50 anni di Fantozzi, dai Looney Tunes al mito: tutto quello che (forse) non sapete sull'epopea di Villaggio

La genesi fantozziana, nonostante l'importanza cardinale della sua epopea, rimane in parte sconosciuta, soprattutto perché complessa. Conoscerne le pieghe nascoste è però fondamentale per capire la portata della rivoluzione del personaggio con il volto di Paolo Villaggio.

Paolo Villaggio in Fantozzi.

Il primo libro di Fantozzi uscì nel 1971 e il successo fu incredibile tra il pubblico, critica di settore e addetti ai lavori. Lo scritto tramutò Paolo Villaggio da un comico televisivo che ne L'altra Domenica di Renzo Arbore interpretava un cattivissimo presentatore e altri tre personaggi, tra cui Fracchia (il primo vero antesignano fantozziano), in una figura di primo piano della cultura nostrana. Un intellettuale della risata.

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Fantozzi e famiglia.

La leggenda vuole che fu incoronato davanti ai più grandi scrittori italiani dell'epoca dal poeta Evtusenko, che indicò Villaggio come erede dei grandi maestri russi della letteratura. Il felice legame tra Fantozzi e la Russia è stato spesso celebrato dal racconto sull'esplosione di risate nella platea di un cinema di Mosca all'immortale battuta su La corazzata Potëmkin ne Il secondo tragico Fantozzi, nonostante l'insulto fosse rivolo ad un film di Ėjzenštejn, uno degli intoccabili del partito comunista sovietico. In quel momento Villaggio capì come il suo personaggio fosse un liberatore, qualcuno in grado di ironizzare su qualsiasi cosa.

Fantozzi rappresenta una delle epopee, se non l'epopea, più importante, famosa e significativa del cinema italiano. La più grande espressione di satira possibile, che comprendeva costume, religione e politica, dunque ogni aspetto della vita di un Paese e anche di più. La sua maschera fu in grado anche di rivoluzionare il nostro modo di fare cinema, avvicinandosi come mai prima d'ora a delle modalità comiche d'oltreoceano (era amato molta infatti da Mel Brooks). Insomma, una figura epocale, della cui creazione si pensa di sapere tutto, anche ora, dopo 50 anni. Cosa impossibile, vista la complessità e le mille sfaccettature che la riguardano.

La genesi del personaggio

Fantozzi Paolo Villaggio
La famosa scena del biliardo.

Al di fuori della genesi canonica del personaggio, una delle questioni più annose su Fantozzi riguarda proprio i suoi natali. Com'è nato Fantozzi? Dov'è nato Fantozzi? Sotto quale nome è nato Fantozzi? Difficile dirlo anche adesso. Dopo tutto lo è stato sempre persino per Paolo Villaggio stesso, che ha cambiato spesso versione. Quello che però possiamo fare è innanzitutto sgombriamo il campo su una cosa: Fantozzi non è nato al cinema nel 1975.

"Fantozzi" era il nome di un collega di Villaggio quando faceva veramente l'impiegato alla Italsider, anche se non fu lui quello che ispirò Villaggio, ma il famigerato ingegner Bianchi, che aveva la scrivania in un sotto scala. La prima volta il nome arrivò nero su bianco sugli inserti curati dall'artista genovese sull'Europeo, dove cominciò a scrivere dei racconti, poi con i due libri e solo dopo con il film di Luciano Salce. Da un certo punto di vista però potremmo dire Fantozzi sia nato comunque nei cinema, ma in quelli londinesi degli anni '60, quando Villaggio andava ai matinée di una sala di Leicester Square per guardare cartoni animati dei Looney Toones. Lì qualcosa scattò nell'artista genovese; lì entrò in sintonia con una certa comicità fisica, quasi slapstick, che aveva a che fare con l'umiliazione, il fallimento e l'essere misero.

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Fantozzi che gioca a tennis.

Uno dei riferimenti di Fantozzi fu Gatto Silvestro, tant'è che nel primo capitolo della sua filmografia c'è una sequenza intera pensata per essere esattamente come una dei cartoni animati, ovvero quella della partita a calcio tra scapoli e ammogliati. Per realizzarla non furono chiamati degli stuntman, ma dei veri e propri clown, di cui uno, Clemente Ukmar, divenne la controfigura di Villaggio per tutti i suoi film. A tutti gli effetti, come disse qualcuno, "Fantozzi era un fumetto della società dei consumi".

La rivoluzione cinematografica di Fantozzi

Un primo piano di Paolo Villaggio in Fantozzi (1975), diretto da Luciano Salce
Paolo Villaggio in Fantozzi.

