In the heat of the night the animals scream/ In the heat of the night walking into a dream
Ha un incipit bizzarro e spiazzante, il secondo film da regista di Tom Ford. Sette anni fa il suo esordio alla regia, A Single Man, trasposizione dello struggente romanzo di Christopher Isherwood, si apriva sulla sagoma del corpo di un uomo, nudo, ripreso sott'acqua, come in procinto di affogare. Subito dopo i titoli di testa l'immagine di quell'uomo, George Falconer (Colin Firth), si alternava a uno scenario invernale: George avanza lentamente in una coltre di neve, verso un veicolo rovesciato e il corpo senza vita del suo compagno Jim (Matthew Goode), per poi sdraiarsi accanto a lui e baciarlo sulle labbra.
Per molteplici aspetti, l'incipit di Animali notturni è strettamente correlato a quello di A Single Man. Ancora una volta, ad accoglierci all'interno del film è il corpo umano ritratto nella sua nudità. Ma tanto la nudità di Colin Firth era simbolo del suo essere indifeso, vulnerabile, un vessillo di totale sincerità, quanto la nudità in Animali notturni sembra puntare nella direzione opposta: i corpi obesi, cadenti, perfino grotteschi delle donne nude in una galleria d'arte sono oggetto di un feticismo esasperato, totem eretti sull'altare di un artificio che non ha nulla di sincero né di autentico. La verità della sofferenza di George contrapposta alla vacuità di Susan Morrow e del suo nulla esistenziale.
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"Si scrive perché tutto muore"
È la prima, fondamentale cesura tra il film di debutto di Tom Ford e la sua opera seconda, Animali notturni, adattata da Ford stesso da un magnifico libro del 1993, Tony e Susan, dello scrittore newyorkese Austin Wright (pubblicato in Italia da Adelphi), e ricompensata con il Gran Premio della Giuria al Festival di Venezia 2016. Ma se in entrambi i casi le scene d'apertura rimandano subito al nucleo tematico della rispettive pellicole nel loro complesso, nondimeno risultano evidenti quelle analogie che già ci permettono di individuare il "marchio di fabbrica" del Tom Ford regista: il sontuoso tappeto musicale del compositore polacco Abel Korzeniowski; lo spiccato cromatismo delle immagini (i toni gelidi del blu e del bianco per l'incipit di A Single Man, un rosso vibrante per Animali notturni); e, dato ancor più importante, la dimensione 'irreale' di queste due scene. Con A Single Man siamo catapultati infatti in un universo onirico, dal quale usciremo dopo alcuni istanti, al brusco risveglio di George; mentre in Animali notturni lo spettacolo a cui siamo messi di fronte non ha niente di reale, ma come dicevamo è frutto di un puro artificio.
La verità e la finzione, dunque: non a caso, i due piani su cui si svilupperà un racconto sorprendente e multiforme, che si muove in più direzioni. Dal piano della realtà filmica, quella di Susan, sofisticata gallerista di Los Angeles impersonata da una superba Amy Adams, assorbita dal proprio lavoro e intrappolata in un matrimonio infelice con l'uomo d'affari Hutton (Armie Hammer), al piano della letteratura (e quindi del metacinema) di Nocturnal Animals, il manoscritto inviato a Susan dal suo ex marito Edward Sheffield (Jake Gyllenhaal); ma anche diversi piani cronologici, con il presente di Susan, lettrice solitaria nella sua impeccabile "casa di vetro", e il passato di Susan ed Edward, coppia legata da un sentimento profondo che sarà minato proprio dalla vocazione di Edward per la scrittura. Una vocazione assoluta, logorante, descritta con parole emblematiche nelle pagine di Wright: "A volte Susan chiedeva a Edward perché volesse scrivere. Non perché volesse essere uno scrittore, ma perché volesse scrivere. E lui le dava ogni volta una risposta diversa. È come mangiare e bere. Si scrive perché tutto muore, si scrive per salvare quello che muore. Si scrive perché il mondo è un caos inarticolato, e non riesci a vederlo finché non ne disegni la mappa con le parole".
