Arriva su Netflix il 14 luglio, dopo essere stato presentato in concorso al 67esimo Taormina Film Festival, che lo ha premiato con la miglior regia, A Classic Horror Story, film girato a quattro mani da Roberto De Feo e Paolo Strippoli. Pellicola dichiaratamente derivativa fin dal titolo, l'opera dei registi pesca a piene mani dalla filmografia americana, portando all'estremo le citazioni a capisaldi del genere come La casa, The Wicker Man e il recente Midsommar.
Se fosse semplicemente un esercizio citazionista per cinefili il gioco stuferebbe presto, invece A Classic Horror Story ha la buona intuizione di unire elementi tipici dell'horror americano al folklore italiano. A portarci in una Calabria infernale (che in realtà è la Puglia) è un gruppo di sconosciuti incontratisi grazie a un'app di car sharing. Il loro viaggio, iniziato con giochi sul cellulare e chiacchiere per passare il tempo si trasforma presto nel classico bagno di sangue.
Curatissimo dal punto di vista del design di oggetti e scenografie, A Classic Horror Story è la risposta di due appassionati del genere a tutti gli spettatori che criticano gli horror italiani ancora prima di averli visti. Ne abbiamo parlato con i registi Roberto De Feo e Paolo Strippoli e con la protagonista Matilda Lutz (che dopo Revenge ci ha preso gusto a farsi ricoprire di sangue) proprio a Taormina. Lasciandoci con la promessa di trasformare il film un franchise horror all'italiana.
La video intervista a Matilda Lutz, Roberto De Feo e Paolo Strippoli
A Classic Horror Story e la sfida al pubblico
Il film è pieno di citazioni all'horror americano: La casa, Midsommar, The Wicker Man. Però si rivolge un po' anche al pubblico italiano che non è mai contento. Quanto è stato liberatorio prendere un po' in giro gli irriducibili dei "buchi di trama"?
Roberto De Feo: Ci rivolgiamo a quella parte di pubblico che critica prima di aver visto il film. Soprattutto chi usa dei termini distruttivi senza un senso. È un po' questa mania, che è diventata una moda purtroppo, di scrivere sotto al trailer: è orrendo, fa schifo. Questo tipo di commenti li abbiamo ripresi in una scena del film, copiando proprio sotto alcuni post, abbiamo fatto una ricerca. Abbiamo fatto un sondaggio interno, chiedendoci quali fossero i commenti più assurdi che gran parte del pubblico italiano utilizza per commentare i film di genere ancora prima di averli visti. È stato molto divertente. Non ci prendiamo molto sul serio: questo è fondamentale.
A Classic Horror Story e la sfida agli autori
Dal pubblico agli autori: nel film c'è qualcuno che si definisce un genio. Quanto fa male approcciarsi così a un'opera da girare?
Paolo Strippoli: Tanto. Però è anche vero che per fare un film devi cercare di, un minimo, credere in te stesso per arrivare dall'inizio alla fine. Per fare tutto il percorso integro. Tra me e Roberto c'è stata una grande umiltà nella realizzazione di questo film. E anche una grande paura. Non sai mai. Questo è un film derivativo, ma derivativo per statuto. È derivativo e l'abbiamo portato all'estremo questo concetto. Speriamo che alla gente piaccia.
Matilda Lutz e il sangue
Matilda, tu invece ormai sei l'angelo sterminatore del nostro cinema: come mai hai questa passione per il sangue?
Matilda Lutz: Innanzitutto è divertentissimo. Ovviamente non capita mai di fare una cosa così nella realtà, quindi quando fai l'attrice è forse una delle cose più divertenti che ti capiterà mai nella carriera. In realtà mi sono arrivati i film horror, non li ho cercati. E li ho scoperti anche io grazie alla mia carriera d'attrice.
A Classic Horror Story e gli effetti speciali "vecchia scuola"
Roberto hai detto che per The Nest non sei riuscito a fare tutto quello che volevi. Qui invece?
Roberto De Feo: Ti rispondo dicendo che ci hanno fatto costruire la casa, la location principale del film. Quindi la risposta è sì. Ci hanno fatto costruire un luna park dell'orrore. Eravamo sul set e non volevamo andare via, perché sapevamo che il giorno dopo la fine delle riprese avrebbero smantellato la casa. Ci sarebbe piaciuto tantissimo tornare a visitarla e valorizzarla ancora di più.
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Il trucco prostetico è vecchia scuola, il design di ogni oggetto è curato nei minimi dettagli. Parliamo tre maschere: chi le ha disegnate, come le avete realizzate? E come è stato indossarle?
Matilda Lutz: Ho iniziato a vedere le maschere in preparazione: quando abbiamo fatto le prove costume c'erano tutte le maschere di Andrea Leanza e il suo team, tutti veramente incredibili e bravissimi. Erano veramente spaventose queste maschere. Quando le ho indossate avevo paura di fare male agli altri perché, essendo spesse e di legno, non vedevo quello che facevo. Ho recitato quella scena ad occhi chiusi. Ero terrorizzata.
Paolo Strippoli: Come anche i nostri Osso, Mastrosso e Carcagnosso che, poverini, dovevano fare delle cose molto pericolose per gli attori che avevano fra le loro mani e l'hanno fatto senza vedere.
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Roberto De Feo: Come nel caso della scena della tortura di Mark, sul tavolo con gli aculei che calano lentamente. L'attore girava ma non poteva vedere. Per spaventare l'attore, Will Merrick, che era sul tavolo, abbiamo voluto che l'altro indossasse la maschera mentre girava il meccanismo. Sono aculei finti, di gomma, ma hanno colpito davvero gli occhi dell'attore.
Paolo Strippoli: Racconto un aneddoto. Sul set, dal monitor, a un certo punto non capivamo esattamente quanto erano dentro gli aculei. Will, che interpreta Mark, inizia a urlare, urlare e urlare. A un certo punto urla meno. E Roberto ha cominciato a dire: urla di più! Continua a urlare! È arrivato l'aiuto regia per dirci: certo che urla, gli stanno uscendo fuori dalla testa!
A Classic Horror Story potrebbe diventare un franchise?
Vista la passione per La casa, citata espressamente nel film, siete pronti per un franchise horror italiano?
Roberto De Feo: Magari! Dipende anche da quello che scrivete voi e dal pubblico. Quindi mi raccomando.
Paolo Strippoli: Fatecelo fare! Vorremmo tanto.