La chiave del successo di Fantozzi, così come della sua ideazione, al di là dell'autobiografia di Villaggio, della capacità di rappresentare l'uomo italiano piccolo e moderno, schiacciato dal capitalismo e dall'avvento del cosiddetto progresso, era il registro linguistico. Fantozzi è un personaggio tragico, non deve mai vincere, non se la deve mai cavare, ma deve far ridere, deve far ridere sempre. Questo è stata sempre la direzione, dal primo germoglio creativo al momento più basso del suo percorso cinematografico.

Non è un caso che l'idea della prima sequenza della pellicola di Fantozzi era quella di fornire allo spettatore un biglietto da visita completo e inequivocabile dell'universo del ragioniere, partendo anche dal modo in cui si era deciso di adattarlo per il grande schermo, che doveva diventare la sua casa principale, senza e senza ma. Parliamo della sequenza in cui il protagonista deve prendere l'autobus al volo, dopo aver organizzato al millesimo di secondo la sua possibilità di dormire il più possibile e comunque prepararsi in tempo per andare a lavoro. Fu una sequenza che sconvolse il linguaggio del nostro cinema, sia a livello semantico, dal momento che introdusse il grottesco nel linguaggio comico, sia a livello realizzativo.

Liù Bosisio e Paolo Villaggio in una scena di Fantozzi (1975)
Una scena di Fantozzi.

Si decise di approfittare della creazione di un tratto di strada della tangenziale est di Roma che passava proprio di fianco ad un palazzo non ancora inaugurato, quindi ancora deserto. Non solo, non era mai stata fatta nel nostro Paese una scena come quella della caduta di massa con effetto domino per la quale fu necessario assoldare tantissimi stuntman con doti sia aerobiche che comiche, presi dalla produzione dai film di Bud Spencer e Terence Hill. Fu una prima volta assoluta. Come se non bastasse, la sequenza segna anche il debutto della "voce lupata", come la chiamava Villaggio, ovvero quella che non solo divenne il voice over più riconoscibile della Storia del cinema italiano, ma creò la neolingua fantozziana, fondamentale per la creazione dell'universo.

Gli altri intorno al ragioniere

Anna Mazzamauro e Paolo Villaggio in Fantozzi
Anna Mazzamauro e Paolo Villaggio.

Al di là di Paolo Villaggio, ci furono altre figure fondamentali per la riuscita della mitologia fantozziana. Il primo è Luciano Salce, che non doveva neanche essere il regista dei primi due capitoli, fu scelto da Villaggio perché avevano lavorato insieme in Alla mia cara mamma nel giorno del suo compleanno. La regia doveva essere curata da Salvatore Samperi, specializzato in drammi, che aveva girato però la commedia Beati i ricchi proprio con Villaggio. Nel momento di iniziare però Samperi era affaccendato con le riprese di Malizia. Altre figure importantissime furono gli sceneggiatori Leonardo Benvenuti e Pietro De Bernardi, che firmarono nel 1975 anche Amici Miei. Loro due fecero la storia degli anni '80 italiani, arrivando a lavorare anche con Carlo Verdone e Sergio Leone.

Ci furono poi due personaggi in particolare che segnarono il successo inequivocabile di Fantozzi, ovvero i suoi due coprotagonisti: la signorina Silvani e il ragionier Filini, interpretati rispettivamente da Anna Mazzamauro e Gigi Reder. Tra l'altro due figure con cui Villaggio ebbe dei rapporti praticamente antitetici. Mazzamauro era una interprete teatrale molto seria, che cominciò a fare commedie dopo l'incendio che interessò il teatro dove la sua compagnia andava in scena. Le toccò dunque cominciare a lavorare per altre persone, anche facendo serate di cabaret, lì fu notata e assoldata. Non andò mai d'accordo con Villaggio e famosa fu la battuta che gli fece riguardo il non averla mai invitata a cena in trent'anni, ma il suo personaggio rappresentò il bilanciamento perfetto del ragioniere: la vamp da ufficio non bella, ma comunque impossibile.

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Paolo Villaggio e Gigi Reder.

Con Gigi Reder invece il rapporto era tutt'altro, tant'è che egli fu un vero e proprio compagno per Villaggio, il quale lo volle come spalla per ben 14 film, anche al di fuori del canone fantozziana. L'importanza del suo personaggio, il ragionier Filini, sta nel fatto che in un primo momento ereditò, addirittura, il nome di "Fracchia", che era stato anche il primo con cui fu battezzato Fantozzi. Lui fu la parte irrinunciabile, il completamento artistico ed esistenziale dello sfigato protagonista. Quello che, più di tutti gli altri personaggi, smaschera Fantozzi, rivelando il dramma insito all'interno nella misera borghesia italiana dopata di idoli, ma abbandonata a se stessa.