Si chiude con un'intervista televisiva la seconda stagione di American Horror Story, anche se di fronte alle telecamere non ci sono Ryan Murphy e Brad Falchuk, ma Lana Winters, che ai giorni nostri è una signora ormai anziana, che fa persino fatica a camminare, ma come vedremo, dimostra ancora una tempra d'acciaio, e soprattutto si dimostra più disponibile a svelarsi e raccontarsi per quello che è in realtà, senza troppi filtri. Lana ha ancora il suo caratterino, un entourage a sua disposizione, una compagna più giovane e con la bella giornalista che si accinge ad intervistarla - in occasione di un evento molto importante - non ha intenzione di parlare ancora una volta di BloodyFace, ma preferisce concentrarsi su quello che ha fatto per far chiudere il Briarcliff Manor. Facciamo un passo indietro nel tempo, e ritroviamo Lana nei locali del manicomio - nel quale si è introdotta abusivamente - per cercare Jude, in una folla di pazienti che adesso sono davvero in stato di abbandono. Se gli episodi di Asylum finora andati in onda non avevano certo mostrato uno scenario idilliaco, stavolta le telecamere che Lana ha portato con sè indugiano su una situazione di degrado davvero terrificante, con pazienti lasciati a mangiare da soli, mezzi nudi, e in condizioni disumane. Quando però Lana torna a cercare Jude, per portarla via da lì, scopre che la donna non è più lì, ma è stata affidata a Kit Walker. Ovviamente Lana si reca da Kit con tanto di telecamere al seguito, sperando in un'altra storia da raccontare, ma dovrà rassegnarsi a parlare con lui senza poter registrare nulla.
L'espediente dell'intervista televisiva utilizzata per questo Madness Ends, episodio finale della seconda stagione di American Horror Story, è sicuramente un modo poco macchinoso di chiudere le ultime storyline di Asylum, e viene sfruttato in modo da concedere al pubblico ancora qualche sorpresa. Scopriamo che Kit ha fatto visita numerose volte a Jude, e alla fine l'ha portata a casa, con la speranza di offrire una figura di riferimento femminile ai suoi bambini, ormai rimasti senza le loro mamme. Certo, la sua permanenza in casa Walker non è tutta rose e fiori: prima deve disintossicarsi da tutti i farmaci che le somministravano al Briarcliff, e anche dopo, Jude ha dei momenti di rabbia davvero incontenibile. Ma per fortuna Nana - così la chiamano i bambini - può contare sui suoi nipotini acquisiti, due bambini davvero "speciali" - d'altronde sappiamo che non sono del tutto terrestri - che le resteranno accanto fino alla fine dei suoi giorni. Persino Kit sa bene che i suoi figli sono destinati ad un grande avvenire, ma anche lui non vivrà abbastanza per vedere Thomas e Julie diventare rispettivamente un professore universitario e un neurochirurgo. E la fine di Kit, osserva Lana, è avvenuta in circostanze decisamente strane, visto che lui era malato di cancro al pancreas, e ormai prossimo alla fine, e non è morto nel suo letto, come ci si sarebbe aspettato, ma è svanito nel nulla. In uno dei grandi bagliori di luce bianca che gli spettatori di Asylum ormai conoscono bene.
Gli ultimi giorni di Jude sono forse la parte più toccante di questo episodio, del quale vanno segnalate oltre alla regia e alla sceneggiatura - firmate da Alfonso Gómez-Rejón e Tim Minear - anche la fotografia di Michael Goi, soprattutto per quanto riguarda le scene con i reportage degli anni Settanta firmati dalla Winters, e l'ottimo lavoro sui costumi. Ma Madness Ends ha ancora qualcosa in serbo per il pubblico del serial, e dopo aver chiuso rapidamente la storyline del Cardinale Howard - che messo alle strette proprio da Lana, in merito alle sue responsabilità sugli orrori del Briarcliff, decide di togliersi la vita - approda rapidamente al confronto finale, atteso sia da Johnny Morgan che dagli spettatori.Durante le riprese dell'intervista, Lana chiede un bicchiere d'acqua e viene servita da un uomo che lei sembra riconoscere immediatamente. Johnny ha trascorso gli ultimi anni della sua vita al Briarcliff, ascoltando la versione in audiobook del libro di sua madre e immaginando di essere ancora una volta tra i suoi genitori: una madre che lo considera un abominio, e un padre che invece si dice disposto ad amarlo. Johnny e sua mamma si sono incrociati solo una volta, nell'arco della vita di lui: quando la giornalista, ad un certo punto, cercò di capire che fine avesse fatto il bambino, e lo difese dalle vessazioni di un bullo più grande di lui, nel giardino di una scuola.
