A volte, c'è un momento preciso in cui lo spettatore realizza con relativa precisione la natura del film che sta guardando e soprattutto come e in quale misura sia necessario livellare le proprie aspettative in merito. Nel caso di American Assassin tale momento arriva dopo appena una manciata di minuti, cioè poco prima che l'idillio romantico fra una coppia di giovani fidanzati su una spiaggia di Ibiza sia frantumato all'improvviso, e che un luogo di divertimento e spensieratezza si trasformi in un inferno a cielo aperto.
Un colpo di scena? Non proprio: dalla musica di Steven Price, che anticipa l'imminente twist narrativo, alla facile individuazione del cliché d'ordinanza (l'incipit con un matrimonio che "non s'ha da fare" perché uno dei promessi sposi ci lascia subito le penne), non sono certo una sorpresa i primi colpi di fucile esplosi fuori campo, né tantomeno l'irruzione di un manipolo di terroristi inferociti impegnati a fare mattanza sul bagnasciuga (l'unica sorpresa, semmai, è intravedere ai piedi dei suddetti terroristi pure dei non troppo pratici sandali).
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The Rapp identity: un nuovo super-agente
Ecco, potrebbe bastare questo prologo, inclusa la sequenza d'apertura con proposta di matrimonio ripresa tramite smartphone, per farvi un'idea di American Assassin, ovvero uno di quei film realizzati secondo tutti i paradigmi dell'action-movie di medio livello e senza particolari pretese sul piano estetico. Trasposizione dell'omonimo romanzo di Vince Flynn, appartenente alla serie incentrata sul personaggio di Mitch Rapp, American Assassin segue la metamorfosi del protagonista prima in una sorta di "giustiziere fai-da-te", impegnato a rintracciare i terroristi omicidi infiltrandosi nei forum di internet dedicati alla Jihad, e in seguito in una macchina mortale al servizio della solita CIA: insomma, un super-agente impiegato per missioni super-segrete, nonché dotato di straordinarie abilità nell'investigazione e nel combattimento.
Mitch Rapp, si sarà capito, è dunque l'ennesimo epigono di Jason Bourne, costruito su quel radicato modello tipologico di eroe del genere action; e alla prima scelta dei produttori, Chris Hemsworth, è subentrato in seguito il venticinquenne Dylan O'Brien, noto finora al pubblico per la saga distopica di Maze Runner - Il labirinto. Al suo fianco, in un'adrenalinica avventura che si dipana fra vari angoli del globo, abbiamo Stan Hurley, ex membro dei Navy SEAL con la funzione di fare da mentore al ragazzo e di mitigare il suo comportamento irruento e refrattario alle regole: un ruolo affidato al veterano Michael Keaton, che in un paio di occasioni si concede la libertà di gigioneggiare a ruota libera - come quando (spoiler!) strappa l'orecchio di un nemico a morsi, à la Mike Tyson, per poi sogghignare mefistofelico mentre il sangue gli cola sul mento.
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Bombe atomiche a... Corviale?
Il resto, senza necessità di scendere nei dettagli, è più o meno quello che si potrebbe presumere di trovare all'interno di un film di Steven Seagal (fingendo per un attimo di aver visto almeno un film di Steven Seagal): abbondanti dosi di azione e di furibondi corpo a corpo, funamboliche irruzioni in appartamenti gremiti di scagnozzi con il mitra spianato, minacciosissimi piani criminali in cui ci sono di mezzo - e come potrebbe essere altrimenti? - i russi e le loro armi nucleari, (finti) buoni che fanno il doppio gioco con gli altri buoni, cattivi (veri) che fanno il doppio gioco con gli altri cattivi, conti alla rovescia che decideranno all'ultimo secondo le sorti di almeno un emisfero del globo. Insomma, tutti gli ingredienti del filone di riferimento, mescolati senza troppa attenzione alle sfumature da Michael Cuesta: un regista ormai lontano anni luce dal pluripremiato esordio in area indie con L.I.E., e più convincente in campo televisivo (nel suo curriculum, diversi episodi di Dexter e Homeland) che non nei suoi cimenti cinematografici (il suo film precedente era il malriuscito La regola del gioco).
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E nella sua carenza di ambizioni, preso come puro divertissement, un prodotto quale American Assassin potrebbe pure andar bene, se solo mostrasse una scintilla di quella consapevolezza autoironica che ha fatto la fortuna del genere fra gli anni Ottanta e Novanta. La pellicola di Cuesta, invece, ha il difetto di prendersi tremendamente sul serio nel proprio tentativo di imitare i fasti di Jason Bourne & company: assai difficile, però, accettare tale serietà al cospetto di personaggi privi di qualunque spessore drammatico, uno spessore che vada al di là dell'abusato desiderio di vendetta dell'eroe di turno. E quando poi scopriamo che il quartier generale del terrorismo internazionale, il luogo dove sono custoditi i consueti ordigni nucleari, è nientemeno che il quartiere romano di Corviale, ecco dissolversi pure gli ultimi barlumi di serietà. Nelle intenzioni dei produttori, sarebbe stato il film capostipite di una nuova saga multimilionaria: dati alla mano, questo American Assassin si accinge a rimanere invece un singolo, dimenticabile episodio.
Movieplayer.it
2.0/5