Adagio: com'è stare su un set di Stefano Sollima

"Adesso possiamo fare tutto quello che ci pare e lo stiamo facendo": siamo stati sul set di Adagio di Stefano Sollima, tornato a girare a Roma dopo 10 anni. Ha trovato un'industria trasformata. Anche grazie a lui.

Adagio: com'è stare su un set di Stefano Sollima

Stefano Sollima ha l'espressione di Harrison Ford nei panni di Han Solo quando, in Il risveglio della Forza, dice, appena salito sul Millennium Falcom: "Ciube, siamo a casa!". L'occasione è il set di Adagio, film dal 14 dicembre in sala dopo il concorso a Venezia 2023. Era ottobre 2022 alla stazione Tiburtina di Roma e il regista ci ha accolto con un: "So' tornato a casa!".

Era dalle riprese di Suburra (uscito nel 2015) che non girava nella capitale: dopo ci sono infatti stati Soldado (2018) e Senza rimorso (2021), entrambi progetti americani, con in mezzo le serie Gomorra e ZeroZeroZero, entrambe ambientate in altre parti d'Italia. Per Sollima è un'occasione importante: " Mi ha fatto un certo effetto: fare i sopralluoghi in motorino e poi tornare a casa è tanta roba. Poi capisci tutto quello che dicono. È un regalo che mi sono fatto".

La trama di Adagio all'epoca per noi era ancora misteriosa, anche perché il regista ha fatto di tutto per nasconderla. Ma, una volta arrivati a Tiburtina, avevamo capito che il calore sarebbe stato fondamentale. Sugli schermi della stazione c'erano infatti finti notiziari che parlavano di caldo anomali, di incendi. Dopo il diluvio di Suburra, il fuoco di questo nuovo film. E in effetti Adagio è in diretta comunicazione con quello, come dichiarato dallo stesso Sollima: "L'idea era chiudere una trilogia immaginandosi Romanzo Criminale come primo capitolo, Suburra il secondo e passare a un terzo capitolo ambientato oggi. Quindi non un'ambientazione d'epoca. Con Stefano Bises abbiamo lavorato per un anno a un soggetto. Dagli anni '70 a oggi: la città e la società sono cambiate. Era interessante vedere dove stavano i sopravvissuti."

Adagio: il significato del titolo

Adagio Gianmarco Franchini  Credits Emanuela Scarpa
Adagio: Gianmarco Franchini in una scena

All'epoca la parola "adagio" ci sembrava stonata affiancata al nome di Sollima, il regista del cinema italiano che meglio sa girare scene d'azione e dare ritmo ai suoi film. Lui ci ha spiegato così il significato di Adagio: "Il titolo del film riflette il ritmo dei tre protagonisti. E poi è una parola italiana che non verrebbe storpiata nel mercato internazionale. Questa è la storia di tre che un tempo erano in una banda, erano rispettati, temuti, riconosciuti, molto ricchi. Ma noi raccontiamo come sono oggi. Sono abbastanza scollegati. È una storia che ha una base criminale, ma lo sviluppo è altro."

Stefano Sollima e l'industria cinematografica italiana

Quando Sollima ha cominciato a girare i suoi film nel cinema italiano c'erano poche persone in grado di fare quello che lui aveva in mente. Ha quindi cominciato a cercare figure professionali, a chiedere l'acquisto di macchinari.

Dieci anni dopo ha trovato un'industria cinematografica trasformata: "Quando abbiamo fatto Romanzo Criminale per fare le esplosioni stendevano sui vestiti i fili! Banalmente non c'era richiesta, quella roba non si faceva. La facevano forse due persone in tutta Italia. Non c'erano i mezzi perché nessuno li richiedeva. Dal momento in cui abbiamo iniziato a fare produzione intensiva, hanno cominciato a comprare i telecomandi e sempre più attrezzatura. Dieci anni fa un giovane che era all'inizio di questo tipo di cinema ora fa tutti i film americani che girano in Italia. Adesso ci sono le persone che sanno fare effetti speciali, gli stunt. C'è tutto. Prima quando ti servivano degli stunt-men arrivavano dei signori di 90 anni! Non si pensava proprio a questo come a una professione. Adesso possiamo fare tutto quello che ci pare. E lo stiamo facendo."

