Dopo l'accoglienza positiva a Venezia 67, dove aveva ricevuto oltre 15 minuti di calorosi applausi nella sezione Fuori Concorso, Passione arriva il 22 ottobre in 50 sale italiane, tra nord a sud, pronto a seguire il successo del recente campione d'incassi Benvenuti al Sud. A presentarlo insieme a Fiorello, Raiz e Peppe Servillo, il simpatico regista John Turturro, qui in arte Giuà, che ci ha rivelato il suo amore per una città che gli ha conquistato il cuore e che vuole portare al cinema con un nuovo progetto. Passione è a metà tra un documentario e un film di fiction, il risultato di un lavoro molto approfondito di ricerche storiche e su campo che riesce a intrattenere il pubblico fra garbo, commozione e divertimento. Dopo aver portato nei teatri napoletani una rivisitazione di Questi fantasmi di Eduardo De Filippo, che presto vorrebbe portare sul grande schermo, Turturro torna in una città che riscopre con piacere e che, dice, gli trasmette una "vibrazione", una misteriosa combinazione di sentimenti che spera di comunicare attraverso musica e immagini.
Riuscito progetto di ripercorrere uno spaccato della storia della musica di Napoli per raccontare una città così emblematica e affascinante, Passione è un intreccio di generi diversi, una variegata contaminazione che porterà gli spettatori tra i vicoli dei quartieri popolari e in location storiche come il Castel dell'Ovo, il Palazzo dello Spagnolo e perfino l'Acquedotto romano. Sulle note di brani tradizionali, riarrangiati con il tocco di classe di musicisti come Enzo Avitabile ed Eugenio Bennato, canta una carrellata di artisti partenopei tra i quali Raiz, leader degli Almamegretta, e Peppe Servillo, cuore degli Avion Travel, ma tra loro s'intrufola con la sua travolgente allegria palermitana lo showman Fiorello, straordinariamente rassomigliante al regista con i suoi capelli sale e pepe e gli occhialini trendy Rayban, che interpreta per la seconda volta al cinema un successo di Carosone.Singolare la scelta della location per l'anteprima della pellicola questa sera a Napoli: il teatro Trianon Viviani, epocale struttura nel quartiere di Forcella e protagonista delle ultime polemiche scatenate dal licenziamento del direttore artistico Nino D'Angelo, che lo aveva riportato a una straordinaria rinascita. Il regista, che sarà presente all'evento, ci ha raccontato com'è riuscito a immortalare la sua Napoli senza i soliti cliché con l'aiuto della montatrice Simona Paggi e grazie al contributo artistico di interpreti fenomenali che in futuro, non esclude, potrebbero collaborare di nuovo insieme. Da dove nasce l'idea di un progetto cinematografico così originale?
Carlo Macchitella (produttore): La scintilla è partita da me più di tre anni fa quando pensammo a Napoli, che viveva uno dei suoi momenti più oscuri con la vicenda della monnezza. Volevamo fare qualcosa che potesse dare un'immagine migliore della città a tutto il mondo, ma anche che illustrasse un momento della sua storia. All'inizio nacque l'idea di un passaggio veloce sulla canzone napoletana. Parlandone con Alessandra Acciai e Giorgio Magliulo, ci venne in mente di affidarla agli occhi di uno straniero, a qualcuno che filtrasse attraverso gli occhi della sua cultura la nostra tradizione.
Luciano Sovena (amministratore delegato di Cinecittà Luce): Siamo stati coinvolti fin dall'inizio in questo progetto, ma è importante ricordare che ci ha sostenuto la Regione Campania. Usciremo con 50 copie e ci auguriamo buoni risultati, da nord a sud, come a Venezia, dove abbiamo avuto riscontri straordinari.
Signor Turturro lei cosa si aspetta da questo film?
John Turturro: Innanzitutto mi auguro che la gente resti sveglia e che lo accolga con lo stesso spirito con cui lo abbiamo realizzato, con interesse e umiltà verso una città sicuramente complessa.
Com'è stato per i cantanti prendere parte a quest'opera cinematografica al fianco di John Turturro?
