In un'edizione, la numero settantacinque, in cui la Mostra del Cinema di Venezia non ha esitato ad includere in concorso generi considerati non propriamente 'festivalieri', a partire dalla personalissima rilettura dell'horror attuata da Luca Guadagnino nel suo Suspiria, nella competizione per il Leone d'Oro si affaccia addirittura un murder mystery: Acusada, opera seconda del trentasettenne argentino Gonzalo Tobal, sulla carta l'outsider di Venezia 2018.
Se altri autori in concorso alla Mostra, quali appunto Guadagnino, i fratelli Coen, Jacques Audiard e Brady Corbet, si sono cimentati in rivisitazioni - più o meno coraggiose o riuscite - di generi quali l'horror, il western e il bopic musicale, in alcuni casi ribaltandone radicalmente le convenzioni, Acusada al contrario adotta i codici del dramma processuale in maniera ben più tradizionale, mostrando però una certa ambizione nel voler elaborare un discorso più profondo e stimolante proprio attraverso gli stilemi del giallo classico.
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Dolores, presunta colpevole: la protagonista di Acusada
Gonzalo Tobal, anche autore della sceneggiatura insieme ad Ulises Porra, non si adagia comunque su un approccio troppo scontato, optando invece per una costruzione narrativa con diversi elementi di originalità: a partire dalla scelta di non servire subito tutte le informazioni sull'antefatto della vicenda, ma di farle pervenire al pubblico a poco a poco, innescando in tal modo un meccanismo di progressivo riempimento delle varie ellissi. Scopriamo così - senza svelare troppi dettagli della trama - che la ventunenne Dolores Dreier, interpretata da Lali Espósito, è in procinto di entrare nel tunnel processuale che la vede imputata con l'accusa di aver assassinato, due anni prima, la sua miglior amica Camila, ritrovata senza vita nel proprio appartamento con il corpo martoriato da una scarica di pugnalate.
Mentre il processo è ormai alle porte, Dolores e i suoi familiari devono sopportare non solo un'attenzione mediatica sempre più logorante, ma soprattutto i dubbi e le tensioni che contaminano inevitabilmente l'ambiente domestico, così come la vita privata della ragazza. L'ordinaria catena di ipotesi e di sospetti si intreccia dunque con il ritratto della protagonista, gravata da un malessere che si riflette sia sui suoi comportamenti, sia sui rapporti con il mondo esterno: rapporti filtrati da genitori rigidamente protettivi, incapaci di nascondere del tutto la propria angoscia per la sorte di una figlia che l'opinione pubblica sembra aver già condannato in partenza.
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Il mistero del puma invisibile
Un po' sulla scia del superbo L'amore bugiardo - Gone Girl di David Fincher, lo smaccato cinismo del tritacarne mediatico è uno dei bersagli del film: un aspetto a cui allude in particolare la scena del faccia a faccia fra Dolores e il giornalista televisivo Mario Elmo (impersonato da Gael García Bernal), esempio emblematico della morbosità e del sensazionalismo che si sviluppano attorno alla cronaca nera. Il vero fulcro di Acusada va ricercato però nel conflitto interiore del personaggio principale: un amalgama spesso indefinibile tra frustrazione e senso di colpa, rabbia repressa e anelito a un'impossibile pacificazione con se stessa e con gli altri. E nel frattempo, come se non bastasse, il quartiere della famiglia Dreier è travolto dall'isteria collettiva per la presunta presenza di un misterioso puma, che forse esiste davvero o forse è solo il frutto di una mente annebbiata.
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Correndo lungo i binari del thriller giudiziario, declinato comunque in una chiave di sostanziale realismo (e senza ricorrere all'espediente dei flashback illustrativi), Gonzalo Tobal riesce a giocare abilmente con gli ingredienti della suspense fino al termine della pellicola, con un lungo piano sequenza finale che stuzzica per un'ultima volta le attese dello spettatore. Peccato solo per un epilogo che, nella sua ambiguità di fondo (non ci azzardiamo a dire di più) e pur senza inficiare i meriti del film, lascia più di una perplessità e almeno una punta d'insoddisfazione.
Movieplayer.it
3.0/5