Dopo Rogue One: A Star Wars Story, Tony Gilroy l'ha rifatto con Andor. Ha preso il canone di Star Wars e l'ha plasmato a suo piacimento andando a creare una storia ambientata nell'arco di cinque anni, quelli che precedono la battaglia di Yavin de Una Nuova Speranza, che ha colpito con forza il fandom di Guerre Stellari in un periodo non semplice.

Da quando la Lucasfilm ha rilanciato in grande stile la saga di George Lucas nel post-acquisizione della Disney, le polemiche sulla riuscita di questo o quel film (o serie tv) hanno spaccato il fandom. Ma in questo magma di opinioni spesso e volentieri molto contrastanti, tutti sembrano concordare sul fatto che Rogue One prima e la spiazzante soy story di Andor poi, siano le cose più riuscite in ambito di Star Wars dal 2012 in poi insieme a The Mandalorian.
Tony Gilroy è diventato il custode di un quinquennio fondamentale nel canone di Star Wars: quello in cui la Ribellione è andata plasmandosi. Anche grazie alle decisive - e rischiose - strategie attuate dal Luthen Rael di Stellan Skarsgård, personaggio sicuramente più dark, ombroso della paladina della giustizia, democrazia e libertà Mon Mothma. Forse è proprio per questo che, al junket virtuale di Andor stagione 2 al quale abbiamo partecipato, la Disney ha deciso di mettere seduti l'uno di fianco all'altro proprio Tony Gilroy e Stellan Skarsgård.
Andor 2: intervista a Tony Gilroy e Stellan Skarsgård
La prima cosa che chiediamo a Tony Gilroy è proprio relativa a quello che prova al trovarsi in un posto che, per il fandom di Star Wars, è ormai sullo stesso piano o quasi di quello occupato da Dave Filoni o dallo stesso Lucas. "Mi sento proprio a mio agio e bene con questa cosa" ammette con gioia l'autore "cioè, resta sorprendente sia chiaro. Se me l'avessero detto dieci anni fa non ci avrei creduto, Ma provo molto orgoglio per quello che abbiamo fatto, per il nostro aver rinvigorito alcuni passaggi del canone inventandone di nuovi, aggiungendo tradizioni inedite. Sono davvero orgoglioso di trovarmi in quel pantheon".
Ed effettivamente è proprio così: grazie a quello che ha ottenuto con Rogue One: A Star Wars Story prima e con le due stagioni di Andor poi, Gilroy si è guadagnato di diritto un posto fra i più grandi narratori delle storie ambientate nella galassia di Guerre Stellari.
Un vero rivoluzionario
Non ce ne voglia Diego Luna, ma anche se è il suo personaggio a dare il titolo alla serie, fin dalla prima stagione il suo è quello meno interessante, sia fra i buoni che fra i cattivi. Fra i primi, il più carismatico e magnetico è Luthen Rael, interpretato dal sempre grandioso Stellan Skarsgård. Un personaggio molto stratificato che, per fare la cosa giusta e perseguire un'ideale, adotta dei modi di fare non convenzionali, per così dire.
"Sai, per me lui è un vero rivoluzionario" ci spiega "per lo meno per quella che è la mia visione di cosa sia un rivoluzionario. Anche se è un buon rivoluzionario, deve necessariamente prendere delle decisioni difficili. Per me a essere interessante è proprio questo conflitto che non pare colpirlo più di tanto. È un conflitto con cui ha a che fare e, di tanto in tanto, vediamo che ci sono come delle crepe, pare colpito nel suo profondo. Pare che, alla fin fine, anche lui abbia dei problemi nell'aver a che fare con tali questioni, ma neanche troppo in effetti".

Poi, per quelle che sono le sfide che attendono Luthen in Andor 2 dice che "In questa stagione finale sa che il cerchio intorno a lui si sta stringendo, che gli imperiali stanno arrivando. Ma sa bene che, prima di tutto, deve portare a termine delle cose. Come ad esempio salvare Mon Mothma, portarla via da quelli che sono i pericoli della sua attività di senatrice. Insomma sì: per me Luthen è un personaggio molto interessante".
Vecchio e nuovo canone
In Andor, sia nella stagione 1 che nella 2, c'è un perfetto bilanciamento fra canone e nuovi tasselli che vanno ad aggiungersi a ecco. Da Gilroy abbiamo voluto sapere quanto sia difficile poter essere creativi quando si ha a che fare con qualcosa di così "ingombrante" come la canonicità starwarsiana. "Ho questi cinque anni che è come se fossero miei, che conosco molto, molto bene. Non vincerei mai e poi mai un quiz di domande su Star Wars, su tutta la saga. Ma sul lasso di tempo che precede la battaglia di Yavin, su quei cinque anni, so che, a livello di canone, ci sono delle cose di cui devo tenere conto. Sicuramente tu ne sai parecchie su Guerre Stellari e non è detto che il vostro pubblico ne sappia altrettanto, ma esistono livelli, maniere diverse d'interpretare cosa sia o non sia il canone".

Per Tony Gilroy ci sono anche cose che, a livello di canone, sono quasi illogiche, quindi il lavoro suo e del suo team è stato focalizzato al fare ordine e pulizia: "Abbiamo rimesso ordine a cose che magari la gente pensava di sapere. Sapevo che, a un certo punto, avrei dovuto affrontare il massacro di Ghorman, che sarebbe stata quella la ragione per cui Mon Mothma doveva andarsene da Coruscant. In termini narrativi, per me è stato un vantaggio perché era come avere un faro verso il quale dirigermi. Capisco e conosco molto bene il canone di quei cinque anni. Poi ogni volta che avevo un dubbio potevo sempre telefonare 'in Vaticano' alla Lucasfilm e chiedere chiarimenti a Pablo Hidalgo. Spesso ho fatto domande su aspetti che non avevano una risposta e, a quel punto, c'era la libertà di creare quello che volevamo per Andor".