Arriva su Sky Cinema e Now Tv in due parti, il 21 giugno e il 28 giugno, Alfredino, serie in quattro puntate di Marco Pontecorvo scritta da Barbara Petronio e Francesco Balletta, che racconta la storia di Alfredo Rampi, bambino di sei anni caduto in un pozzo artesiano vicino Frascati, lungo la via di Vermicino, il 10 giugno 1981. Dopo tre giorni di tentativi per salvarlo, Alfredo Rampi morì in fondo a quel buco a 60 metri di profondità, il tutto ripreso dalle telecamere della RAI, che trasmise non stop le ultime 18 ore del caso.
Anna Foglietta e Luca Angeletti interpretano i genitori di Alfredo, Franca e Ferdinando Rampi, che in seguito a questa tragedia senza senso si sono impegnati per far nascere la Protezione Civile, istituita nel 1990. Nel ricco cast figurano anche Francesco Acquaroli, nel ruolo del comandante dei Vigili del fuoco Elveno Pastorelli; Vinicio Marchioni, ovvero Nando Broglio, il vigile del fuoco che fece compagnia ad Alfredo in quelle ore, Beniamino Marcone, ovvero Marco Faggioli, un altro vigile del fuoco, Giacomo Ferrara e Daniele La Leggia, che sono Maurizio Monteleone e Tullio Bernabie, gli speleologi che tentarono di tirare fuori il bambino, e Valentina Romani, ovvero Laura Bortolani, geologa. Massimo Dapporto è invece il Presidente della Repubblica Sandro Pertini.
Abbiamo parlato di Alfredino con gli attori, Vinicio Marchioni, Francesco Acquaroli e Beniamino Marcone, raggiunti in collegamento Zoom.
La video intervista a Vinicio Marchioni, Francesco Acquaroli e Beniamino Marcone
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Alfredino e l'empatia
Nella serie c'è un momento in cui uno dei curiosi accorsi a Vermicino, vedendo Franca che, dopo ore, mangia un ghiacciolo per non svenire, dice che quella non è una brava madre se con il figlio lì sotto pensa a mangiare. Oggi sui social commenti del genere sono sempre più comuni. Perché è così facile giudicare e perché è così difficile provare a entrare in empatia con gli altri?
Vinicio Marchioni: Sono passati quarant'anni da questa vicenda e fondamentalmente ci rendiamo conto che i meccanismi dell'animo umano non cambiano mai. Questa cosa da una parte può essere una visione molto pessimistica, e lo è in parte, però mi auguro che in qualche maniera questo lavoro possa anche generare un meccanismo di empatia. Senza empatia non si fa niente nella vita. Ci sono delle persone, forse la maggior parte a giudicare da quello che si legge sui social, che evitano l'empatia oppure non ne sono affatto dotati. Non lo so. Un'immagine si porta già con sé una definizione, non si vede quello che c'è dietro, non si legge nessun tipo di contesto. Nessuno si è chiesto, quarant'anni fa, da quanto tempo era che quella donna non mangiasse, o quante ore erano che non si riposava, che non si sedeva o non beveva un bicchiere d'acqua. Non se l'è chiesto nessuno, come oggi non si chiede niente a nessuno di fronte a un'immagine sui social e si sparano dei giudizi molto sommari. Il meccanismo non è cambiato per niente. Una delle cose meravigliose di questo lavoro, e che mi auguro, è che quella stessa unione che c'è stata di tutta l'Italia, di tutti gli Italiani, concentrati a guardare quello che succedeva, anche in maniera voyeuristica se vogliamo, possa riunire i sentimenti meravigliosi dell'Italia. Ne abbiamo, ringraziando Dio, e di quelli dobbiamo essere anche orgogliosi e dobbiamo parlarne. Sennò siamo sempre molto bravi a parlare solo delle cose che non funzionano in Italia, mentre invece il nostro cuore, la nostra partecipazione, la solidarietà che è stata messa in moto durante quei giorni, con tutti che arrivavano per poter aiutare in qualche modo, mi auguro che possano essere riscoperti, anche dai più giovani. C'è una parte di italianità meravigliosa che va organizzata. È questa la cosa in cui forse non siamo molto bravi.
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