Nel novembre del 2018 è uscito nelle sale Animali Fantastici: I crimini di Grindelwald, il secondo di cinque film previsti sulle avventure di Newt Scamander, ambientate tra il 1926 e il 1945, e con il Mago Oscuro Gellert Grindelwald come antagonista principale. Il terzo episodio, attualmente previsto per il 2021, è avvolto in un piccolo alone di controversie, in parte per via delle scelte di casting di questa incarnazione del franchise di Harry Potter e in parte a causa di quanto accaduto nel secondo capitolo, scritto da J.K. Rowling in persona. Già all'epoca i fan della saga avevano espresso diverse perplessità sul passaggio della scrittrice dalla narrativa letteraria alla sceneggiatura cinematografica e, a un anno e mezzo dall'uscita del film, in attesa di sapere quale sarà il destino del franchise, abbiamo voluto tornarci su.
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C'era una volta lo sceneggiatore
Correva l'anno 2000, e per Harry Potter e la pietra filosofale, uscito al cinema alla fine del 2001, fu scelto lo sceneggiatore Steve Kloves, rimasto a bordo della saga fino alla conclusione delle avventure del giovane mago, fatta eccezione per Harry Potter e l'ordine della Fenice che fu affidato a Michael Goldenberg. In tale sede J.K. Rowling non aveva un ruolo particolarmente attivo dietro le quinte (fu accreditata come produttrice solo per gli ultimi due episodi), ma godeva comunque del privilegio dello script approval, soprattutto per quanto riguardava l'evoluzione della storyline principale: all'epoca della stesura del primo copione, infatti, erano usciti solo tre libri su sette (il quarto arrivò nelle librerie due mesi prima dell'inizio delle riprese), ed eventuali deviazioni dalla trama letteraria necessitavano dell'autorizzazione della creatrice di Harry, la quale contribuì anche alla sceneggiatura scrivendo il flashback dove Voldemort uccide i genitori del protagonista (dato che all'epoca solo lei sapeva esattamente come fosse andata quella notte).
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Al netto di questi dettagli c'era comunque una distinzione tra l'autrice dei romanzi e colui che era stato incaricato di portarli sullo schermo, consapevole delle modifiche talvolta necessarie per rendere più agevole il passaggio da una forma espressiva all'altra (anche il primo film, generalmente ritenuto il più fedele alla fonte letteraria, omette alcuni passaggi secondari e un personaggio di contorno che non incide sulla trama). Non sempre la transizione è stata completamente efficace (vedi alla voce Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, che tralascia un particolare importante legato alla Mappa del Malandrino e di conseguenza, nei film successivi, crea una piccola lacuna per chi non conosce i libri), ma nel complesso gli otto lungometraggi usciti tra il 2001 e il 2011 hanno saputo rendere bene in forma cinematografica il cosiddetto Wizarding World.
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Espansione continua
Negli anni successivi alla fine della saga (2007 nei libri, 2011 al cinema), la Rowling ha continuato a espandere la mitologia del Wizarding World, autorizzando uno spettacolo teatrale, creando il sito Pottermore e rispondendo alle domande dei fan sui social, a volte con risultati bizzarri (avevamo veramente bisogno di sapere che per diversi secoli a Hogwarts non c'era il gabinetto?). E poi, quando la Warner e il produttore David Heyman hanno chiesto se fosse possibile trasformare in film un libriccino che, nell'universo fittizio, fa parte delle letture accademiche di Harry e compagnia bella, l'autrice ha proposto qualcosa di più ambizioso, un arco narrativo lungo tre film, successivamente estesi a cinque (l'annuncio ufficiale è arrivato poco prima dell'uscita del capostipite). Così è nato Animali fantastici e dove trovarli, ufficialmente uno spin-off che consentiva allo studio di esplorare angoli mai visti prima del Wizarding World, muovendosi fuori dall'Inghilterra, ma in realtà il primo tassello di un mosaico che, quasi a tradimento, si è rivelato un prequel delle avventure di Harry, un'operazione che, nelle intenzioni dell'autrice, si concluderà mostrando la sconfitta di Gellert Grindelwald nel 1945.
