Sembra uscita da un film di Tim Burton. Occhi grandi, volto antico, pelle di porcellana. Basta guardare con attenzione Victoria, la co-protagonista de La sposa cadavere, per accorgersi di una somiglianza a tratti inquietante nella forma del viso e nelle espressioni piene di fascino gotico. Perché nonostante siano pieni di innocenza, negli occhi di Anya Taylor-Joy ristagnano anche oscurità e inquietudine. È impossibile parlare di lei senza scomodare il suo sguardo, perché gli occhi di Anya Taylor-Joy sono un pozzo pieno di contrasti in cui puoi pescare di tutto. Dentro sguazzano dolcezza e malinconia, fragilità e determinazione, indipendenza e bisogno di comprensione. Tutte cose evidenti sin dal suo straordinario esordio avvenuto nel 2015 con lo splendido The Witch, ma esplose davanti agli occhi di tutti soltanto da un paio di mesi.
Ovvero da quando La regina degli scacchi è approdata su Netflix sollevando tormentoni e mostrando a tutti il talento fiero di questa attrice magnetica. E allora riscopriamo insieme le tappe fondamentali di una carriera ormai in piena rampa di lancio. Con quegli occhi grandi già diventati fari per fare navigare Anya Taylor-Joy su onde altissime.
Stregati dalla strega
Se Anya Taylor-Joy ci appare così piena di contrasti è perché il contrasto le scorre nelle vene. Nata a Miami, cresciuta tra Buenos Aires e Londra da una madre anglo-spagnola e un padre scozzese-argentino, da 16enne viene scovata da un'agenzia inglese e inizia a lavorare come modella. Poi, tre anni più tardi, un giovane regista di nome Robert Eggers capisce prima di tutti che Anya Taylor-Joy è molto più di un corpo da ammirare. I due esordiscono assieme nel cupo e disturbante The Witch, horror rurale raffinatissimo che conquista il Sundance grazie a una storia familiare torbida, in cui occulto e fanatismo si miscelano alla perfezione. Del film rimangono impressi soprattutto occhi stracolmi di mistero: quelli di un coniglio sinistro, quelli di una capra inquietante e quelli enigmatici di una giovane ragazza impossibile da comprendere. Preda o cacciatrice? Minaccia o vittima? Il grande mistero di The Witch è incarnato alla perfezione dal volto indecifrabile di un'attrice che sembra nata per creare punti interrogativi.
Nel film il suo personaggio abita un limbo perenne, a metà strada tra l'agnello sacrificale e la belva feroce pronta a ferire chiunque osi intralciarne la libertà. Eggers ha intuito subito che dentro Anya Taylor-Joy è in atto un braccio di ferro tra due impulsi opposti: la pace e la ferocia. E The Witch incarna alla perfezione questo animo inquieto. Nasce da qui una carriera densa, mai banale e già oculata nelle scelte. Nasce nelle terre desolate e fetide nel New England, quando nel 2015 fummo tutti stregati da una strega che non vuole saperne di spezzare i suoi incantesimi.
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Come uno specchio rotto
Se il primo sussulto di The Witch folgorò soltanto un pubblico di nicchia, quello più cinefilo e avvezzo al mondo dei festival, un anno dopo Anya Taylor-Joy approda nel cinema mainstream, ma lo fa comunque dalla porta di servizio. Perché nel 2016 M. Night Shyamalan non era più quello dei primi anni Duemila. Non era più il regista sulla cresta dell'onda, non era più un autore a cui poter affidare grandi budget tra le mani (dopo i tonfi clamorosi de L'ultimo dominatore dell'aria e After Earth). Così Split si presenta come un piccolo film ambizioso, con una grande star come James McAvoy pronto a prendersi il palcoscenico con il suo talento istrionico e ben ventiquattro personalità da mettere in scena. E invece no. Era tutto un depistaggio. Split si dimostra più grande di quanto potesse sembrare, parte di un disegno più ampio, secondo tassello di un universo narrativo amato dal pubblico sin dai tempi di Unbreakable. E poi McAvoy non sarà l'unico "mostro" del film. In un'opera tutta dedicata a lui, è incredibile come Anya Taylor-Joy sia riuscita a ritagliarsi uno spazio importante, lasciando ancora una volta il segno del suo passaggio su schermo.
Shyamalan le sta addosso il più possibile, la riempie di primi piani, si sofferma volutamente su quegli occhi che dicono tutto senza dire niente. Il suo personaggio ha tutte le caratteristiche della final girl tanto amata dagli horror, ma Taylor-Joy le conferisce un tocco tutto suo. Ancora una volta una via di mezzo tra gracilità ed energia vitale, dando vita a una sopravvissuta che trova la sua forza proprio nel dolore. Split conferma quanto Anya si senta a suo agio nel disagio, sempre a casa quando c'è qualcuno di problematico da raccontare. Lo confermeranno i successivi Glass (atto finale della trilogia di Shyamalan) e lo sciagurato The New Mutants, canto del cigno della saga degli X-Men in cui l'attrice veste i panni di Illyana Rasputin, sorella minore di Colosso. Ancora una volta una strega, ancora una volta maledizioni, poteri simili a fardelli da portarsi addosso e un volto da cui non sai mai cosa aspettarti.
Split: uno, nessuno e ventiquattro
L'incoronazione degli scacchi
Impossibile prevederne ogni mossa. Come abili scacchisti, i personaggi di Anya Taylor-Joy sono così misteriosi da risultare spesso imprevedibili. Tutti immersi in un alone di fascino e mistero, tutti accomunati da un pregio: non riesci a smettere di guardarli. Il volto di Taylor-Joy catalizza come una calamita. Se ne è accorto il mondo intero da quando Netflix ha pubblicato La regina degli scacchi, in cima a tutte le classifiche e dentro le bacheche social di ognuno di noi da oltre un mese. Un tormentone che ha finalmente aperto il sipario (sotto forma di frangetta) su un'attrice portentosa. Una serie tv sugli scacchi non poteva che essere un elogio del bastare a sé stessi, del non dipendere da nessuno se non dalle proprie scelte e Taylor-Joy gestisce alla perfezione questo moto d'orgoglio personale senza sbandierarlo mai. La sua recitazione è posata, moderata, da diva d'altri tempi nelle espressioni contenute e nelle movenze garbate. La sensazione è quella di leggere un piccolo romanzo in cui entri subito in empatia con la protagonista nonostante lei non ti voglia tra i piedi.
La regina degli scacchi, la recensione: la vita tormentata di una mente geniale
La regina degli scacchi forse non eccelle in niente, ma non sbaglia mai qualcosa. E nonostante ci tenga a spiegare nel dettaglio ogni strategia sulla scacchiera, la serie bara eccome. Bara perché con questa Anya Taylor-Joy è tutto più facile. Perché lo sguardo magnetico di questa meravigliosa attrice è il vero enigma di cui si vuole venire a capo. Occhi lanciati verso gli avversari che seducono e respingono, timidezza e furore che duellano tutto il tempo, innocenza e presunzione che si alternano, desiderio e frustrazione che si intrecciano. Tutto sul suo volto. La definitiva consacrazione di una nuova "diva" dal fascino antico che si è guadagnata la nostra stima in poche mosse.