Il giro di boa arriva anche per Ahsoka di Dave Filoni. La serie Star Wars targata Disney+ con protagonista Rosario Dawson raggiunge la sua esatta metà, riordinando tutti gli elementi in gioco per passare definitivamente alla fase successiva. Forse è presto per dirlo, ma lo show dedicato ad Ahsoka Tano è uno dei progetti più convincenti e meglio ideati dell'intera espansione streaming della Galassia Lontana Lontana. Cresce e funziona col procedere delle settimane e ha una direzione chiara e precisa, mettendo sostanzialmente da parte la verticalità della narrazione episodica per concentrarsi solo ed esclusivamente sull'orizzonte della trama.
Era quello che serviva dopo la delusione generale della terza stagione di The Mandalorian, fin troppo eversiva di tutto il buono fino a quel momento dimostrato, appesantita da troppe situazioni affastellate una sull'altra senza la vivida idea di un costrutto narrativo adeguato, dispersiva e troppo spesso disorientata e disorientante. Ahsoka è tutt'altra cosa: è concentrazione e perseguimento di un obiettivo cristallino, tutto rimesso in mano alla scrittura efficace e puntuale di Filoni, che qui più che nel recente passato live-action mostra la caratura del suo talento nel riposizionare in un medium uguale ma diverso le sue creature e le proprie idee.
[ATTENZIONE, SPOILER A SEGUIRE]
Scelte difficili
Dopo essere riusciti a eludere i caccia nemici entrando nell'atmosfera di Seatos, Ahsoka, Sabine Wren (Natasha Liu Bordizzo) e il droide Huyang (David Tennant) sono adesso nascosti nella fitta foresta di alberi rossi che costeggia una grande scogliera del pianeta. La Fulcrum ha bisogno di riparazioni e i tre sono facile preda degli avversari capitanati da Baylan Skoll (il compianto Ray Stevenson), costretti dunque a difendersi. Ahsoka è comunque preoccupata dell'eventuale ritorno di Thrawn (Lars Mikkelsen) per mano Morgan Elsbeth (Diana Lee Inosanto), spiegando a Sabine che in casi estremi, non riuscendo a impossessarsi della mappa, quest'ultima andrebbe distrutta per impedire il ritorno del Grand'Ammiraglio Imperiale, anche a costo di rinunciare a salvare Ezra Bridger dal suo lungo esilio. La decisione è drastica e Ahsoka conosce molto bene i sentimenti di Sabine per Ezra, ma confida comunque nel buon senso e nell'addestramento della sua Padawan.
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La linea narrativa principale del quarto episodio è tutta qui, comprendendo ovviamente la messa in atto del piano nemico e anche l'intervento ai limiti della diserzione del Generale Hera Syndulla (Mary Elizabeth Winstead), eppure la puntata sa evolvere con estrema fluidità situazioni e caratterizzazioni mediante diversi confronti che occupano la stragrande maggioranza della durata - 34 minuti effettivi. Non un tour de force senza anima né contenuto, comunque, progredendo lungo tre direttive d'azione ben definite: lo scontro tra Sabine e Shin Hati (Ivanna Sakhno) e quello tra Ahsoka e Marrok prima e Ahskoka e Baylan poi, fino a un finale con vibrazioni oniriche che sappiamo farò la gioia degli appassionanti della saga.
La caduta di uno Jedi
Pur essendo anche questo quarto episodio di breve durata, il giro di boa di Ahsoka è ben strutturato nel ritmo e nei contenuti. La scrittura di Filoni appare ancora una volta intelligente e bilanciata, in grado di spingere avanti la narrazione tanto nei dialoghi quanto nei silenzi, nella costruzione delle sequenze di confronto laser-armati, negli sguardi, nei non detti. Occupa un suo preciso spazio drammaturgico che non ha bisogno di esasperati virtuosismi o di complesse parafrasi del racconto, capace di massimizzare il risultato mainstream di genere mediante uno sforzo creativo tanto semplice quanto oculato, che è poi sinonimo d'integrità artistico-concettuale e soprattutto di acume e lungimiranza. La regia dei combattimenti e dell'atmosfera rimessa in capo a Peter Ramsey (Spider-Man: Un nuovo universo) fa poi il suo dovere insieme alle interpretazioni nuovamente credibili dell'intero cast. Un particolare plot twist sovverte di fatto la narrazione e complica la questione identitaria di uno degli Jedi - intendiamo anche i cattivi - protagonisti, mettendo però in risalto la dicotomia della passionalità e dei sentimenti nella via della Forza senza superare il confine del bene e del male, lasciando agire chi di cuore e d'istinto e chi paradossalmente "per un bene superiore".
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È questa linea sottile tra luce e oscurità che risulta davvero interessante ai fini della storia, lasciandoci poi incerti sul prosieguo e su quanto vedremo in futuro al netto di alcune certezze più che confermate come l'effettiva presenza di Thrawn. Al momento il quarto episodio di Ahsoka è un buon punto di transizione verso una nuova Galassia di possibilità, letterali e metaforiche, il che ci lascia incuriositi e appagati da questa visione mediana del progetto di Filoni.
Conclusioni
In conclusione, il quarto episodio di Ahsoka rappresenta finora la vetta della miniserie Dinsey+ firmata da Dave Filoni, uno dei massimi e più riusciti esponenti del nuovo corso live-action streaming di Star Wars. C'è ancora metà strada da percorrere e le possibilità d'esplorazioni caratteriali e situazionistiche sono ancora molte e in via di definizione, eppure il risultato fin qui appare più che buono, chiaro e ben strutturato.
Perché ci piace
- La scrittura di Dave Filoni.
- La regia di Peter Ramsey.
- Gli scontri al centro dell'intero episodio.
- Il finale che regala emozioni.
Cosa non va
- Hera Syndulla appare poco sfruttata.
- C'è ancora molto da inquadrare.