Peppe Servillo: Per noi partenopei entra in gioco il pudore, la paura di conoscere chi ci sta vicino. Grazie a John noi abbiamo guadagnato tanto sulla nostra cultura, facendo emergere, senza esprimere giudizi, alcuni aspetti della nostra cultura che spero conquisteranno una platea internazionale. Credo che il suo modo di affrontare il lavoro si veda in un risultato autentico.
Raiz: Mi è piaciuto vedermi nella mia città, osservata da un occhio esterno e appassionato come quello di John Turturro. Noi da soli non saremmo stati capaci di scegliere né le canzoni né i luoghi perché troppo coinvolti. Lui è stato bravo e c'è qualcosa di psicoanalitico nell'osservare la nostra anima e anche la sua, un viaggio nelle radici e nelle canzoni con uno sguardo da innamorato. Lui ha scelto quelle che gli piacevano e sono stati esclusi artisti come Murolo, che però vivono nella musica che ha ereditato qualcosa da lui. Dopo Venezia, qualcuno mi ha detto che il film non è completamente libero dai luoghi comuni: io trovo che per troppo tempo c'è stata una querelle sull'eliminare cliché su Napoli, ma la verità è che il luogo comune lo ritroviamo anche nella Napoli del 2010.
Fiorello: Io sono in una posizione diversa dagli altri in quanto non sono napoletano e non sono un attore, cose che dissi subito a John quando mi propose di partecipare a questo progetto. E' la seconda volta che mi capita in un film americano d'interpretare una canzone di Carosone, dopo "Tu vuò fa l'americano" ne Il talento di Mr. Ripley. La versione di "Caravan Petrol" che ha scelto John ha detarantellizzato tutto! Poi basta seguire la voce di Pietra Montecorvino per capire che direzione abbia preso il film. Turturro è uno che racconta con grande passione... Guardateci: io penso che siamo due figli siciliani illegittimi!
John Turturro: Volevamo avere artisti di talento anche molto diversi tra loro. Avevo avuto la possibilità di partecipare al programma radiofonico di Fiorello, avevo anche assistito a un suo concerto quindi trovavo interessante affidargli "Caravan Petrol" così ho chiesto ad Enzo Avitabile di occuparsi degli arrangiamenti coi bottari e a lui d'interpretarla.
Fiorello ci racconti la tua esperienza sul set con John Turturro?
Fiorello: Quando mi ha detto che saremmo andati a girare sulla Solfatara, avevo paura del cavallo, ma per fortuna aveva scelto gli asini. Non ne avevo mai visto uno così grande in vita mia! Ho girato per sei ore su quel "ciuccio" e quando sono sceso mi sentivo come John Wayne. Turturro è instancabile, non si ferma mai, in questo è proprio americano.
Ti piacerebbe lavorare al cinema?
Fiorello: Facendo questo lavoro prima o poi sapevo che mi sarei confrontato con la canzone napoletana. Io dico sempre: "Io non sono un cantante, ma canto. Non sono un attore, ma atto"! Non so se mi piacerebbe fare cinema, per quello ci pensa già mio fratello, a scrivere libri ci pensa mia sorella, mia mamma fa la lapdance: ci siamo già divisi i compiti in famiglia.
Trovi che il cinema sia più vitale della televisione in Italia?
Fiorello: Direi che è più vitale la fiction. Sicuramente negli ultimi anni abbiamo assistito a un risveglio del cinema in Italia, come dimostra il recente successo di Benvenuti al Sud. Io preferisco gli spettacoli dal vivo, che già soddisfano la mia passione. Oggi in televisione non sono più i tempi di prima, il varietà costa troppo e non si fa più. Va bene così!
Signor Turturro lei pensa che Fiorello meriti un posto nel mondo dei film?
John Turturro: Fiorello, come tutti i cantanti che hanno partecipato a questo film, è stato un eccezionale attore e narratore. Io volevo che raccontasse una canzone oltre a interpretarla. Mi piacerebbe che lui recitasse, magari in un mio progetto.
John Turturro: Sì, sto lavorando all'adattamento.
Lei è riuscito a non cadere negli stereotipici tipici che spesso cristallizzano noi italiani all'estero. Che tipo di difficoltà ha avuto per girare in location storiche ma anche nei vicoli di quartieri problematici?
