Mai sequel seriale fu più discusso, criticato, atteso, consumato, rielaborato e chiacchierato di And Just Like That, creatura controversa nata dal mondo dell'amatissimo Sex and The City che, dopo 20 anni dalla prima messa in onda, ha riunito, nel dicembre del 2021, la giornalista e scrittrice Carrie Bradshaw (Sarah Jessica Parker) con le sue storiche amiche (tranne Samantha) e nuovi personaggi. Per tutta la durata dello show su HBO Max negli Stati Uniti e Sky e Now da noi in Italia, ad ogni appuntamento settimanale corrispondeva una polemica, un colpo di scena: dall'esclusione di Chris Noth anche da clip e flashback ( per le accuse di molestie), alla mancanza del personaggio di Samantha, interpretato da Kim Cattrall fino alle manovre fatte a tavolino con cui lo show cercava di redimersi dagli errori del passato.
In questa recensione di And Just Like That 2, in arrivo dal 23 giugno su Sky e Now nei suoi primi due episodi, constatiamo che è di nuovo tempo, per questo vecchio/nuovo show, per la leggerezza, una rilassatezza e un'apertura alle possibilità ma soprattutto agli sbagli in tutti i campi, non solo quelli delle relazioni sentimentali ma anche della genitorialità, del giudizio, dell'inclusione e della rappresentazione. Dopo la messa in discussione di ogni certezza per il gruppo attorno a Carrie e l'elaborazione del lutto per la morte di Big da parte di quest'ultima, c'è spazio per guardarsi intorno e ammettere, a volte di fronte all'evidenza, di star navigando a vista, di non avere un'idea chiara su dove le cose stiano andando.
Questo interrogarsi sul dove siamo e chi siamo come esseri sociali, sessuali, sentimentali era stata la vera rivoluzione di Sex and the City alla fine degli anni '90 e il suo sequel sembra esserselo finalmente ricordato. Meglio tardi che mai. Non ci abbandoneremo agli spoiler e non commenteremo, se non a tempo debito, il carico emotivo e le possibili svolte che i ritorni annunciati, come quello di Samantha o quello di Aidan, porteranno all'interno della seconda stagione. Prenderemo il buono di questa ritrovata libertà di fare passi falsi nella giungla di Manhattan che da tempo comprende anche Brooklyn.
Il gruppo che si consolida
Bisogna ammetterlo, gli amanti della prima ora e di tutte le ore a seguire di Sex and the City ci hanno messo un po' ad abbracciare il nuovo ritmo di AJLT e non solo per quella a volte imbarazzante corsa ai ripari, al politically correct, al riempire le caselle di tutti gli aspetti tra rappresentazione e inclusione che la serie aveva omesso in passato. La mancanza di Samantha si era fatta sentire e non poco, soprattutto per il modo in cui la sua assenza era stata elaborata dalle altre, motivata. Si era quasi snaturato il rapporto che pensavamo ci fosse tra le 4 protagoniste, fondamenta dello show e ci sono voluti ben 10 episodi per provare a convincerci che un'altra strada c'era, delle nuove dinamiche erano possibili. Sin dal primo episodio di questa seconda stagione, forse perché sapevamo cosa aspettarci, il dialogo tra i vari gruppi di amici è decisamente più fluido. Lo schema sembra essere ora chiaro e facilita la vita di chi guarda: per le questioni importanti e le decisioni fondamentali di vita, a discuterne è sempre e soltanto quello che un tempo era il quartetto ed ora è un trio: Carrie, Charlotte e Miranda. Che sia l'interrogarsi sul definitivo orientamento sessuale di Miranda, la vita sentimentale di Carrie post Big oppure le pratiche sessuali e fisse familiari da Upper West Side di Charlotte, queste saranno sempre analizzate in formazione ridotta ma classica. Per tutto il resto, dal Met Gala agli incontri da una botta e via fino a come indossare uno strap-on dildo (un dildo indossabile mediante un'imbracatura) via libera alle combinazioni di quattro che vedono spesso Carrie e Charlotte affiancate da Anthony e Seema Patel (Sarita Choudhury) oppure i duo Charlotte e la sua versione afroamericana in Park Avenue, Lisa Todd Wexley (Nicole Ari Parker), Miranda e l'amica, la professoressa Nya Wallace oppure ancora Carrie e Che, stand up comedian e amore non binario di Miranda. Rimpiangeremo meno Samantha in questa seconda stagione grazie al piglio ironico e sperimentatore di Seema che, complici degli improbabili incontri sessuali e l'attitudine a mettere il suo piacere al primo posto, regalerà momenti ai limiti dell'assurdo e dall'ironia assicurata.
