il senso della scena era "per vincere un Oscar ci si deve calare per forza nei panni di un minorato") - il film arriverà nelle sale italiane il 24 ottobre prossimo con oltre 350 copie. Al fianco di Ben Stiller un cast di attori senza precedenti: un incontenibile Jack Black, uno strepitoso Robert Downey Jr., Steve Coogan, Nick Nolte e per finire due piccole apparizioni, quella di Matthew McConaughey e quella di Tom Cruise nei panni di un produttore grasso, calvo e oltremodo sgradevole.
Cosa ha spinto Ben Stiller a scomporre un genere complesso come il war-movie e a ricomporlo in una pseudo-parodia così tanto feroce?Ben Stiller: E' un genere che ho sempre amato e seguito molto, una delle componenti più rilevanti e prestigiose della storia della cinematografia americana degli ultimi trent'anni. Ma proprio perché mi appassiona così tanto ho voluto ricercare in esso una chiave di lettura diversa che mi permettesse di trattare in un modo divertente e metaforico il mestiere dell'attore, la sua congenita incapacità di confrontarsi con la realtà delle cose. E' per questo che ho finito per raccontare un film nel film in cui persone con armi finte finiscono per scontrarsi con nemici veri dotati di armi vere.
Ha iniziato a concepire il film tanti anni fa, all'epoca di Rambo, Platoon, Hamburger Hill, in un'epoca in cui Hollywood ripensava e provava a sviscerare la guerra del Vietnam. Far uscire nelle sale Tropic Thunder è anche un modo per sdrammatizzare la guerra in Iraq?
Ben Stiller: Ognuno vedrà questo film a modo suo, non temo critiche né fraintendimenti. Posso dire che Tropic Thunder è un film concepito senza pensare alla guerra bensì al contatto tra finzione e realtà nel cinema. La guerra è solo una sfumatura, un pretesto.
Non solo una parodia sui film di guerra ma sui vizi, le crudeltà e il cinismo di Hollywood: com'è stato lavorare con Tom Cruise e cucirgli addosso un personaggio così distante dalla sua immagine?
Ben Stiller: E' stato bello lavorare con Tom, sono un suo grande fan. E' stata una fortuna per me che abbia accettato di partecipare al progetto scrivendo insieme a me il suo personaggio visto che è stato aggiunto solo alla fine. Attraverso il gesticolare delle sue mani e l'intensità del suo sguardo è riuscito a veicolare l'intensità della sua recitazione nel modo più giusto. E' un attore dotato di grande autocritica e di un grande senso dell'umorismo.
Non ha una grossa considerazione dei suoi colleghi...
Ben Stiller: Penso che gli attori dovrebbero smetterla di prendersi troppo sul serio, ma capita a tutti prima o poi di rendersi ridicoli e di essere oltremodo vanitosi, specialmente nei film ad alto budget. A difesa della categoria posso però dire che spesso sono altri a metterli in queste: se gli attori non vivono nella realtà, è perché la gente non permette loro di tenere i piedi ben saldi a terra ed evitare inutili eccessi di protagonismo.
Ben Stiller: Definirei questo film come un'esperienza corale più che dei singoli. Volevo al mio fianco i migliori attori su piazza per quei ruoli, ho cercato di fare attenzione all'equilibrio tra la sceneggiatura, la storia nella sua interezza e l'evoluzione di ogni personaggio. Ogni attore ha contribuito a conferire al film un senso compiuto, c'è stata molta improvvisazione per questo ho voluto loro due al mio fianco, sono nettamente i più bravi.
Quanto è stato difficile per lei cimentarsi come attore e regista nella magistrale scena d'apertura del film? Quanto c'è voluto per girarla?
Ben Stiller: E' stata una grossa sfida per me, ci sono volute tre settimane e mezzo, l'abbiamo preparata a lungo, pensata nei dettagli, avevamo un limite temporale molto stretto, non mi ero mai cimentato in nulla del genere prima d'ora. E' stata un'ardua impresa: dovevo far andare avanti e indietro la troupe, dare indicazioni agli attori e proseguire con la recitazione mentre venivo trivellato di colpi. Se poi ci aggiungiamo che non potevo gesticolare perché avevo un problemino alle mani...(erano entrambe mozzate ndr.)
Non è un paradosso che nel prendere in giro il 'testosterone' americano dei film di guerra il suo film abbia richiesto training che si vuole in un certo senso ridicolizzare?
Ben Stiller: Volevo che il film fosse il più possibile autentico, volevo girare in luoghi incontaminati e l'ho fatto. All'inizio volevo organizzare un addestramento ma Robert non poteva perché impegnato in altre riprese e Jack impegnato nel doppiaggio di Kung Fu Panda... Allora ci siamo riuniti per due giorni, anche a cena, e abbiamo formato un'unità di combattimento senza precedenti!
Si riconosce in qualcuna delle stravaganze delle star che vediamo nel film?
Ben Stiller: Non credo di avere nulla in comune con il mio personaggio: non sono viziato, non ho mai avanzato richieste folli. Se qualcuno avesse il coraggio di affrontare e redarguire i grandi divi e di rispondere con qualche sonoro 'no' ai loro capricci si lavorerebbe molto meglio e più in fretta.
Ben Stiller: Certo che mi piacerebbe ma ci vorrebbe il giusto ruolo, un cast all'altezza e uno script convincente. Quella di tornare ai film drammatici (dopo Hard Night nel 1998, ndr.) è un'idea che non ho definitivamente abbandonato, nonostante la commedia mi stia dando così tante soddisfazioni. Mi piace cambiare, interpretare personaggi diversi, ma come si vede nel film tutto questo può anche non bastare per vincere un Oscar. Ci sono attori che non l'hanno mai vinto pur essendo straordinari.
Il film in patria ha suscitato qualche polemica, soprattutto quelle di alcune associazioni a difesa dei disabili. Come si sente di rispondere?
Ben Stiller: Qualche gruppetto di persone ha protestato, ma credo che nessuno di loro avesse visto il film. Se lo avessero fatto avrebbero capito che la comicità ruota attorno al mestiere dell'attore non sulle categorie di persone. Il pubblico e tutti quelli che hanno visto il film hanno capito che si tratta di una satira e non di un modo per offendere i disabili, è assurdo solo pensarlo. La verità è che per alcune persone ogni pretesto è buono per spostare l'attenzione del media sui propri problemi. In Europa queste cose non accadono, c'è un senso dell'umorismo molto più spiccato.
Quali attori comici del passato hanno influenzato di più la sua recitazione?
Ben Stiller: Sono cresciuto guardando i film con Steve Martin e Bill Murray, e le loro facce mi sono rimaste negli occhi. Non dimenticherò mai film come Ghostbusters, è grazie ad essi che trovo la commedia un genere così tanto attraente.
E del cinema italiano contemporaneo cosa conosce?
Ben Stiller: Mi piacciono molto i film di Gabriele Muccino e poi adoro Roberto Benigni, è un attore davvero straordinario. Uno dei miei sogni è quello di venire a girare un film qui a Roma.
C'è un film di quelli che ha interpretato solo da attore che le sarebbe piaciuto dirigere? Cosa avrebbe cambiato se ne avesse avuto l'opportunità?
Ben Stiller: Quando scegli di farti dirigere da un regista è perché hai voglia di farlo, hai fiducia in lui come artista e nelle sue capacità. E' la sua visione personale di quella storia a convincerti a recitare in questo o in quel film. Ci sono tantissimi registi che apprezzo e stimo per questo, non ho mai pensato di cambiare neanche una virgola dei miei vecchi film, sarebbe come snaturare un'opera d'arte.