John Turturro: Non abbiamo avuto problemi nel girare nelle location scelte, nemmeno in quelle storiche come il Palazzo dello spagnolo e l'Acquedotto romano... Quello che cercavamo di fare era evitare i luoghi comuni, provare a non guardare con l'occhio del turista questa città ed eliminare i cliché quanto più possibile. Volevamo trovare un legame tra la vita che scorre oggi a Napoli e quella del passato.
Con Passione lei ha anche intrapreso un viaggio alla ricerca delle sue radici italiane? Il rapporto con l'Italia ha cambiato secondo lei il suo percorso artistico?
John Turturro: Quando ho lavorato con un regista come Francesco Rosi, mi ha lasciato il segno. Ci ho collaborato per 5 anni e lui mi ha fatto conoscere cose che non capivo e questo succede sempre quando inizi ad andare a fondo e vai oltre la superficie. E' stata una scoperta non personale, ma collettiva. Insieme a Simona Paggi abbiamo provato a scoprire cosa avevamo davanti a noi, non sapevamo in che direzione stavamo andando e, grazie anche alla collaborazione con lei e Marco Pontecorvo, il risultato è ancora adesso una sorpresa per noi.. Questo non è un film su una persona ma su un luogo che ha creato ed esportato tanta musica. E' stata un'esperienza che non ha pari rispetto a quello che ho fatto prima!
Carlo Macchitella: La nostra speranza era quella di avvicinarci a Carosello napoletano. Quando poi abbiamo visto il risultato ci siamo accorti di esserci andati vicino perché l'occhio affettuoso ma anche distaccato di John, qualcosa di così coinvolgente, ci hanno confermato di aver fatto la scelta giusta e di aver tentato dopo tanti anni questa scommessa. Poi sarà il pubblico a dirci se questo è stato un progetto ambizioso o solo un passaggio sulla cultura napoletana.
Signora Paggi, ci racconta questa esperienza?
Simona Paggi (montatrice): Passione è un bellissimo lavoro, nato come un film piccolo e cresciuto sorprendentemente. E' molto difficile pensare alla canzone napoletana perché è un mondo così esteso quindi è stato difficile scegliere le canzoni, ma Turturro è stato straordinario e l'ha fatto col cuore. Non sappiamo se è un documentario o un film di finzione, sulla realtà o sulla musica.
John Turturro: In realtà noi non abbiamo cercato di raccontare la storia della musica napoletana, ma abbiamo provato a realizzare un film d'intrattenimento che spingesse a conoscere questa musica, a presentarla a chi non la conosce o a ripresentarla a chi l'ha dimenticata. Napoli è un luogo misterioso sia per chi non ci abita sia per i suoi stessi abitanti: c'è qualcosa di veramente vibrante e vivo che si percepisce ovunque ed è come qualcosa d'infinito che percepisci anche quando la lasci. Mi ha colpito molto e credo di aver riportato nel film queste sensazioni.
Da italoamericano perché crede ci siano ancora tanti cliché sull'immagine dell'Italia all'estero e in America?
John Turturro: Posso dire che in generale per la maggior parte degli americani non c'è tanta curiosità verso le altre culture e quindi ogni cultura viene ridotta a uno stereotipo. Questo succede non solo per l'Italia, ma si finisce per applicare dei cliché con cui finiscono per confrontarsi gli attori italoamericani, come me.
La vibrazione di cui si parlava potrebbe essere una forza per superare i problemi napoletani?
Peppe Servillo: Nel recente passato ci sono stati divari che dimostrano che non si può continuare a parlare del problema di Napoli: quelli sono problemi dell'Italia. Napoli è una capitale del nostro Paese come lo sono Roma e Milano e questo stereotipo dovrebbe essere superato.
Raiz: Io credo che Napoli sia come il brufolo successivo a una cattiva alimentazione, puoi anche scacciarlo via, ma tornerà. Purtroppo il malcostume è un po' radicato nel corpo intossicato.
Fiorello: Io ho sentito gente di Arcore cantare canzoni napoletane...