Una volta congedata la troupe televisiva, Lana chiama Johnny, che per tutto il tempo è rimasto nascosto in un'altra stanza, ad ascoltare le ultime rivelazioni di sua madre - che ha ammesso, dopo tanti anni, di non aver abortito, come aveva raccontato nel libro, ma di aver dato il piccolo in adozione - e mentre siamo certi che Johnny farà fuori l'anziana scrittrice, come si era ripromesso da anni, lei riesce a "ipnotizzarlo" con parole materne - quelle che a Johnny sono sempre mancate - e alla fine lo uccide a sangue freddo. Prima che si chiuda l'ultima pagina di questa seconda American Horror Story, torniamo ancora una volta indietro nel tempo, a quando Lana e Jude si erano incontrate al Briarcliff, e l'incubo doveva ancora iniziare: "Si ricordi che quando guarda negli occhi del diavolo, il diavolo guarda nei suoi" - sentenzia Jude, nel commentare l'ambizione della giovane reporter che è venuta a farle visita, e non c'è altra frase che potrebbe sottolineare un'esistenza come quella di Lana, sicuramente segnata dagli eventi che le sono capitati, ma che non ha avuto esitazione a guardare negli occhi del demonio, anche più di una volta.
In conclusione, va detto che per quanto questa seconda stagione abbia avuto i suoi momenti di incertezza narrativa e stilistica - ci riferiamo soprattutto agli episodi Unholy Night e The Coat Hanger - possiamo dire che si è mantenuta sugli stessi livelli qualitativi della precedente, dimostrandosi anche più coraggiosa per quanto riguarda i temi trattati e gli scenari. Il Briarcliff Manor è molto meno rassicurante, come scenario, rispetto a Casa Harmon, e anche la storia dell'edificio stesso è molto più pesante, rispetto alla precedente. Nonostante questo però, gli autori non ci hanno fatto mancare quell'ironia camp che da sempre è il segno distintivo della serie, per alleggerire un po' certe situazioni con coreografie coloratissime (The Name Game), strizzate d'occhio ai cult di De Palma e Hitchcock, e una pioggia di situazioni scottanti che non sarebbero state altrettanto gustose senza la "diavolessa" Suor Mary Eunice. Il vero punto di forza di Asylum però, non è tanto nella storia del Briarcliff, ma nel modo in cui sono stati costruiti e interpretati i personaggi: se Jessica Lange non è stata certo una sorpresa, in questa occasione anche gli altri interpreti saranno ricordati per le prove che hanno offerto: Sarah Paulson - una Lana Winters ambiziosa e gelida, persino a tratti un po' "diva", ma fondamentalmente umana - ed Evan Peters, da cui ci si aspettava un altro personaggio come Tate, e al quale invece ha dato un'altra caratterizzazione, in modo particolare verso la seconda parte della stagione. Ma soprattutto il vero punto di forza di Asylum è nella ricostruzione degli anni in cui si svolgono le vicende narrate, e del loro confronto - a tratti spiazzante - con l'epoca che stiamo vivendo.
Ma adesso è tempo di voltare pagina, e prepararci ad immergerci in un'altra storia, un altro orrore americano, che dagli indizi sembra proprio che sarà incentrato sui concetti di fama e celebrità, ai quali sarà affiancata una love story struggente, che come hanno già anticipato gli autori, vivremo sugli scenari di tre città diverse.