A tre anni di distanza dal film, A casa tutti bene diventa una serie tv in otto episodi, diretti tutti da Gabriele Muccino. Presentata in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2021, A casa tutti bene - La serie arriva su Sky e Now Tv dal 20 dicembre, giusto in tempo per Natale. Ma la famiglia protagonista è tutt'altro che gioiosa.
Si tratta di un reboot, con personaggi simili interpretati da nuovi attori. Al centro di tutto c'è la famiglia Ristuccia: al vertice ci sono Alba e Pietro Ristuccia, proprietari del ristorante San Pietro, a Roma, interpretati da Laura Morante e Francesco Acquaroli. La coppia ha tre figli, Carlo, Sara e Paolo (Francesco Scianna, Silvia D'Amico e Simone Liberati), che non potrebbero essere più diversi. Quando si parla di eredità, il clima si fa tesissimo: anche perché a portare scompiglio ci sono anche Maria (Paola Sotgiu), sorella di Pietro, e i suoi figli, Sandro e Riccardo Mariani (Valerio Aprea e Alessio Moneta).
Gelosie, segreti, vecchi rancori: è difficile far andare d'accordo tutte queste persone. Come se non bastasse quello che inizialmente sembra un family drama, si tinge presto di toni thriller. Ne abbiamo parlato con il regista Gabriele Muccino proprio a Roma, dove ha ammesso che non avrebbe mai fatto dirigere a qualcun altro questa storia così personale.
La video intervista a Gabriele Muccino
A casa tutti bene diventa quasi horror
In passato hai diretto storie d'amore come se fossero film action. Qui c'è una storia familiare che è girata quasi come un horror. Come mai?
Intanto c'è un filo crime abbastanza evidente. La famiglia è di per sé un luogo abbastanza orribile in questa versione della serie. L'inquietudine, l'infelicità, l'abbandono, la slealtà, l'avidità, la gelosia sono tutti elementi e sentimenti primari ancestrali che hanno un grande scontro, che genera la propulsione della serie. Raccontiamo tutte le disfunzioni di una famiglia allargata costretta a coabitare.
A casa tutti bene - La serie: la sigla
Anche la sigla, brano di Jovanotti escluso, è un po' horror: i diorama fanno pensare al film di Ari Aster Hereditary. Come siete arrivati a quella animazione?
Mi hanno portato varie proposte e questa mi è sembrata quella più inquietante. Nella serie non c'è un momento in cui ti puoi rilassare: quando viene giù la prima pedina, la bisca, si scatena un effetto domino che si ingrossa spaventosamente fino all'ultimo episodio. Questa forma di claustrofobia, di legame indissolubile che tutti hanno con tutti e da cui nessuno riesce a staccarsi, è una sorta di prigionia forzata in cui i sentimenti sono estremi, forti e impietosi.
A casa tutti bene - La serie di Gabriele Muccino
A proposito di eredità: si può fare un parallelo tra te e il personaggio di Francesco Acquaroli, il capofamiglia. Lui vuole avere il controllo sulla sua eredità, perché pensa che nessuno sia in grado di gestirla. Allo stesso modo tu hai voluto dirigere tutti gli otto episodi della serie.
Non ho nemmeno cercato dei potenziali registi. All'inizio avevamo parlato di dirigere un paio di episodi. Poi sono arrivate le sceneggiature: ho iniziato a leggerle, ad appassionarmi e mi sono detto ok, ne giro due e poi? Perché devo farli fare a un altro? Mi volevo divertire: è un giocattolo con cui volevo giocare io. La storia poi è talmente personale! La genesi della serie comincia con il film, che è molto legato alla mia vita. Non perché sia una storia autobiografica, ma perché nasce dall'osservazione delle persone, delle cose, del movimento dei sentimenti. Tutto questo ha fatto sì che io partorissi quel film che è padre di questa serie, che, in modo diverso, racconta quanto sia complicato convivere all'interno di una famiglia. Doveri, responsabilità e l'incapacità di alcuni di gestirli e l'ambizione di farli propri di altri. E l'avidità di alcuni di sottrarli agli altri. C'è una tessitura complessa di sentimenti che vengono espulsi fortemente.