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Di per sé non un'idea malvagia, poiché nel primo episodio Grindelwald rimaneva ufficialmente sullo sfondo e gran parte del film era comunque dedicata agli aspetti inediti dell'universo magico, spostandoci dall'Europa agli Stati Uniti. Il problema, in questo caso, è legato alla decisione di affidare la scrittura dei film alla Rowling, presumibilmente dandole carta bianca dato che le sue idee sono state molto redditizie per la Warner. E se con il primo lungometraggio le premesse sembravano positive, con l'uscita di Animali Fantastici: I crimini di Grindelwald è risultato evidente, anche per chi ha generalmente apprezzato la pellicola, che l'autrice non abbia ben chiara la differenza tra un romanzo e una sceneggiatura. Tralasciando infatti le incongruenze interne (l'età di Minerva McGranitt, la caratterizzazione di Grindelwald che nel settimo libro è molto diversa dalla versione cinematografica), il problema principale è legato alla struttura del film in sé e, presumibilmente, di quelli che dovrebbero uscire nei prossimi anni.
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Mitologia, portami via
La critica principale nei confronti del secondo film è che sembra di vedere un episodio intermedio, dove la trama verticale è sacrificata in nome di dettagli che pongono le basi per la battaglia finale. Una cosa che può funzionare sulla pagina, dove non ci sono limiti di durata ed è possibile aggiungere tutti i dettagli necessari per riconciliare la trama episodica e quella più lunga, ma che al cinema richiede un equilibrio diverso. È come se si fosse scelto di adattare un romanzo della saga e rimuovere elementi a caso, creando dei salti da una location all'altra, senza pause di alcun tipo, per arrivare al gran finale (nell'ordine: Grindelwald che recluta proseliti per impedire la Seconda Guerra Mondiale, Albus Silente che rivela che un patto di sangue gli impedisce per ora di affrontare direttamente l'antagonista, e la rivelazione che Credence Barebone sarebbe il fratello minore dell'arcinemico di Grindelwald). Tutto molto frettoloso e che parte dal presupposto un po' arrogante che sarà possibile arrivare fino in fondo.
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Se ritorniamo infatti alla saga principale, la scelta saggia della Rowling, replicata sullo schermo, fu di avere un'idea chiara in mente (ai tempi del primo film l'autrice svelò ad Alan Rickman dettagli sul passato di Severus Piton che nessun altro conosceva), ma di far sì che i lettori/spettatori fossero in numero sufficiente da giustificare un approccio più serializzato nella seconda metà dell'epopea. I primi tre libri sono perfettamente autoconclusivi, così come il quarto fino al drammatico finale in cui Voldemort riacquista la sua forma fisica e torna a seminare morte e panico, diventando il Big Bad dell'intera saga dopo gli accenni nei romanzi precedenti. I film, per forza di cose, seguono la stessa struttura e il successo commerciale è rimasto abbastanza stabile nel corso degli anni, fino ad arrivare al record dell'ottavo film, l'unico a incassare un miliardo di dollari al box office globale.
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Ebbene, un approccio simile sarebbe stato più sensato per lo spin-off, tenendo Grindelwald come minaccia sempre più grande fino alla conclusione del terzo episodio, punto ideale in cui verificare se i fan fossero ancora interessati a questo filone del franchise. La Rowling, invece, ha nullificato il titolo ufficiale di questi nuovi film già nel secondo capitolo, puntando su un approccio seriale che rende l'operazione lunga e faticosa (ricordiamo che i cinque lungometraggi dovrebbero coprire un arco temporale di diciannove anni), rischiando concretamente di alienare gli spettatori. Ad oggi, il film più recente è l'unico del franchise ad avere un incasso inferiore ai 700 milioni di dollari nel mondo, e ha totalizzato 160 milioni in meno rispetto al predecessore (i lungometraggi di Harry Potter avevano una media globale intorno ai 960 milioni). Un quadro abbastanza allarmante, il che quasi sicuramente spiega perché per il terzo film, previsto per novembre 2021, la scrittrice sia nuovamente affiancata da Steve Kloves. Buona la terza? La risposta, in teoria, tra un anno e mezzo.