Il flashback che apre il penultimo episodio della prima stagione di American Horror Story ci riporta indietro al 1984, l'anno dopo che Constance aveva fatto fuori suo marito e Moira, e offre una nuova incursione nella complessa storia della casa più infestata d'America. Constance si ritrova (forse) sola, piena di debiti e con i figli a cui badare: tra cui il piccolo Tate, che vediamo impegnato a giocare e ad avventurarsi nel famigerato scantinato della Murder House, dove incontra Nora, che lo salva dalle grinfie dell'orrido Thaddeus, e gli insegna amorevolmente a cacciare via i fantasmi, qualora si presentino al suo cospetto per infastidirlo. "Vai via!": questa è la semplice formula che serve ad allontanare presenze non gradite, ed è anche la frase che chiude la sequenza finale di questo undicesimo episodio della serie di Ryan Murphy e Brad Falchuk, incentrata su una nascita molto attesa - quella dei due bambini di Vivien - ma anche su una serie di incantesimi, e del modo in cui possono funzionare o spezzarsi. E come vedremo non si tratta solo di incantesimi strettamente legati al mondo dell'occulto, ma anche quelli più "terreni" che consentono ai rapporti umani di funzionare e andare avanti.
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Nel frattempo Ben va a prelevare Vivien dalla struttura psichiatrica in cui era stata ricoverata erroneamente nelle scorse settimane, ma vuole che Violet lo accompagni. La ragazza, come possiamo immaginare è recalcitrante e si lascia trascinare a fatica fuori dalla Casa, per poi sparire dai sedili posteriori dell'auto di Ben, quando questi mette in moto la vettura.
Una volta rientrata in casa, la ragazza si confronta con Chad e Patrick, che stanno decorando la stanza che ospiterà i due gemelli, quando nasceranno. Anche loro sono determinati ad appropriarsi dei due neonati, e hanno grandi, spaventosi, progetti per l'eternità che li aspetta insieme a loro. Violet chiede aiuto a Constance e suggerisce di chiedere l'intervento della medium sua amica, quella Billie Dean che alla fine si rivela essere una ciarlatana come tante. Quest'ultima infatti, dopo aver elencato le numerose energie negative che impregnano le stanze della Murder House, suggerisce a Violet di seguire l'esempio di un capo tribù indiano, che riuscì a liberarsi degli spettri della Colonia dell'isola di Roanoke, semplicemente bruciando i loro effetti personali e affrontandoli con una semplice parola magica: Croatoan!
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In serata, quando Violet incontra Chad nel seminterrato, e prova a liberarsi di lui bruciando l'anello di Patrick e il suo costoso orologio, questi non solo non sparisce e la ridicolizza, ma le spiega che certi "rituali" - che si tratti di bruciare oggetti o rami di salvia - non servono a nulla. Meglio bruciare il legno delle cullette, visto che lui e Patrick non saranno mai una famiglia. Violet quindi può stare tranquilla, perchè i due ex-inquilini gay non nutrono più ambizioni genitoriali sui bambini in arrivo, ma deve stare attenta a Tate - come le spiega Chad - perchè è stato e resterà sempre un mostro che ha ucciso i suoi compagni di classe, lui e il suo compagno ed ha anche stuprato Vivien.
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Si intuisce infatti che il parto avrà conseguenze drammatiche nel momento in cui vediamo Vivien assistita dal dottor Montgomery, di cui conosciamo l'approccio "creativo" ma distruttivo alla sua professione. Il primo bambino - il più piccolo dei due - nasce morto, e viene consegnato a Nora, mentre l'altro - "il bambino più bello che abbia mai visto", come osserva Moira - viene affidato alle cure di "nonna" Constance, prima che arrivi anche Hayden a reclamarne la proprietà.
Nel frattempo Vivien muore sotto i ferri, a causa di una grave emorragia che Montgomery non riesce ad arrestare, sotto lo sguardo addolorato di Ben e quello compassionevole di Violet, con la quale si ricongiungerà pochi minuti dopo, dopo che la ragazza avrà affrontato in via definitiva Tate, rinfacciandogli la sua natura mostruosa e respingendolo come farebbe con qualsiasi apparizione terrificante.
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