Adagio: il direttore della fotografia Paolo Carnera

Sul set di Adagio abbiamo visto girare due scena: una di dialogo in stazione, tra il personaggio di Gianmarco Franchini, che ha esordito con questo film, Manuel, e un controllore, e un confronto tra Cammello e Vasco, ovvero i ruoli di Pierfrancesco Favino e Adriano Giannini. Il direttore della fotografia Paolo Carnera descrive così il film: "Questo è un dolcissimo noir. È un film in cui si soffre molto il caldo. Stiamo cercando di fare un film che piaccia a un pubblico non solo italiano. Roma è vista come uno spazio vasto. La storia è fatta di una notte, un giorno e una notte. Ma è un noir soprattutto psicologico. Questo film è fatto di due elementi: uno è la psicologia dei personaggi. L'altro è la necessaria spettacolarità e l'azione."

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Adagio
Adagio: una scena del film

Del suo rapporto con Sollima invece dice: "Il nostro sodalizio nasce molti anni fa: ci siamo incontrati in un piccolo progetto, poi siamo cresciuti con Romanzo Criminale, insieme, poi con Gomorra, ACAB, Suburra. Io sono cresciuto con Stefano: ho imparato un sacco di cose. Ormai siamo come una vecchia coppia: non abbiamo bisogno di parlare. Stefano mette bocca solo quando le cose non gli piacciono, non lo convincono. A ogni film alziamo l'asticella."

Adagio: il costumista Mariano Tufano

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Adagio: Toni Servillo in una scena del film

Adagio ha come protagonisti tre degli attori più amati e riconoscibili del cinema italiano: Pierfrancesco Favino, Valerio Mastandrea e Toni Servillo. Interpreti rispettivamente di Cammello, Polniuman e Daytona. Con Favino Sollima ha lavorato sempre, con Mastandrea sono amici ma non avevano ancora condiviso il set, con Toni Servillo si sono conosciuti grazie a questo progetto. E per il regista è stata una grande esperienza: "È stata un'occasione per lavorare con attori a cui voglio bene umanamente e professionalmente. Toni Servillo è entrato in un genere che non ha frequentato mai e si è dato molto."

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Adagio Favino
Adagio: Pierfrancesco Favino in una foto del film

Quello che però ha trasformato completamente nell'aspetto è sopratutto Favino. Quando lo abbiamo visto nella roulotte vicino alla stazione, completamente calvo, è stato un colpo: sembrava più Nosferatu che l'attore che tutti conosciamo. Il costumista Mariano Tufano ci ha detto come è stato trovato questo look: "Stefano ha sempre un'idea chiarissima dei personaggi. In questo caso mi ha chiesto di fare dei personaggi che avessero una componente visiva molto forte, quasi iconica. Però senza diventare mai troppo costume. Credibili ma iconici. Per Cammello ad esempio: il suo aspetto è iconico, abbiamo lavorato sul makeup. Abbiamo fatto vari test, quattro, per trovare il look definitivo. E su quello mi sono agganciato con il costume. Il suo è semplicissimo: una canotta e un pantaloncino di jeans vecchio. Questa canotta viene invecchiata ogni giorno, ne abbiamo dieci, a seconda degli stadi di invecchiamento. Il film è ambientato in un'estate molto calda, torrida, quindi nello specifico il costume di Cammello viene invecchiato con acqua e sale per dargli aloni tipici di quando c'è tanto sudore."

Sollima ha spiegato poi come il look di un personaggio sia frutto del lavoro di tante persone: "I costumi si scelgono anche insieme agli attori. Se loro sentono che una cosa è più adatta al personaggio li devi ascoltare. Anche quando scrivi i film è così: arriva un momento in cui i personaggi prendono il sopravvento anche su chi li ha creati e iniziano a fare e a dire delle cose. È un lavoro di gruppo in cui alla fine comanda il personaggio che stai provando a mettere in scena."