A cantare Hollywood, la capitale del sogno, ci pensa stavolta l'erede di una delle dinastie cinematografiche più prestigiose, impegnate oggi a svecchiare il cinema indie riscrivendolo con le proprie regole. Dopo Francis Ford Coppola, fautore, insieme agli amici Scorsese e Spielberg, della Nuova Hollywood, movimento capace di raccogliere i cocci della crisi degli studios reinventando nuovi linguaggi in libertà, è stata la volta della figlia Sofia Coppola, autrice raffinata che ha firmato opere dolorose e sospese come Il giardino delle vergini suicide e Somewhere.Nel concorso del Festival di Roma i riflettori si accendono su Roman Coppola, sceneggiatore amato da Wes Anderson, produttore, attore nonché regista al secondo lungometraggio. A Glimpse Inside the Mind of Charles Swan III è un'opera debitrice dei maestri del passato più onirici e visionari, ma anche del cinema indie di cui rispecchia perfettamente i canoni estetici. Il film, una fucina di idee divertenti e coloratissime nel accolte nella kermesse romana, si tuffa nella fervida fantasia del protagonista, l'eccentrico creativo losangelino Charlie Swan III - interpretato da un Charlie Sheen in grande spolvero - per capire cosa non vada in lui tanto da spingerlo a fare a brandelli anche le relazioni sentimentali più significative. Il regista Roman Coppola ci parla di come è nato il suo Charlie e del suo amore per il maestro Fellini, una delle fonti di ispirazione del lungometraggio.
Come è nata l'idea di realizzare questo sguardo nella mente del tuo Charles Swan III?
Roman Coppola: Questo era il film che volevo vedere, lo sgonavo da tempo perciò ho deciso di farlo nonostante le difficoltà che il cinema sta vivendo in questo periodo. Ci ho messo molti anni e nel frattempo ho lavorato in altri progetti. Io sono interessato a tutte le fasi della produzione cinematografica: la regia, la sceneggiatura e gli altri aspetti. Per realizzare il mio film è servita una notevole dose di follia, ma Charlie Sheen mi ha aiutato moltissimo. La sua presenza è stata fondamentale per la riuscita.
Non penso molto al tono. Sono altri gli aspetti su cui mi concentro: la storia, i colori, i costumi. Sul set ho un atteggiamento piuttosto pratico. Stavolta ho scelto di raccontare una storia adulta con un tono adolescenziale, che mescola fumetti, scene da western con cavalli, cowboy e indiani e frammenti di musical.
Una dei momenti chiave del film è proprio quello del duetto musicale tra Charlie e Ivana in cui i due ex fidanzati cantano insieme La ragazza di Ipanema. Come hai ottenuto un risultato così convincente?
C'è voluta una buona dose di incscienza perché né Charlie Sheen né Katheryn Winnick sapevano cantare, ma non mi sono fermato di fronte a questa difficoltà e non ho voluto che venissero doppiati. Per me era fondamentale che cantassero dal vivo in quel momento davanti all'obiettivo. Adoro La ragazza di Ipanema perché è così romantica. Le parole sono poetiche e misteriose. Charlie è un sognatore ed era normale che si immaginasse così il finale della sua storia d'amore.
Conosco Charlie Sheen da quando avevamo dodici anni perché le nostre famiglie erano vicine di casa. Per molti anni non ci siamo visti, ma gli amici d'infanzia restano amici tutta la vita. Quando ho iniziato a pensare al film molti anni fa sapevo di voler raccontare la fine di una storia d'amore utilizzando le fantasticherie di un personaggio. Nel mio primo film, CQ, c'è un personaggio molto introverso, un sognatore a occhi aperti, ma stavolta volevo fare un ritratto al contrario raccontando la storia di un uomo talmente estroverso da girare con una macchina con le uova al tegamino sulla carrozzeria. Parlando con Charlie, lui mi ha ricordato che i nostri genitori avevano fatto un bellissimo film insieme e noi potevamo fare lo stesso. Così è iniziato un fitto scambio di SMS. Per coinvolgere Charlie nel progetto ci è voluto molto tempo, ma alla fine ha deciso di accettare.
Il film è pieno di idee e sembra debitore di molte fonti. Alcuni passaggi ricordano Fellini, ma anche Terry Gilliam, i fratelli Coen e Woody Allen. Te ne eri reso conto mentre giravi il film?.
Ringrazio molto per il paragone con Fellini che per me ha avuto un'influenza enorme. I suoi capolavori hanno influenzato moltissimo anche Bob Fosse che è un'altro dei miei autori preferiti. Fellini, per me, è al vertice della lista. Amo molto anche Woody Allen e i Coen. Volevo mescolare le influenze del mio passato per realizzare qualcosa di unico, qualcosa che avesse la mia voce.
A prima vista il film sembra ambientato negli anni '70, ma è un tempo sospeso, privo di legami solidi con la realtà. Inoltre molte delle location hanno un'aria molto familiare, sembrano talmente intime da non essere neppure set. Sono luoghi che prendono vita.
Il film è effettivamente ambientato negli anni '70. Se le location sembrano reali è perché la casa di Charlie Swan III, in realtà, è casa mia. Ho usato un dolly italiano perché senza non sarei riuscito a fare quel tipo di inquadrature. Anche la roulotte è mia così come alcuni degli abiti di Charlie, mentre il suo ufficio è quello in cui teniamo le nostre riunioni.
C'è un ritratto di Hollywood molto affettuoso. Lo spirito del passato è molto presente sia nel tipo di musica usato, sia nel fatto che lui faccia il grafico e realizzi copertine di LP, cosa comune negli anni '70. Io sono molto influenzato dai cantautori dell'epoca. Anche il Brandy Alexander, la bevanda che appare nel film, è tipica di quegli anni. Ci sono tanti piccoli particolari di quell'epoca e di quel luogo perché volevo riprodurne l'atmosfera romantica, ma anche disperata e deprimente. Il film parla di sentimenti molto forti, a volte anche esasperati. Negli anni '70 si guardava agli aspetti romantici e al glamour degli anni '30 e io volevo gettare uno sguardo sul volto di Hollywood più deprimente narrando la storia esemplare di un uomo capace di sognare a occhi aperti.