Adagio, la recensione: la Roma distopica di Stefano Sollima

La recensione di Adagio: il nuovo film di Stefano Sollima dallo strepitoso cast (Toni Servillo, Pierfrancesco Favino, Valerio Mastandrea e Francesco Di Leva) parte da premesse stimolanti ma fa molta fatica nello svilupparle. In Concorso alla 80a Mostra del Cinema di Venezia.

Adagio, la recensione: la Roma distopica di Stefano Sollima

Dopo le esperienze statunitensi del convincente Soldado (sequel di Sicario di Denis Villeneuve) e del meno riuscito Senza rimorso, con protagonista Michael B. Jordan e uscito due anni fa su Prime Video, Stefano Sollima con Adagio torna a realizzare un lungometraggio in Italia per concludere la sua personale trilogia sulla criminalità romana.

Stefano Sollima
Adagio: il regista Stefano Sollima sul set

Rispetto però ai precedenti ACAB - All Cops Are Bastards e soprattutto Suburra, in questo caso il talentuoso regista classe 1966 non colpisce nel segno, realizzando un film di discreta qualità dal punto di vista della messa in scena (anche se non ci sono sequenze particolarmente d'impatto che rimangono con forza al termine della visione) ma la cui narrazione non riesce mai a decollare davvero.

Roma distopica e criminalità

Adagio Gianmarco Franchini  Credits Emanuela Scarpa
Adagio: Gianmarco Franchini in una scena

Lo spunto di partenza della storia è senz'altro intrigante: ci troviamo infatti in una Roma distopica in cui grandi incendi e diffusi blackout sono all'ordine del giorno e condizionano la vita quotidiana degli abitanti. In questo contesto un giovane di nome Manuel (Gianmarco Franchini) viene costretto, sotto ricatto, a recarsi a una grande festa privata notturna in pieno centro storico per scattare delle foto con il cellulare a un uomo la cui identità è ignota. Quando decide di scappare dal party sottraendosi alla sua "missione", il ragazzo si ritrova progressivamente invischiato in una vicenda molto più pericolosa di quello che avrebbe potuto immaginare. Una vicenda che coinvolgerà, tra gli altri, poliziotti corrotti e criminali della vecchia generazione...

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Un grande cast per un film che non emoziona

Adagio  Adriano Giannini  Credits Emanuela Scarpa Vxxpewd
Adagio: Adriano Giannini in una scena

Nonostante l'affascinante soggetto e il cast di altissimo livello (tra gli altri, quattro pesi massimi del cinema italiano come Toni Servillo, Pierfrancesco Favino, Valerio Mastandrea e Francesco Di Leva), però, la sceneggiatura di Adagio non riesce mai ad andare in profondità nella caratterizzazione psicologica dei vari personaggi, né tantomeno a delineare con reale efficacia il mondo distopico in cui è ambientata la storia.

Le dinamiche che regolano i rapporti tra i protagonisti rimangono troppo in superficie per appassionare davvero e il film finisce così per scorrere sì senza buchi di sceneggiatura o particolari intoppi, ma anche senza suscitare emozioni o offrire spunti di grande interesse. Favino e ancor di più Servillo fanno del loro meglio e il giovane protagonista Gianmarco Franchini risulta all'altezza della situazione, ma a mancare all'appello sono il dramma e il coinvolgimento.
Peccato, aspettiamo in ogni caso fiduciosi Sollima alla sua prossima prova dietro la macchina da presa.

Conclusioni

Tornato a girare un film in Italia dopo l'esperienza statunitense di Soldado e Senza rimorso Stefano Sollima chiude la sua trilogia sulla criminalità a Roma con un film che non sviluppa adeguatamente l'intrigante spunto di partenza della storia. Come detto nella nostra recensione di Adagio, infatti, l'ultimo lavoro dietro la macchina da presa del talentuoso regista romano risulta troppo superficiale nella caratterizzazione psicologica dei personaggi e nello sviluppo delle dinamiche che li lega per coinvolgere ed emozionare davvero lo spettatore.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
3.3/5

Perché ci piace

  • Lo stimolante soggetto di partenza.
  • Le buone interpretazioni del cast, con in prima fila Toni Servillo e Pierfrancesco Favino.

Cosa non va

  • I rapporti tra i protagonisti sono tratteggiati con superficialità.
  • La Roma distopica non è delineata in maniera efficace e rimane troppo sullo sfondo.
  • Di conseguenza, il film nel complesso risulta piatto e fatica a suscitare emozioni.