Lo sai come funziona la memoria. Anche se dormiva, crederà̀ di aver visto tutto
Questa volta Richard Linklater non ci ha messo una o più decadi per fare un film (in verità non lo sappiamo con certezza). O forse ci avrà messo dieci anni e mezzo. Speriamo di metterci molto meno noi a scrivere questa recensione di Apollo 10 e mezzo, il film d'animazione diretto dal regista di Houston disponibile dal 1° aprile su Netflix.
Before The Apollo
Dopo la Before Trilogy, Boyhood, Tutti vogliono qualcosa e il meno acclamato Che fine ha fatto Bernadette? e mentre sta preparando un musical girato a distanza di 30 anni, Richard Linklater torna dietro la macchina da presa per dirigere l'animazione fotorealistica di Apollo 10 e mezzo, che fin dal titolo strizza l'occhio a classici della fantascienza e alla corsa allo spazio. Ispirata alla propria infanzia, questa storia estremamente adolescenziale racconta della vita di Stanley a 10 anni e mezzo nel 1969, che viene stravolta quando la NASA gli chiede in gran segreto di andare sulla Luna. Un'opportunità irripetibile... per la sconfinata fantasia del bambino, che da grande - con la voce di Jack Black - racconta ai posteri la propria infanzia a Houston, mescolando elementi di verità ad altri di fantasia, da vero affabulatore - o bugiardo seriale, come ammette lui stesso.
C'è però tutto l'aspetto nostalgico e malinconico dei film di Linklater in questo Apollo 10 e mezzo: lo si percepisce dai dialoghi fiume e quasi documentaristici del narratore onnisciente, a tratti ridondante e quasi ingombrante; lo si sente sulla pelle grazie alla scelta della tecnica dell'animazione realistica e ai colori caldi utilizzati; lo si coglie dalla regia intima e intimistica come solo Linklater sa scavare nell'animo umano. Questo aspetto è acuito nel ricordare le mode, i vestiti, la musica, i giochi, le scorribande con gli amici, i drive in: c'è quasi un voler guardare indietro non solo a prima della pandemia ma agli anni del benessere e di quando tutto sembrava possibile per una nazione preda delle rivolte ma in crescita.
I 23 migliori film sullo spazio
Mini corsa allo spazio
La corsa allo spazio è l'altro elemento chiave e centrale del film che si intreccia alla parte nostalgica. Questo perché vivere nei dintorni della NASA accresceva ancora di più il mito degli astronauti, dello scoprire nuove forme di vita, del camminare sulla Luna, della gara coi russi per farlo, e ancora di più per i giovani incitati dai genitori sull'importanza dell'evento storico. I ricordi di Stanley ad un certo punto sembrano quasi una lista della spesa nell'elencare ad esempio i programmi tv che si potevano vedere la sera - il simbolico grande ritrovo familiare davanti alla tv, con tanto di litigio per il telecomando - le canzoni che passavano alla radio, e così via. Tutto era tipico: la grande famiglia numerosa, la casa in periferia, i bulli a scuola, i fratelli e sorelle più grandi. Perfino il ruolo lavorativo del padre di Stan alla NASA: non come analista e astronauta, come al bambino piaceva raccontare in giro, ma come responsabile della contabilità.
Il film è costruito sul climax ascendente del doppio viaggio sulla Luna - da un lato quello vero di Neil Armstrong, dall'altro quello del piccolo Stan - compreso l'addestramento per entrambi e il rito dell'attesa davanti alla tv con il fiato sospeso così come in cabina, già ben espresso da First Man - Il primo uomo di Chazelle. Il mito americano al suo apice epico. Un film che è quasi una lettera d'amore agli anni '60 - '70 o meglio ancora alla sensazione di possibilità e benessere che si provava all'epoca.
Conclusioni
Concludiamo la nostra recensione di Apollo 10 e mezzo sottolineando come mito e nostalgia si intreccino in questo film che utilizza la tecnica fotorealistica per dare maggior gravitas al racconto pur mantenendo un tono adolescenziale. I ricordi del regista si mescolano alla sua fantasia da bambino cresciuto e cineasta, e alla parte romanzata dei suoi aneddoti familiari, regalando grande sentimento a un epoca che non c’è più e che quasi sicuramente non tornerà.
Perché ci piace
- La scelta dell’animazione fotorealistica.
- La regia delicata e intimistica.
- L’approccio quasi documentaristico del racconto...
Cosa non va
- ... che però avrebbe giovato di maggior spazio per la parte fantastica.
- Il narratore onnisciente è quasi un narratore fiume e ingombrante.
- L’aspetto nostalgico diventa quasi ridondante alla fine.