After the Hunt: come Guadagnino è riuscito a raccontare il dubbio

Nel nuovo film di Luca Guadagnino, imperniato su uno scandalo sessuale nella cornice di Yale, Julia Roberts si immerge nell'ambiguità di una protagonista alle prese con le diverse prospettive sull'accaduto.

After the Hunt: Julia Roberts in un'immagine

È una padrona di casa silenziosa e attenta, Alma Imhoff. Nella scena d'apertura di After the Hunt - Dopo la caccia, ambientata nell'appartamento di Alma e di suo marito Frederik, la donna assiste con sommesso divertimento alla querelle che si sta consumando fra i loro invitati attorno a una delle questioni-chiave dell'epoca del #MeToo: la dicotomia fra rivendicazioni di uguaglianza e nuove frontiere del privilegio. Da un lato, chi lamenta un presunto 'declassamento' in quanto maschio, bianco ed eterosessuale, e pertanto si reputa persona non grata nel nuovo clima culturale di fine anni Dieci, periodo di ambientazione del film; dall'altro, chi sottolinea gli ostacoli e le discriminazioni a cui per lungo tempo sono state sottoposte diverse categorie - le donne in primis - a causa di uno status quo oggi a malapena scalfito.

La trama di After the Hunt: diario di uno scandalo a Yale

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Julia Roberts nel ruolo di Alma Imhoff

Alma, interpretata da una magnetica Julia Roberts, non interviene nel dibattito, se non quando viene chiamata in causa: lei che, nel mezzo di una brillante carriera nel mondo dell'accademia, dovrebbe aver messo finalmente sotto ipoteca una cattedra presso la prestigiosa Università di Yale, ma la cui imminente promozione viene attribuita a una mera convenienza di "pari opportunità". La donna, pertanto, è trascinata giocoforza in un discorso che la riguarda in prima persona e che le impone di prendere posizione. Eppure, come noteremo nelle sequenze successive, Alma conserva un atteggiamento di sostanziale prudenza: ascolta, osserva, con quello sguardo acuto e sottilmente sardonico, e riflette. Questo, del resto, è ciò che fa di professione: insegna ai propri allievi a pensare, senza lasciarsi ingabbiare dai preconcetti.

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Un'immagine di Andrew Garfield e Julia Roberts

È un modus operandi che vale per la filosofia antica, la disciplina su cui Alma tiene le proprie lezioni, ma è applicabile anche allo scandalo in cui rimane suo malgrado coinvolta, benché non in maniera diretta: l'accusa di abusi sessuali rivolta nei confronti del professor Hank Gibson da una giovane dottoranda, Maggie Resnick. Hank, intimo amico di Alma (e forse suo potenziale 'rivale' per la cattedra), viene ritratto da Andrew Garfield con una sicurezza disinvolta e un po' arrogante, legata alla sua reputazione da donnaiolo; Maggie, a prima vista più composta e sotto le righe, ma all'occorrenza capacissima di farsi valere, ha invece il volto di Ayo Edebiri, star della serie TV The Bear. Alma si ritrova così in bilico fra due poli opposti: il collega a cui la lega un affetto di lunga data e la studentessa adorante che ha fatto di lei la propria mentore.

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L'Alma dubbiosa e inquieta di una magnifica Julia Roberts

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Un'immagine di Julia Roberts

Realizzato da Luca Guadagnino a un anno di distanza dall'apprezzatissimo dittico di titoli diretti nel 2024, Challengers e Queer, sulla base di una sceneggiatura scritta dall'esordiente Nora Garrett, After the Hunt sembra imperniato su un canonico dissidio che in inglese si definirebbe "He said, she said". Ma dal problema prettamente gnoseologico (cos'è accaduto dopo la cena a casa degli Imhoff? Fra Hank e Maggie, chi dice la verità e chi mente?), passo dopo passo il fulcro dell'analisi si sposta in direzione di un dilemma ben diverso: cosa sceglierà di fare Alma rispetto a questa vicenda? A chi preferirà credere, e con quali motivazioni? In altri termini: se gli altri potrebbero essere narratori inaffidabili, lei in compenso sarà un'ascoltatrice affidabile?

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Un'immagine di Michael Stuhlbarg e Julia Roberts

È da queste domande, più che dall'evento in sé (ammantato da un'opportuna ellissi narrativa), che si sprigiona gran parte della tensione di After the Hunt; anche perché Alma, personaggio focalizzatore dell'intero film, rappresenta il nostro unico punto di vista sul racconto e sui suoi comprimari. Luca Guadagnino, pertanto, ci spinge a identificarci in lei, favorito in tal senso da una Julia Roberts di ammirevole, misuratissima intensità, qui nella sua migliore prova d'attrice perlomeno dai tempi di Erin Brockovich. Dal comfort del suo lussuoso appartamento, status symbol del privilegio altoborghese, alle aule e ai corridoi del dipartimento di filosofia di Yale, la sua Alma si aggira via via più inquieta, inseguita da un ticchettio martellante: l'incalzare di una coscienza in affanno, come i battiti de Il cuore rivelatore di Edgar Allan Poe, o il memento di una bomba in procinto di esplodere?

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L'ambiguità morale e il tarlo della coscienza

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After the Hunt: un'immagine di Ayo Edebiri e Julia Roberts

L'eco quasi inevitabile, al cospetto di questa donna carismatica che tenta di mettere a tacere i propri fantasmi, è quello di Lydia Tár, interpretata nel 2022 da una monumentale Cate Blanchett in Tár di Todd Field, citato non a caso in numerose recensioni come (irraggiungibile) termine di paragone per After the Hunt. Un paragone evocato anche dall'atteggiamento speculare delle due protagoniste riguardo a determinate istanze proprie della contemporaneità: durante la masterclass di Lydia Tár alla Juilliard, così come in una lezione di Alma con tre allievi spauriti, entrambe si scagliano contro certe facili etichette, volte a incasellare la cultura o la filosofia esclusivamente attraverso i parametri del presente. Ma tanto per Lydia quanto per Alma è lecito chiedersi se la loro prospettiva sia intimamente limpida, o se - e fino a che punto - possa essere influenzata dai rispettivi interessi.

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Un primo piano di Julia Roberts

Sono anche questi interrogativi, a cui né Todd Field, né Luca Guadagnino forniscono risposte definitive, ad aver reso Tár uno dei capolavori del nostro tempo e After the Hunt un'opera decisamente densa e intrigante, pur nelle sue imperfezioni. Se Hank esce di scena piuttosto in fretta, mentre Maggie appare come una figura dalla discutibile integrità (a prescindere dalla fondatezza delle sue accuse) e in fin dei conti sfuggente, è nell'ambiguità morale di Alma che va ricercato il cuore pulsante del film: lei, il cui "nome parlante" suggerisce un insanabile conflitto interiore, un testa a testa con l'angoscia e con il dubbio. Quel dubbio a cui, a differenza di altri personaggi, Alma sembra disposta a lasciare spazio, secondo un approccio problematizzante che respinge le imposizioni dogmatiche - si veda il serrato faccia a faccia con Maggie nel prefinale - e che, scavando nel passato, la porterà a rimettere in discussione perfino se stessa.