Nel nuovo film di Pupi Avati un padre-attore sul viale del tramonto e tre figlie, avute da altrettante donne diverse, si ritrovano dopo tanti anni a causa di un tragico evento: il tentato suicidio dell'uomo, dopo una plastica facciale andata male e la perdita del lavoro. Il regista emiliano ha presentato alla stampa il suo ultimo lavoro, La cena per farli conoscere, accompagnato da tutto il cast: Diego Abatantuono, Ines Sastre, Vanessa Incontrada, Violante Placido e Francesca Neri.
Pupi Avati, com'è nata l'idea del film?
Pupi Avati: Mi sono divertito molto a scrivere questo film perché mi ha dato la possibilità di riflettere sulla televisione e sul cinema, su chi ha fatto quel cinema di serie cadetta senza avere mai la possibilità di fare quello "serio". Mi sono sempre scagliato, con una certa "schizzinosità", contro chi faceva questo cinema minore, ma per una volta mi sono divertito molto a recuperarlo e a parlarne. E' stato un modo di ripensarci con una certa nostalgia, con in mente bravi registi come Sergio Corbucci. Inoltre, mi sono divertito a scrivere della televisione di oggi, nei riguardi della quale provo una ammirazione molto relativa. In un certo senso sono stato profetico, perché nel mio film si parla di un ipotetico reality intitolato "Fogne" e ambientato nelle fogne di Milano e in questi giorni ce n'è uno in tv che si svolge in una discarica (Grande Fratello, ndr). D'altra parte c'è stato anche un lato struggente nello scrivere questo film ed è quello relativo alla figura paterna. Essendo stato privato di un confronto con una figura maschile in tenera età, ho passato l'adolescenza in un'indifferenza assoluta. Da un po' di anni, però, avverto questa mancanza, perché mi piacerebbe molto avere un confronto con un maschio in casa, uno di quei rapporto pudici che si instaurano tra padre e figlio.
Perché ha scelto Abatantuono per il ruolo del padre?
Pupi Avati: Quando ho pensato a questa storia ero convinto che solo due attori potessero interpretare il ruolo del padre: Ugo Tognazzi e Diego Abatantuono. Io e Diego abbiamo un percorso umano alle spalle di grande vicinanza. Ho scritto questo personaggio pensando a lui e sapevo che se ne sarebbe appropriato e l'avrebbe completato con la sua esperienza. La sua è stata una prova strepitosa perché percorre tutto l'arco emozionale del film e attraverso di lui ci divertiamo, ma viviamo anche l'enorme tristezza del presente.
Cosa ci dice invece delle attrici?
Pupi Avati: Con due di loro avevo già avuto una felice esperienza in passato, con altrettanti film che sono andati molto bene al botteghino. Parlo de Il testimone dello sposo con Ines Sastre e de Il cuore altrove con Vanessa Incontrada. Violante Placido, invece, per me è stata una scoperta perché non la conoscevo e non avevo visto nessuno dei suoi film, ma incontrarla mi è servito molto a scrivere il suo personaggio. Francesca Neri, poi, rifiutò un mio film quattordici anni fa e questa cosa mi ha accompagnato per molto tempo. I rifiuti li puoi vivere in due maniere diverse: o cancelli la persona che ti ha rifiutato o ti rimane dentro. Ma alla fine mi sono vendicato proponendole un personaggio molto strambo, una donna ubriaca che arriva a questa cena e comincia a delirare. All'inizio Francesca era turbata e non sapeva se questo fosse un ruolo adatto a lei, ma penso che da questo film in avanti abbia scoperto di saper fare anche altro, ha allargato il suo orizzonte.
E' stato difficile lavorare con tutte queste donne?
Pupi Avati: Per niente. Ho una conoscenza molto relativa delle donne, anche se sono sposato con la stessa donna da 48 anni. Il rapporto di intimità che si stabilisce tra me e un essere umano di sesso maschile è sicuramente più forte, perché ci capiamo meglio, ma sono affascinato dall'universo femminile. Non ho scelto di inserire un figlio maschio perché altrimenti la storia diventava disomogenea e il confronto tra maschi e femmine andava perso. Credo che il rapporto di intimità che si instaura tra un padre e una figlia sia maggiore di quello con un figlio maschio.