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Una donna sola
Con un naturale meccanismo di identificazione, il pubblico è portato così ad aderire del tutto alla prospettiva di Susan, destinataria e fruitrice del libro di Edward e pertanto surrogato di noi spettatori. E nel silenzio e nella penombra della sua grande casa vuota, immersa nella campagna della periferia losangelina, prende progressivamente forma un'altra storia: quella di Tony Hastings, mite professore e padre di famiglia, impegnato a percorrere una desolata strada del Texas in un viaggio notturno segnato da un drammatico imprevisto. Nel film, a sottolineare il meccanismo di echi e di rimandi abilmente costruito dalla penna di Wright, contribuiscono le scelte di casting: a Jake Gyllenhaal sono affidati sia il ruolo di Edward nei flashback di Susan, sia quello di Tony, suo potenziale alter ego letterario; mentre Laura, la moglie di Tony, è interpretata dall'attrice Isla Fisher, proprio in virtù della sua incredibile somiglianza con Amy Adams, inclusa una lunga chioma fulva.
Animali notturni procede lungo questo duplice binario: la traumatica vicenda di Tony, Laura e della figlia adolescente India (Ellie Bamber), aggrediti nelle tenebre da tre "animali notturni", alfieri del caos e della violenza senza senso di un mondo irrazionale quanto crudele; e l'impietoso processo di autoanalisi di Susan, che mentre accompagna Tony nel suo devastante calvario vede riemergere anche gli spettri del proprio passato, trovandosi costretta a prenderne atto una volta per tutte. Ma a sancire l'unicità del film di Ford è pure la sua anima bifronte: da un lato melodramma dei sentimenti, collocato nell'atmosfera artefatta e opulenta dell'alta borghesia chic e intellettuale di Los Angeles, teatro delle apparenze e fiera della vanità (si veda la coppia di facciata formata dall'omosessuale Carlos Holt, fratello di Susan, e dalla frivola socialite Alessia); dall'altro thriller nerissimo, calato nel ruvido scenario del Texas rurale, sorta di giungla selvaggia in cui si aggirano le 'bestie' del titolo.
Bellezza e violenza
A questo proposito, vale la pena rilevare una significativa differenza tra la fonte letteraria e la sua trasposizione cinematografica, utile a comprendere l'approccio adottato da Tom Ford: se nel libro di Austin Wright vengono sottolineati il brullo squallore della 'giungla' texana e i ributtanti connotati degli assalitori della famiglia Hastings, in Animali notturni emerge invece uno straniante connubio fra brutalità e bellezza. A partire dalla professione di Susan: nel romanzo un'insegnante di letteratura inglese (lei, docente e lettrice accanita, lui, Edward, aspirante scrittore), nel film un'esperta di arte contemporanea (a ribadire la preminenza, quantomeno sullo schermo, delle immagini sulle parole). Ma tale connubio si configura in maniera ancor più manifesta - e stridente - nella dimensione metaletteraria, nei tre balordi incontrati da Tony: Ray Marcus e i suoi due scagnozzi, Lou e Turk, pur nella loro rozza aggressività hanno le fisionomie di tre uomini giovani e avvenenti.
È un altro segnale di come l'idea di estetica di Tom Ford, un'estetica ricercata e raffinatissima, diventi il riflesso di una ben precisa idea di poetica. L'aspetto 'lurido' di Ray, ad esempio, non può cancellare la cinegenia di un attore come Aaron Taylor-Johnson, provocando un corto circuito fra il suo atteggiamento minaccioso e una sinistra, pericolosa sensualità (e Ford arriva addirittura a mettere letteralmente a nudo il suo villain). Allo stesso modo Susan, lungi dall'essere dipinta come una dimessa donna di mezza età, ha la bellezza aristocratica e il fascino malinconico di una Amy Adams mai altrettanto magnetica; specialmente quando si confronta con se stessa nella solitudine di uno specchio. Perché Animali notturni, a ben guardare, è soprattutto questo: un oscuro e intrigante gioco di specchi, una mise en abîme elevata alla massima potenza, imperniata sul concetto del potere della creazione artistica. L'arte - e la letteratura, e il cinema - come rilettura e riscrittura di se stessi e del proprio universo emozionale (per Edward), come strumento di una dolorosa presa di coscienza (per Susan) e come veicolo di un'auspicata catarsi. Una catarsi, però, che forse è già fuori tempo massimo.