C'è un momento, in Alien, in cui la comunicazione fra Ellen Ripley e Mother (in italiano Mater), il computer di bordo, cessa di funzionare. La protagonista sta seguendo le istruzioni per disattivare la funzione di autodistruzione della Nostromo, l'astronave che finora aveva accolto l'equipaggio; "Mother, ho riacceso l'unità di raffreddamento. Mother!". Ma Mother non sembra sentirla: anzi, risponde ripetendo che "la nave si distruggerà automaticamente tra T meno cinque minuti". È proprio in questo momento del film che la rottura del legame fra essere umano (donna) e intelligenza artificiale, ma soprattutto fra madre e figlia, trasforma Ellen Ripley nell'eroina del film mentre urla "You... bitch!" al monitor del computer, distruggendolo con un getto del lanciafiamme.
Oggi, a distanza di quarant'anni, la scena appare quasi ordinaria e il temperamento del personaggio parte di una serie di tratti che sono propri e distintivi della tipica figura eroica dell'action movie. Eppure è nel grembo dell'horror, e non dell'azione, che Alien viene concepito ed è in mezzo a un plotone di eroi maschi - sia prendendo in considerazione il cinema coevo, nella sua interezza, e sia la maggioranza dei membri del suo equipaggio - che Ripley, una donna, riesce a stabilire nuove regole per almeno tre generi cinematografici.
Alien, lo slasher horror nello spazio profondo
Alien ha cambiato il volto della fantascienza, ma sarebbe errato concludere che abbia modificato con uguali esiti quello dell'orrore. È invece vero il contrario, e cioè che O' Bannon fu in grado di intercettare i mutamenti già in atto nel genere e di trapiantare i nuovi meccanismi all'interno dello spazio cosmico, ambiente sci-fi deputato all'esplorazione dell'ignoto. La novità risiede nella sradicazione di questo concetto: non v'è alcuna esplorazione quanto, piuttosto, una fuga continua e la lotta per la sopravvivenza contro un predatore perfetto. Il critico David Thompson analizza l'opera in The Alien Quartet ed evidenzia alcune somiglianze fra i film haunted house e Alien, sottolineando diverse analogie fra la casa infestata e l'astronave presa in ostaggio dallo xenomorfo, ma anche il senso di attesa del terrore che è proprio di quel gothic horror, e meno ricorrente nella fantascienza. Tuttavia è dallo slasher horror che il film di Scott attinge a piene mani, affidando all'alieno il ruolo di villain e a Ripley quello di ultima sopravvissuta della carneficina. Fra l'arrivo del primo e l'evasione della protagonista c'è un ritmo scandito dal generoso bodycount che porta tutti i personaggi a perire per mano della minaccia che si è insidiata e insediata in "casa" loro. Eppure la grande differenza fra Non aprite quella porta, _ Black Christmas , _ Reazione a catena_ (nel 1965 Mario Bava realizza anche Terrore nello spazio, di cui Alien è epigono) e Halloween, rispetto ad Alien, non è sintetizzabile nell'ambientazione e nei personaggi, quanto piuttosto nel livello di rispetto accordato all'horror con l'uscita di Alien: è la prima volta che uno slasher vede la luce grazie a un grande studio di produzione e di distribuzione, l'allora 20th Century Fox.
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Storia di madri buone e madri cattive?
Se ricordiamo il personaggio di Ellen Ripley pensiamo alla madre che divenne in Aliens - Scontro finale, sequel che porta la firma di James Cameron e a cui si deve anche il consolidamento dell'eroina come simbolo femminile del cinema d'azione. In tal senso, Aliens precede Terminator 2 - Judgement Day (1991) e Ripley appiana la strada per Sarah Connor: nel sequel di Terminator il personaggio interpretato da Linda Hamilton ha potuto esprimersi al massimo delle sue potenzialità grazie alla presenza, prima di lei, della "nuova" Ripley. Entrambe donne, entrambe madri, entrambe in lotta contro un nemico non umano (ma dalle caratteristiche maschili fortemente pronunciate) ed entrambe armate per proteggere con la vita la propria prole. Una serie d'idee scaturite da un immaginario collettivo legato alla maternità si dispiega quando si parla di Ripley, che però non è sempre stata madre. Nel film di Scott, all'origine di tutto, il personaggio era solo una figlia: Mother, che ne fa le veci, la partorisce in maniera indolore nell'ambiente luminoso e asettico della Nostromo insieme ai suoi "fratelli" (e all'unica sorella, Lambert). Al contrario, le uova disseminate nel grembo umido dell'altra astronave, quella ritrovata abbandonata sul pianeta sconosciuto da cui proviene il messaggio di soccorso, suggeriscono che, da qualche parte, potrebbe esserci una madre fatta come loro: fatta, cioè, di materiale organico. Quando poi Kane (John Hurt) verrà aggredito dalla sconosciuta creatura, riportandola a bordo della Nostromo e violando il protocollo di quarantena, lo spazio dapprima sicuro dell'astronave-casa diventa pericoloso e non più affidabile. Tutto ciò che accade dopo è la rappresentazione dell'incubo primigenio della "madre sadica", fondato sulla paura primordiale di una madre che, dopo aver ospitato e nutrito i suoi figli, desidera nutrirsene a sua volta. A confermare ancora il collegamento diretto e atavico fra l'orrore e le fiabe (Hansel e Gretel), molte opere horror avevano già adoperato questo archetipo (in Psycho la madre ingloba il figlio a livello psichico, per citarne uno) ma mai con il linguaggio e il simbolismo esplicito che Alien utilizza: la madre è davvero MOTHER, quindi pochi dubbi sulla metafora.
