Ci sono film che sembrano comunicare tra di loro, anche a distanza di tempo, anche involontariamente. Come se si specchiassero uno di fronte all'altro scoprendosi ben più simili di quanto possa sembrare. È ciò che fanno due film divisi non solo dal tempo, ma anche dal genere. L'ultimo film di Zack Snyder, Army of the Dead, disponibile su Netflix, apre le porte a un nuovo universo narrativo di genere action-horror di cui sono già previsti prequel e spin-off. Spin-off come Rogue One: A Star Wars Story, film del 2016 diretto da Gareth Edwards che diede il via a un progetto cinematografico di espansione della saga degli Skywalker nell'universo di Star Wars. Si parla di comunità, di famiglie, di missioni pericolose e dell'eterno conflitto tra bene e male, tra vita e morte. E, soprattutto, si parla di speranza. Ecco tre punti di contatto tra Army of the Dead e Rogue One: A Star Wars Story.
1 - Contro l'impero della Morte (Nera)
Da un lato la voglia di vivere e dall'altra i portatori di morte. È un conflitto eterno come l'universo, i due opposti che si scontrano, quelli della vita e della morte, l'inizio e la fine di tutto, l'alfa e l'omega. Uno scontro antico, che parte da "tanto tempo fa" e arriva fino a un futuro distopico, come quello messo in scena da Zack Snyder. In Army of the Dead l'occasione di scassinare una cassaforte posta in una Las Vegas ormai regno dei morti è il motivo che spinge un gruppo di outsiders (nonostante in mezzo ci sia chi ha interesse solo per il denaro) a unire le forze e farsi strada nel posto meno ospitale possibile. Un manipolo di uomini e donne contro l'impero dei morti viventi. Un impero organizzato, con un capo a comando, che non ha nemmeno bisogno di uscire dai propri confini, ma che non accetta intrusioni. Un impero simile a quello galattico di Rogue One, composto da persone vere e, di conseguenza, ancora più pericoloso. Perché l'Impero deve sentirsi consacrato, vuole soffocare la libertà dei cittadini ed è pronto a testare l'arma definitiva: la Morte Nera, capace di distruggere istantaneamente un intero pianeta con un solo colpo di laser. Il gruppo di protagonisti diventa quindi un gruppo di agnelli sacrificali che cercano di portare a compimento una speranza che, se si distingue per le ragioni più pratiche (la ricchezza da una parte, salvare la propria libertà dall'altra), trova comunione nell'obiettivo: la speranza di ricominciare. Per creare un mondo nuovo è necessario agire in gruppo. Un gruppo composto da persone diverse, di diversa etnia e con visioni del mondo differenti, ma che solo unendosi riusciranno a compiere la missione, a volte anche sacrificando sé stessi e la propria vita per un bene superiore. È il caso della storia raccontata durante i titoli di testa di Army of the Dead, di una fuga riuscita per quanto tragica, e del passaggio di mano in mano dei piani della Morte Nera in Rogue One. Ma se nel film di Star Wars la vittoria dei Ribelli è data proprio da questo sentimento comunitario, lo stesso non si può dire nel film di Zack Snyder in cui proprio le divisioni interne al gruppo non riusciranno a donare alla storia un lieto fine.
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2 - Padri e figlie
Jyn e Galen Erso. Kate e Scott Ward. Rogue One e Army of the Dead sono anche storie di padri e figlie, di un rapporto difficile, controverso e di seconde occasioni. Le protagoniste dei due film sono entrambe orfane di madre, morte proprio a causa del padre, con cui hanno un rapporto alla deriva. Le giovani ragazze avranno modo, nel corso dell'avventura, di scontrarsi e riappacificarsi con il padre, prendendone l'eredità. Jyn è cresciuta con un padre adottivo, tra le fila di Saw Gerrera, disinteressandosi dell'Impero e di Galen, costretto a rientrare tra le fila del nemico per concludere la lavorazione dell'arma. Pensa solamente a sé e ha tagliato i ponti col passato. Per due volte è stata una figlia abbandonata (anche se non viene raccontato nel dettaglio riusciamo a capire che pure Saw l'ha lasciata in un bunker) e ora deve imparare a fidarsi degli altri. Kate Ward si è allontanata dal padre, che gestisce una modesta tavola calda, e ha deciso di vivere come volontaria in un campo profughi posto ai confini della città di Las Vegas. Anche Kate si è costruita una vita senza genitori e si considera così adulta da poter gestire la propria vita. A differenza di Jyn, però, che ha bisogno di tempo per imparare e crescere, Kate ha già in sé quel sentimento comunitario che la porta a rischiare la propria vita per salvare quella degli altri. E poi ci sono loro, i due padri, entrambi senza moglie, entrambi costretti ad abbandonare la figlia a causa dei sensi di colpa, entrambi in cerca di una redenzione. Per Galen l'amore della figlia si dimostra costruendo un punto debole nella Morte Nera e racchiudere i piani del progetto in un database che porta il soprannome della figlia: "Stellina". Per Scott si dimostra rientrando nella pericolosa Las Vegas per garantire una base economica sostanziosa a Kate. Le colpe dei padri sono, però, troppo pesanti per una totale espiazione ed entrambi dovranno perdere la vita per garantire un futuro alle loro eredi.
3 - La fine è un nuovo inizio
Si parla di futuro e i finali dei film avvengono nel corso di un'alba, a simboleggiare un nuovo inizio. Sono però albe rosso sangue. Jyn non potrà evitare la morte: la Morte Nera colpirà il pianeta Scarif lasciando solo cenere. Kate si ritroverà più sola che mai e con un futuro incerto essendo il campo totalmente distrutto dall'esplosione della bomba atomica. Se non possiamo negare che a un livello superficiale i finali possano sembrare tragici, è proprio grazie alla soluzione dei problemi tra padri e figlie che il sole può finalmente sorgere. I piani della Morte Nera sono stati inviati, sono passati di mano in mano fino ad arrivare alla personificazione della speranza stessa, di bianco vestita come a simboleggiare una figura divina, materna e vergine: la principessa Leia. La minaccia degli zombie e tutto il loro sistema gerarchico è stata spazzata via (almeno fino al colpo di scena finale), Kate non ha più rancore né rimpianti verso il passato. Sono due film, inoltre, che nella loro chiusura preparano lo spettatore a un seguito narrativo. Nel caso di Rogue One, il finale del film si collega quasi immediatamente all'inizio del primo film di Star Wars originariamente uscito in sala; nel caso di Army of the Dead troppi interrogativi rimangono sospesi, lasciando aperte le porte per un proseguimento e vari approfondimenti. Tra sacrifici, azione e ricerca della vita stessa, Army of the Dead e Rogue One ci ricordano che quella che può sembrare la notte più cupa è solo l'inizio di un'alba migliore.
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