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Miranda
Tra le critiche più pesanti allo show nella sua prima stagione c'era stata quella al cambiamento radicale di Miranda (Cynthia Nixon). Si era lasciata crescere i capelli bianchi abbandonando l'iconico rosso, aveva lasciato lo studio di avvocati di cui era diventata partner dopo tanto lottare e infine aveva mandato all'aria il proprio matrimonio per ciò che è stato percepito da molti come un finto innamoramento e crisi di mezza età, l'infatuazione per Che Diaz (Sara Ramirez) adornata da una contestabile scena di sesso. È stata opinione condivisa per molto tempo che l'arco narrativo di Miranda all'interno delle 6 stagioni di Sex And the City fosse quello più verosimile, sentito, scritto meglio. Da seriosa, molto ancorata alla carriera e alla sua indipendenza, nel corso degli anni e grazie anche alla storia con Steve (David Eigenberg) e il figlio avuto con lui, Brady, Miranda si era trasformata in una persona molto più completa e aperta emotivamente pur rimanendo fedele a se stessa, alle proprie credenze ed anche rigidità. Da And Just Like That, Miranda non l'abbiamo più riconosciuta. Per il suo smarrimento tra un inizio (mal narrato) di alcolismo e questa sua virata queer, l'abbiamo quasi rinnegata e ridicolizzata. Nella stagione 2, sin dai primi episodi, la vediamo ancora fallire e reinventarsi ogni giorno e così facendo, prendere meritatamente quota e riprendersi di diritto nuovamente il primato di personaggio dal miglior percorso all'interno dello show. Il cammino di Charlotte (Kristin Davis) e di Carrie continua ad essere una versione edulcorata e glamorizzata della realtà, Miranda si mostra letteralmente ed emotivamente nuda e il suo percorso per trovare la nuova se stessa è uno dei punti focali di questa seconda stagione.
Norman Rockwell
Già nella prima stagione di And Just Like That..., il nome del pittore Norman Rockwell era stato pronunciato da alcuni dei protagonisti dello show perché i siparietti/quadretti che la serie metteva in scena evocavano, a detta dei suoi stessi personaggi, un dipinto di questo artista fondamento della storia dell'arte statunitense. Cosa dobbiamo capire dunque? Che il regista e sceneggiatore Michael Patrick King attraverso i suoi personaggi ci sta dicendo che questa stagione è dedicata alla messa in discussione di queste aspettative di perfezione Rockwelliane. A partire da Charlotte che di facciata si alimenta costantemente, tutti i personaggi devono uscire allo scoperto, guardarsi allo specchio e rendersi conto di essere umani, fallibili oltre una categorizzazione di sé. Anche Che Diaz e tutte le loro regole mascherate da libertà sulla non binarietà, si scopriranno in un oceano di incertezze.
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Come era stato per i migliori episodi di Sex and The City, i protagonisti si siedono ad un tavolo e si fanno domande: se per una volta in 40 anni di vita ti sei innamorata di una donna (che poi non si identificava neanche come tale) vuol dire che sei lesbica? Bisessuale? Fluida? Va bene che tua figlia voglia raccontarti della propria vita sessuale o è meglio relegare certe cose al non detto della propria intimità? E ancora, il tempo cura veramente tutte le ferite? Si può tornare ad amare, vivere una relazione dopo aver perso la propria anima gemella? Quando ci si considera vecchi per qualcosa? Sono queste alcune delle domande a cui And Just Like That prova a rispondere, con la consapevolezza che il mondo degli appuntamenti a New York è ancora uno "shitshow" e che probabilmente, per chi li cerca, gli unici uomini etero liberi in città li si può incontrare ai film Marvel oppure alla banca del seme.
Conclusioni
A fine recensione di And Just Like That 2, in onda dal 22 giugno su Sky e Now, ribadiamo che questa seconda stagione del sequel dell’iconico Sex and the City lavora a consolidare le dinamiche del nuovo gruppo attorno al trio di superstiti Carrie, Miranda e Charlotte e si rilassa. C’è finalmente spazio riprendere il discorso intrapreso con SATC ma mai del tutto ripreso da AJLT, la libertà di fallire e farsi delle domande, a volte convenzionali, a volte politically correct ed a volte invece scomode, classiste, giudicanti, depresse, disperate. Se il ritorno di Aidan o quello flebile di Samantha sposterà la bussola nel lungo periodo sarà poi compito quello delle riflessioni che faremo a stagione 2 avviata e assestata.
Perché ci piace
- Consolida il nuovo gruppo attorno al trio Carrie, Miranda e Charlotte.
- Si libera della paura di violare il politically correct e si permette di fare errori.
- Torna a far divertire con siparietti degni di Samantha.
Cosa non va
- Rimane, piaccia o no, su binari già visti, prendere o lasciare.
- I percorsi di Charlotte e la stessa Carrie non osano mai troppo, lasciando tutto nelle mani di Miranda.