Agata e la tempesta: intervista a SIlvio Soldini

In occasione della presentazione del suo ultimo film Agata e la tempesta, abbiamo incontrato il regista Soldini e tutto il cast in una conferenza stampa dai toni alquanto surreali, probabilmente non meno di quelli dei film.

In occasione della presentazione del suo ultimo film, Agata e la tempesta, abbiamo incontrato il regista Silvio Soldini e tutto il cast in una conferenza stampa dai toni alquanto surreali, probabilmente non meno di quelli dei film. Il regista italiano è apparso infastidito dalla richiesta di chiarificazione della sua pellicola, fedele all'idea che l'eccessivo svisceramento dei motivi che portano a girare un film porti lo svilimento dello stesso. Seguiamone comunque alcuni estratti.

Soldini, lei sembra l'alfiere di un cinema che guarda sempre avanti e verso il futuro. In questo senso, il suo film sembra voler comunicare l'esigenza del non arrendersi mai. E' corretto interpretarlo così?
Silvio Soldini: E' un mio modo di cercare di vedere le cose, specie dopo i miei primi due film. Infatti, credo che il mio atteggiamento sia cambiato dagli esordi, ed ora cerco di fare un film con l'occhio dello spettatore. Ogni volta penso cosa mi piacerebbe rimanesse nel cuore e nella mente dello spettatore, usando me stesso come riferimento.

E cosa crede dovrebbe rimanere allo spettatore vedendo il suo ultimo film?
Silvio Soldini: Non saprei dirglielo, non ne ho idea, è una cosa che non saprei spiegare.

Perché Agata è il centro del film e non gli altri due protagonisti, per esempio?
Silvio Soldini: Perché all'inizio del film c'era solo la storia di questa donna un po' particolare, molto intensa. Poi sono nati i personaggi di Romeo e Gustavo, e da lì si è sviluppata la drammaturgia dello scoprire che non si è chi si pensa di essere. Tutto è filtrato dallo sguardo di Agata sulle cose e sul mondo, e la tempesta è ciò che accade intorno a lei.

Soldini, rispetto al suo stile di regia, mi chiedevo perché ha abbandonato il particolare approccio che aveva in Le acrobate. E' per motivi economici?
Silvio Soldini: Io credo di avere un solo stile di regia, quello che può cambiare è il tono del film. A seconda di cosa voglia raccontare, uso uno stile più ironico o no, ma non è per ottenere successo, anche perché non saprei come ottenerlo. Il successo dipende solo da quanto si colpisce il pubblico.

Ci può dire qualcosa sui colori del film e sul perché l'ambientazione è in Emilia Romagna?
Silvio Soldini: Il tono dei colori usati era alla ricerca di un mondo surreale, il più possibile lontano dalla realtà. Questi colori dovevano interagire con la storia, dovevano essere i personaggi. Ho scelto la Romagna per motivi geografici e cioè per la presenza della Pianura Padana.

Gli attori possono dirci qualcosa sui loro personaggi e sul modo di rappresentarli, che pare legato ad una recitazione a sottrarre?
Licia Maglietta: Personalmente volevo eliminare la sensazione del sempre visto, la banalità. Non è comunque una recitazione a togliere, come si usa dire, ma una ricerca dell'andare a fondo. E' difficile spiegarlo a parole, si tratta di cercare il mistero, quell'alone di inspiegabilità. Volevo che Agata fosse una donna desueta, non convenzionale.
Giuseppe Battiston: Io amo costruire un personaggio prima di andare sul set: in questo modo fai tua una partitura, per poi prenderti il lusso di dimenticarla alleggerendo la recitazione. Non mi piace una situazione di battute comiche, ma di personaggi comici.

Solfrizzi, come è stato lavorare con Soldini? E' così come appare in conferenza stampa?
Emilio Solfrizzi: Per me lavorare con Silvio ha rappresentato il raggiungimento di un obiettivo. Silvio è come un segnale stradale. Tutti guardano al regista per andare in una strada dritta. Bisogna tornare un po' bambini, o vergini se preferite, per tornare alle sensazioni volute da Silvio. Comunque (sorridendo, ndr), non credo a nulla di tutto quello che ho detto.