Si parla di razzismo in Antebellum ed è ovvio che l'argomento sia venuto fuori nella nostra chiacchierata con Gerard Bush e Christopher Renz, i due registi del film disponibile in esclusiva su Amazon Prime Video dal 14 Dicembre. Un'opera prima ambiziosa, che punta su un colpo di scena a effetto (di cui abbiamo parlato nella nostra analisi del finale di Antebellum) per colpire lo spettatore e si affida alla prova intensa della sua protagonista Janelle Monáe che compare nella storia in una doppia versione. Con i due registi non abbiamo parlato solo del tema importante veicolato dal film, ma anche della genesi del progetto e della difficile messa in scena del lungo piano-sequenza iniziale.
Realizzare Antebellum
Avete raccontato che l'idea del film viene da un incubo, volete dirci qualcosa in più?
Gerard Bush: Siamo stati a Los Angeles per tre anni e mezzo, ma prima del trasferimento da Miami ero molto preoccupato di quel passaggio e dopo meno di un anno dall'essere arrivati qui mio padre è venuto a mancare. La sua morte mi ha traumatizzato e processarla mi ha reso inquieto, forse per questo ho avuto un incubo orribile. In questo incubo non ero io il punto di riferimento, non ero la star del sogno, che è raro per me perché lo sono sempre. Questa volta ero testimone di una donna che cercava disperatamente di sfuggire a qualcuno che la tormentava e sembrava che comunicasse con me attraverso diverse dimensioni. Anche se rientra nella categoria degli incubi, aveva un qualcosa di più ancestrale. Non vorrei sembrare troppo new age, ma è qualcosa che ho sentito chiaramente una volta sveglio e ho buttato subito giù degli appunti sulle note del mio telefono, in ogni piccolo dettaglio. Il giorno dopo l'ho raccontato a Christopher e ci siamo messi a scrivere. È stato l'inizio della storia che poi è diventata la base su cui è stata sviluppata la sceneggiatura.
Ci dite qualcosa sulla bellissima sequenza d'apertura? Come ci avete lavorato?
Gerard Bush: Pensavamo fosse incredibilmente importante aprire con quella scena di cinque minuti, per immergere il pubblico nel mondo della storia. È stato fondamentale ottenere le stesse lenti di Via col vento e girare con quelle. Volevamo che i primi 5 o 10 secondi fossero questa immagine idilliaca alla Via col vento, ma nel complesso non è stata una ripresa facile con una steadycam per tutto il percorso. Abbiamo girato al tramonto, quindi avevamo solo un paio di riprese a disposizione con la luce giusta e siamo felici di essere riusciti a completarla alla fine. Ci sono voluti quattro o cinque giorni di riprese al tramonto e un po' di sconforto per le volte che è successo qualcosa a metà costringendoci a ripartire.
Christopher Renz: Volevamo che sembrasse un'opera, che fosse qualcosa di così bello da mettere a disagio nell'osservare questo tour. Ha una cadenza come una danza, che sembra sinfonica, e l'unico modo per ottenerla è stato provare più volte per più giorni per avere il risultato giusto. C'è mezzo miglio di strada dal punto di partenza a quello di arrivo, con fango soffice a terra che ha fatto cadere l'operatore un paio di volte. È stata una ripresa difficile da portare a termine, ma alla fine penso che detti il passo dell'intero film.
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L'incubo del razzismo
Un elemento interessante è l'uso dell'horror per raccontare temi importanti, l'altro è il concetto che "il passato non è morto". Come avete messo insieme questi due elementi?
Christopher Renz: Quando guardi da cineasta e narratore americano di colore a un film come Via col vento, quello che vedi è un film horror e sta a noi ridefinire ed elevare il genere, ma il sud di Antebellum va visto nell'ottica di quel che era in realtà, piuttosto che nell'idea romantica di questa falsa nobiltà dei gentiluomini e le donne del sud. Fa spavento quella bellezza e quel terrore che vivono parallelamente, nello stesso luogo e tempo. Cerchiamo di far sì che Antebellum e questo tipo di storie spostino il paradigma narrativo e disorientino lo spettatore, in modo che inizi a guardare al mondo da un punto di vista diverso, in modo che possa avvicinarsi un po' di più alla realtà delle cose piuttosto che continui a vivere in questa fantasia che l'America non è.
Il film è molto incentrato sulla prospettiva americana, ma pensate che sia facilmente comprensibile a livello internazionale?
Gerard Bush: Siamo stati molto felici di vedere il movimento Black Lives Matter diffondersi in tutto il mondo, non solo in America, e penso che il film parli a questo cambiamento che si sta verificando. Finalmente c'è un vero cambiamento e il mondo non si volta dall'altra parte. Antebellum si inserisce in questo cambiamento e credo sia rilevante non solo per l'America, ma per tutto il mondo.
Christopher Renz: Quando ci siamo trovati nella sala proiezione della DGA all'uscita di Parasite, abbiamo cercato di non sapere nulla del film prima di guardarlo, per poterlo vedere senza preconcetti e ci ha colpiti un lavoro brillante. Amiamo quel film che affronta temi di classe che sono universali e coinvolgono tutti. Allo stesso modo penso che la situazione attuale renda il pubblico internazionale ancora più interessato e ricettivo riguardo al nostro film di quanto lo possa essere stato anche solo un anno fa. Tutti questi temi hanno un valore e una potenza universali e speriamo di essere percepiti in questo senso.
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Oltre Antebellum?
Si ha la sensazione che ci sia spazio per approfondire la storia. Avete pensato alla possibilità di un sequel o un prequel?
Christopher Renz: Ci sono tante storie del genere in giro, ci sono così tante Veronica nel mondo e le loro storie non sono viste quanto dovrebbero. Non sono una persona che ama i sequel, ma sono contento che ci sia la voglia di vedere di più riguardo Veronica, di lei e della sua famiglia.
Gerard Bush: Una delle cose che ci ha spinti a creare una storia originale è la sensazione che ci siano fin troppe idee riciclate in giro. Non sto dicendo che non ci sia da approfondire in Antebellum, che non ci sia spazio per un sequel o un prequel, ma abbiamo concluso il film in questo modo per scelta, perché volevamo lasciare il pubblico senza fiato e nei suoi pensieri, in modo che fosse la loro immaginazione a riempire gli spazi, piuttosto che noi a farlo per loro. Non credo che saremmo ostili all'idea, ma è contrario a chi siamo come autori, perché cerchiamo di andare sempre il progetto successivo, in modo che ci sembri fresco e autentico. Ma sono d'accordo con Christopher: è fantastico che ci sia chi vuole sapere di più di questo mondo.
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