Per la sua opera prima, L'attesa, presentata in concorso a Venezia, Piero Messina aveva scelto due attori internazionali, Juliette Binoche e Lou de Laâge. Per il suo secondo lavoro, Another End il regista siciliano ha pescato nuovamente oltre i confini italiani e si è affidato ad un cast corale capitanato da Gael García Bernal e composto da Bérénice Bejo, Renate Reinsve e Olivia Williams. Proiettato in concorso alla Berlinale, e in uscita nelle sale italiane il 21 marzo con 01 distribution, Another End è una sorta di "favola sci-fi" ambientata in una città confusa e senza identità, dove, però, una nuova tecnologia promette di alleviare il dolore del distacco riportando in vita, per breve tempo, la coscienza di chi se n'è andato (come vi abbiamo raccontato nella nostra recensione).
Gael Garcia Bernal e Bérénice Bejo nel film interpretano Sal e sua sorella Ebe. Lui ha da poco perso la moglie in un incidente stradale e lei non si da pace a vederlo così affranto. Lavorando per la compagnia che si occupa di "installare" temporaneamente in compatibili soggetti ospite la coscienza di un defunto per permettere ai propri cari di salutarlo, Ebe convince Sal a fare una prova. La perduta Zoe ritrova così vita in una sconosciuta mentre il film si pone la domanda già contenuta nella sua trama: può sopravvivere l'amore come un segreto custodito nei corpi? Incontrati a Berlino, nella prima mattinata di interviste e dunque aperti a rispondere a domande e riflessioni su tutti i quesiti che scaturiscono da Another End, Gael Garcia Bernal e Bérénice Bejo raccontano il loro percorso, sotto la direzione Piero Messina.
Another End: la nostra video intervista a Gael Garcia Bernal e Bérénice Bejo
Per tutto il tempo dell durata, 130 minuti, Another End non scopre quasi nessuna delle sue carte. Non sappiamo in che città ci troviamo, perché non è importante come non è essenziale sapere tutto dei personaggi che invece impariamo a conoscere dai loro sentimenti, dai loro ricordi. Da spettatori questa confusione è funzionale per perdersi dentro il film, com'è interpretarla da attori, senza una vera guida? Come si trova l'essenza di un personaggio? Prova a spiegarlo prima Gael Garcia Bernal: "Esagerando un po', ci troviamo come in un film di zombie, in una città senza vita oppure sonnambula. In un certo senso è la stessa sensazione che da la società di oggi, accadono cose estreme e noi siamo come sotto shock al momento. Credo che questa confusione nel film sia un eccezionale punto di partenza per iniziare una riflessione su quali siano le cose veramente importanti. Credo che la morte ti forzi a vedere le cose in prospettiva e a questo per esempio non avevo pensato fino ad oggi".
Concorda con l'amico Gael, Bejo che però si addentra nello specifico della lavorazione: "Credo riguardi anche il modo in cui abbiamo girato. Ricordo che a volte non capivo proprio che piega avrebbe preso il film. Forse Piero Messina lo ha fatto di proposito o forse inconsciamente ha pensato che il mondo che stava costruendo era confuso e se forse anche gli attori lo erano, il film lo sarebbe stato. A volte non sapevo proprio come recitare e provavamo le scene con approcci totalmente diversi, non solo il tono. È stato quasi come interpretare personaggi diversi, niente era mai del tutto definito tranne che per la compagnia presso cui il mio personaggio lavora. Ma anche in quel caso, quando ho visto il film ho sentito che eravamo tutti confusi, non sappiamo neanche che lingue parliamo, io e Gael parliamo in spagnolo, con gli altri in inglese ed è tutto confuso ma ciò che è importante sono i legami tra gli esseri umani. Lui vuole preservare questi legami e lei vuole rimanere legata a suo fratello. In tutta questa confusione, l'amore che si percepisce è molto forte".
Another End, la recensione: Piero Messina e un film emotivamente rilevante
La spiegazione del film: identità perse, identità da ritrovare
Nelle note di regia di Another End, Piero Messina scrive: "Il cortocircuito messo in atto dalla tecnologia di Another End, che promette di separare i corpi dalle coscienze, mi ha fatto interrogare su ciò che ci lega alle persone che amiamo. Ciò che di esse crediamo di sapere, le parole, i ricordi, ma anche qualcosa che viene prima, e che sopravvive in noi quando tutto sembra finire". Ed ecco che queste sono parte delle riflessioni indotte dal film sullo spettatore: cosa definisce chi siamo? le persone che amiamo? Il nostro corpo? I nostri ricordi? E se sono questi gli aspetti che costruiscono la nostra identità, non l'abbiamo forse ormai persa (o quasi), presi come siamo tutti a mostrare di noi solo l'immagine che vogliamo far trasparire? Annuisce concordando Gael García Bernal, ancora una volta il primo a prendere la parola: "Purtroppo sì ed io odio, per esempio, questo uso costante delle immagini che facciamo. Il presidente argentino ha di recente fatto clonare il suo cane per averlo sempre con sé e questo ti fa pensare: che cosa sta succedendo? È un momento molto strano. Riusciamo ancora a vedere le cose belle che abbiamo ma dobbiamo anche accettare che stiamo nel bel mezzo di una sorta di apocalisse ed è importante secondo me rendersene conto".
A proposito di prese di coscienza, Bernal poi rivela un aspetto della sua vita privata: "Per me i momenti migliori e in cui mi sento sollevato sono quelli in cui sono senza telefono, mi sento rinato per un po'. È qualcosa di cui sono molto cosciente e mi chiedo perché siamo finiti in questa situazione". Torna sui molteplici significati del film invece Bérénice Bejo e aggiunge speranza nella sua visione: "Credo che il film parli del fatto che non possiamo rimpiazzare le persone che abbiamo perso, ma accettare che se ne siano andate , può aiutarci a farci innamorare nuovamente. Parlo come una anziana ma credo che questo film parli anche della possibilità di innamorarsi ancora, che si possano incontrare nuove persone e sperimentare nuove cose. La vita è così piena di persone e di cose e forse non c'è solo una persona destinata a noi nel mondo".