Ami Codovini e Nathalie Rapti Gomez sanno che Presto farà Giorno

Le due attrici raccontano l'esperienza sul set del film d'esordio di Giuseppe Ferlito

La prima ha venticinque anni, viene da Perugia e ancora poche esperienze nel mondo del cinema. Il che, però, non le proibisce di mettere le basi per un futuro a stelle e strisce vista la sua perfetta conoscenza dell'inglese. La seconda, invece, è di nascita colombiana con origini greche ed nota al pubblico televisivo soprattutto per la sua partecipazione a delle serie popolari come R.I.S. - Delitti imperfetti, L'ispettore Coliandro, Sangue Caldo e Baciamo le mani - Palermo New York accanto a Sabrina Ferilli. Stiamo parlando di Ami Codovini e di Nathalie Rapti Gomez, entrambe nell'esordio alla regia di Giuseppe Ferlito Presto farà giorno, in sala dal 20 marzo. Nel film interpretano rispettivamente un'adolescente ricoverata in una clinica per dei problemi di droga ed una psicologa che, facendo leva sulla sua professionalità, non ammette variazioni al protocollo e alle regole. E mentre Ami attende di avere notizie certe da Los Angeles per un documentario e Nathalie l'uscita nelle sale di Romeo and Juliet di Carlo Carlei, ci parlano di questa esperienza comune.

Provini e dintorni

Si sa che il casting rappresenta la gioia e il dolore di molti attori. Ma, sia che si voglia entrare in una produzione internazionale che in un film indipendente, la selezione è alla base della riuscita del progetto stesso. Lo sa perfettamente Ami Codovini, protagonista di Presto farà giorno che, per ottenere la parte della controversa Mary ha dovuto impegnarsi molto. "Ci sono stati molti provini e altrettanti colloqui fino a che mi è stato comunicato che sarei stata Mary. Sapevo che avrei dovuto rendere il personaggio nella maniera più realistica possibile e tirare fuori il meglio di me stessa. Ad essere sincera sono stata messa veramente alla prova, ma ho provato un'emozione incredibile quando il regista mi ha abbracciato e ringraziato per avergli fatto vedere concretamente la sua Mary. "Lo stesso iter per Nathalie Rapti Gomez e per la sua psicologa tutta d'un pezzo. "Sono arrivata al film di Giuseppe attraverso delle audizioni. Credo che lui mi conoscesse già per alcuni miei lavori televisivi ma non mi ha scelto in base a questi. Così, dopo la normale trafila di colloqui mi è arrivata la fatidica telefonata."

Primo incontro

Attraverso la lettura della sceneggiatura avviene il primo scambio di sguardi tra l'interprete e il suo personaggio. In quel momento un attore comprende come impadronirsi di quella personalità e, soprattutto, se riuscirà ad amarla. E tra Mary ed Ami è stato decisamente amore a prima vista. "L'ho adorata immediatamente perché si tratta di una ragazza semplice. Non è una delle solite adolescenti concentrate solo sull'aspetto, ma è dotata di una naturalezza affascinante. Poi ho provato anche molta tenerezza per lei e, soprattutto, per il fatto che fosse sola con la madre senza una figura paterna. E' come se avessi voluto starle vicino provando anche un sentimento di angoscia per il suo disorientamento. Insomma, è stata capace di evocare in me molte emozioni e la volevo mia. Volevo dargli un volto e una voce, lasciando che il pubblico si innamorasse di lei." Nathalie, invece, ha affrontato una sfida quasi personale, considerato il naturale sospetto che nutre nei confronti degli psicologi. " Dovevo rappresentare una dottoressa ligia alle regole e al protocollo, per cui è difficile comprendere che esiste una vita alternativa alla cure dei suoi pazienti. Indossare il camice, però, non è stato difficile, visto che nella vita professionale come in quella personale mi è capitato più volte. Mio padre è un farmacista e quando torno in Grecia lo aiuto molto volentieri nel suo lavoro, avendo anche studiato medicina per qualche anno a Londra. Con la figura dello psicologo, però, ho qualche problema. Con questo non voglio dire di non stimare o considerare il valore di chi si prende cura di alcune malattie, ma ho sempre il timore che, alla fine di tutto, tendano a manipolarti." Le sfide dell'attore
Ma interpretare un'adolescente con problemi di droga e un'avversione per i legami famigliari non è così semplice come sembra. "Molte caratteristiche di Mary mi hanno messo paura - ammette Ami - Io sono una persona precisa, che tende ad avere dei rapporti fondamentali con la propria famiglia e gli amici. Entrare in quel mood di solitudine totale, invece, e di rifiuto per la madre mi ha spaventato. Sono convinta però che sia giusto mettere alla prova se stessi con ruoli che ti disorientano perché si ottiene un'evoluzione personale importantissima. Amo questo lavoro proprio perché è una crescita continua. " Per la Gomez, invece, la difficoltà maggiore era riuscire a costruire un ruolo che fosse immediatamente riconoscibile nonostante un tempo limitato in scena. "Credo che prima di tutto bisogna comprendere il mood del film. Ma questo vale sia che ci si trovi di fronte ad un ruolo da protagonista che ad uno più circoscritto. Personalmente mi trovo sempre in difficoltà a spiegare come preparo un personaggio. Indispensabile è il dialogo con il regista, visto che è lui ad avere chiara la visione d'insieme e a conoscere l'effetto che sta ricercando. Per quanto mi riguarda, poi, mi piace costruire tutto il background del personaggio. Immagino il suo passato ed anche il futuro. E l'ho fatto anche in questo caso. Per il resto posso dire che amo questo lavoro proprio perché ti permette di confrontarti con delle personalità diverse. Adoro l'idea di mettere costantemente alla prova me stessa, di piegare il mio corpo e il mio aspetto alle esigenze del progetto. Non ho alcun problema a fare questo, anzi. " Osservare la malattia
Nel momento in cui viene ricoverata in una clinica specializzata dove entra in contatto con un'umanità sofferente, Mary conosce una realtà fino a quel momento invisibile ed anche Ami, passo dopo passo, ha dovuto prendere confidenza con delle emozioni sconosciute. "Mio padre mi ha accompagnato in alcuni conventi dove c'erano dei casi con problematiche comportamentali. Lì ho cercato di osservare senza chiedere o informarmi perché non volevo invadere il loro mondo. E guardando ho semplicemente vissuto prima quella sensazione di inadeguatezza che avrei dovuto riportare sul set."