La nuova final girl: Ellen Ripley
Mother, quindi, tradisce la sua prole. Prima ne assume il controllo e, applicando l'autoritarimo di una figura genitoriale, obbliga gli occupanti della Nostromo ad adempiere alla procedura d'indagine sul segnale misterioso. Poi, in un secondo momento, punisce i suoi stessi figli per il loro comportamento sbagliato (la scelta di far tornare Kane a bordo) ospitando una creatura sconosciuta per ucciderli. Ed Ellen Ripley? In quanto final girl di questo slasher, Ripley è autorizzata ad avvertire il pericolo prima di tutti gli altri: è infatti l'unico personaggio che si oppone alla scriteriata scelta di far risalire Kane dopo l'aggressione del facehugger, perché consapevole dei rischi che ciò comporterebbe per l'equipaggio. È anche colei che esplora e scopre, mentre gli altri muoiono: scopre, in particolare, che Ash (Ian Holm) è incaricato di riportare l'alieno sulla Terra illeso, anche a costo del sacrificio di tutti. Nella traiettoria evolutiva del tropo narrativo della final girl, dunque, Ripley costituisce un tassello importantissimo: è la prima a salvarsi non più grazie a terzi (spesso uomini) o al caso, bensì grazie ad abilità intellettive e fisiche che la pongono al di sopra dei suoi "fratelli" maschi, per intelligenza e astuzia, e meritandosi eroicamente il duello finale con un cattivo che è abile almeno quanto lei. Sarebbe stato difficile per la scaltra Nancy Thompson, di Nightmare, o per la brillante Sidney Prescott, di Scream (entrambe figlie di Wes Craven, non a caso) esistere senza il fondamentale precedente di Ripley nella storia dello slasher e delle sue figure femminili, spesso confinate a una storia di sola sopravvivenza.
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La figlia ribelle della madre sadica
Il percorso intrapreso da Ripley in Alien è una sorta di viaggio dell'eroe e dell'eroina insieme (inizialmente il personaggio era stato pensato per essere di sesso maschile), addirittura riproposto e rafforzato dalla sua evoluzione nel corso dell'intera saga. Nel contesto del film di Scott è facile identificarne le tappe, con il risveglio dall'ipersonno come situazione ordinaria e il messaggio di soccorso a segnare la chiamata all'avventura. Ciò che stupisce è l'abilità di O'Bannon nell'aggirare la prevedibilità dello schema con l'incertezza su chi sia, precisamente, l'eroe. Non vi sono chiari indizi finché non è chiaro quale sia l'approccio alla "caverna più recondita", ossia la fase del viaggio in cui il/la protagonista scopre che ci sono pericoli ben peggiori di quelli finora affrontati. In Alien questo momento è sintetizzato nella scena in cui Ripley scopre la missione segreta dell'androide Ash. La rivelazione giunge allo spettatore enfatizzata da altre due rivelazioni: la prima è quella della mendacità del mentore Ash; la seconda è quella del genere dell'eroe, che è una donna. In più, Ripley è la figlia che si ribella alla madre sadica: mentre tutti gli altri membri dell'equipaggio periscono nel tentativo di salvarsi, Ripley è l'unica che cerca la soluzione al problema nella contraddizione, alla base, dell'ordine imposto da Mother. Quale madre concederebbe a sua figlia solo cinque minuti per fuggire? "You bitch!" è l'esclamazione che accompagna la distruzione del computer e che concretizza l'effettiva separazione dal materno, che dopo il tradimento non può più essere un punto di riferimento per i suoi figli. È così che Ellen Ripley si trasforma in un'eroina.
Ripley, eroina femminista e icona del cinema di genere
Si tende spesso a fraintendere il tropo della final girl nello slasher, affidandole (forse troppo generosamente) il ruolo di eroina in base all'esito della sua fuga. Non è il caso di Ellen Ripley, attraverso cui Alien e la presenza di Sigourney Weaver davvero decostruiscono la figura della sexy scream queen dell'horror: sin dalle prime scene, in cui il personaggio si confronta con gli altri membri dell'equipaggio, è chiaro che il primo nemico da abbattere sono le convinzioni di uomini che affermano le proprie idee non tramite la loro giustificazione, bensì attraverso la sicurezza a loro data dal genere d'appartenenza. Ironicamente ne risulta uno sterminio che risparmia solo Ripley, i cui suggerimenti erano stati invalidati dai colleghi maschi. È vero, c'è poi l'indulgenza di Scott nel dare in pasto allo spettatore il corpo di Sigourney Weaver nella celebre scena all'interno della scialuppa, che oggi non verrebbe mai realizzata (o non allo stesso modo, comunque). Eppure, persino in ciò che potrebbe apparire come una scelta registica gratuita è insita la volontà di cambiare gli schemi, rompendo la correlazione che c'è fra corpo femminile e tropo. A essere uccisa, in Alien, è la "casta" Lambert. La nudità della final girl Ripley, che non ha neppure un legame sentimentale, è invece casuale. È addirittura funzionale, se pensiamo al contesto in cui appare. Ripley se ne serve soltanto per rivestirsi nuovamente, stavolta dell'"armatura" con cui affronterà lo xenomorfo. Quello dalla biancheria intima all'ingombrante tuta spaziale, che la desessualizza subito dopo, è un passaggio che emblematizza la coesistenza fra femminile e maschile che è richiesta all'eroina per essere tale, oltre che per essere adulta. Inoltre è un'attestazione: è evidente che sia un essere umano (e non un alieno) e una donna (non un uomo) a battere questo mostro.