Il suo film riflette sul concetto di famiglia allargata, con un uomo che ha avuto tre figlie da tre donne diverse.
Pupi Avati: Mi piace pensare che quest'idea distorta di famiglia che ogni personaggio del film ha, alla fine si ricomponga, diventi una sorta di identità familiare. Le tre figlie diventano sorelle nel momento in cui la sottrazione del padre produce un legame più forte. Il finale del film, certo non consolatorio, è da considerare un lieto fine: nella nostalgia di un padre che non c'è più si accende una luce, una speranza, la dimostrazione che non tutto è perduto.
Perché ha scelto come sottotitolo del suo film "commedia sentimentale"?
Pupi Avati: Penso che sia sufficientemente sarcastico perché fa capire subito che si tratta di una commedia nella quale incontreremo qualche eccesso, perché l'aggettivo sentimentale fa riferimento sia ad emozioni positive che negative dell'essere umano. Ho 68 anni e penso di conoscere l'essere umano un po' meglio di 20 o 30 anni fa. Ringrazio chi mi da la possibilità di rendicontare di anno in anno, di riflettere sull'essere umano.
Tra tutti i film che ha fatto ce n'è uno di cui non è particolarmente soddisfatto e che rifarebbe?
Pupi Avati: Sicuramente Festival, perché so di non averlo portato fino in fondo. Era un progetto, a livello di scrittura, molto interessante, un film su un festival cinematografico in cui ognuno da il peggio di sé. Scrivendolo, però, mi sono reso conto che avrei dovuto dare dei giudizi pesanti su persone che conoscevo e non mi è sembrato giusto. C'è stata perciò una sorta di autocensura, un po' quello che è accaduto a Ettore Scola con La terrazza, attenuando tutta quella grinta che c'era in fase di progetto. Girando Festival sono rimasto un po' a metà, ma forse sarebbe un film da recuperare e riscrivere perché sono convinto che tutti quelli che si trovano a scendere dal traghetto al Lido, per il Festival di Venezia, diventino peggiori e questo è proprio l'aspetto che nel film è venuto a mancare.
Diego Abatantuono, cosa pensa del suo personaggio?
Diego Abatantuono: Il mio personaggio non mi assomiglia affatto per le scelte che fa, perché io sono stato e sono un padre molto presente con i miei figli. E' difficile trovare dei ruoli così buoni e sono pochi i registi a cui dici di sì senza aver prima letto la sceneggiatura. Pupi è uno di questi.
I personaggi femminili del film sembrano ostaggi di padri, mariti, amanti. Cosa pensano le attrici dei ruoli che interpretano?
Ines Sastre: Penso che questi siano personaggi reali, non lontani dalla vita vera, perché queste sono cose che succedono spesso alle donne, come nel caso del mio personaggio che scopre di avere un nodulo al seno. Il mio è un ruolo complesso, una donna che soffre, che ha sentito la mancanza di un padre che l'ha abbandonata, ma che alla fine impara il perdono e torna a Roma per stare vicina alla famiglia. Il suo buttarsi a capofitto nel lavoro è un modo come un altro per superare questa mancanza.
Vanessa Incontrada: Il mio personaggio ha sofferto per la mancanza del padre, ma vive la vita in un'altra maniera, come crocerossina, cercando sempre in tutte le persone che incontra il lato migliore.
Violante Placido: Il mio personaggio è un po' vittima, anche di sé stessa, perde la madre presto, il padre gli da tanti problemi e vive una vita matrimoniale infelice, ma sa tirare fuori la forza di fronte all'evento drammatico e alla fine riunisce tutta la famiglia.
Francesca Neri: Penso che le donne siano migliori degli uomini e hanno bisogno di confrontarsi col maschio solo per riaffermare questa loro superiorità. In ogni situazione drammatica, come un abbandono, le donne non vogliono accettare il dolore, ma hanno sempre una gran dignità e cercano un modo per uscire. Ringrazio Pupi perché l'incontro con lui è stato una rivelazione, perché è uno di quei registi che ti fanno tornare la voglia di recitare. Ha questa intelligenza così sensibile che gli permette di scoprire nuove cose di te e io mi sono fidata totalmente di lui e sono molto felice del risultato.