Come successo lo scorso anno con The Wrestler di Darren Aronofsky, anche in questa edizione della Mostra del cinema di Venezia l'ultimo film presentato in concorso convince e commuove, candidandosi seriamente al Leone d'oro. C'era molta attesa per il debutto alla regia dello stilista Tom Ford, impegnato nella trasposizione di un romanzo dello scrittore omosessuale Christopher Isherwood, e il suo A Single Man si rivela tra le migliori opere viste quest'anno nel corso della kermesse. Il gusto e l'eleganza di Ford si confermano e si sublimano in questa toccante storia che vede protagonista uno straordinario Colin Firth nei panni di un professore universitario che deve affrontare la notizia della morte del suo compagno, interpretato da Matthew Goode. Il suo unico pensiero è spararsi un colpo di pistola in bocca, per raggiungere il suo amato, ma gli eventi di un'intera giornata sconvolgeranno i suoi piani, cambiando totalmente la sua visione della vita. Tra gli interpreti anche Matthew Goode, Nicholas Hoult e un'incredibile Julianne Moore. Accolti da una vera e propria ovazione, dopo quella tributata al film al termine della proiezione per la stampa, regista e attori hanno parlato del film durante una conferenza che ha visto levarsi numerosi voci che gridavano al Leone d'oro per il film.
Tom Ford, perché una persona che ha raggiunto il suo livello d'eccellenza nel campo della moda decide di affrontare ogni rischio per cambiare il suo modo di esprimersi, il suo mondo?
Tom Ford: Il cinema è qualcosa con cui volevo confrontarmi da tempo. Senza rischi la vita è noiosa. Il settore della moda è bellissimo, ma volatile. La moda è uno sforzo artistico commerciale perché alla fine si crea qualcosa per venderlo, è qualcosa di frivolo, fatto per un solo momento, quello in cui la donna esce in passerella. Il cinema è la cosa migliore che si possa fare perché attraverso di esso si crea un prodotto che rimarrà lì per sempre, qualcosa che dura nel tempo. Se sei un designer il cinema è davvero il massimo, perché crei delle persone, la loro vita, i loro gesti, la loro morte. Questo film è la cosa più personale ed artistica che abbia mai fatto, per me è espressione pura.Quando ha deciso di adattare il romanzo di Christopher Isherwood per il grande schermo?
Tom Ford: Ho letto il libro negli anni '80, ma solo un paio di anni fa ho deciso di sviluppare questo progetto. Mi sono chiesto cosa volessi dire passando al cinema e mi è tornato venne in mente questo libro che avevo letto da giovane. Giunto ai quarant'anni ho cominciato a considerare questa storia sotto una luce diversa, mi sono reso conto che diceva cose molto importanti.
Quello che nel romanzo era un tono costante di cinismo, nel film è diventato dolore e poesia. Come ha lavorato all'adattamento?
Tom Ford: E' stato un po' difficile trasporre il libro sullo schermo, soprattutto perché nel romanzo c'era molta prosa. Ho dovuto creare una struttura e una traccia per trasporre sullo schermo quello che l'uomo sentiva. A Single Man è il racconto di un uomo che si avvicina alla fine ed è colpito dalla bellezza della vita. Egli vive una specie di epifania in cui comprende cosa significa la vita. Muore perché non gli occorre capire di più, ha imparato la lezione sulla vita, ha raggiunto qualcosa che molti di noi non raggiungeranno mai.
Nel film si fa riferimento all'impossibilità per il protagonista di prendere parte al funerale del proprio amato. Siamo ancora molto indietro nell'allargamento dei diritti alle persone omosessuali e in Italia la situazione al momento è particolarmente terribile, con continui e violenti episodi di intolleranza ai loro danni. Come considerate questa situazione?
Colin Firth: Non conosco bene la situazione in Italia, quindi non sono in grado di fare commenti al riguardo. Sicuramente non c'è stato un gran progresso nella questione dei diritti per gli omosessuali. Il giorno in cui abbiamo girato la scena della telefonata durante la quale si parlava del funerale in California è passato il Proposition Act che vietava i matrimoni gay, una cosa che appariva davvero incredibile lo stesso giorno in cui Obama diventava il primo presidente nero degli Stati Uniti. E' stato qualcosa che riportava indietro il paese di cinquant'anni. A Single Man non è un film militante, è qualcosa di onesto, può essere considerata un'osservazione importante sull'argomento, ma è prima di tutto una storia d'amore ed è solo un caso che le persone coinvolte in essa siano due uomini.Tom Ford: Una delle ragioni per cui il libro di Christopher Isherwood è così importante è che non racconta la storia degli omosessuali, ma quella di un uomo innamorato, casualmente innamorato di un altro uomo. Di sicuro era un romanzo molto avanti per i tempi in cui è stato scritto.
Colin Firth ha dato una risposta politica sui diritti degli omosessuali. Anche lei intende dare un messaggio con questo film?
Tom Ford: Il mio è prima di tutto un film sull'amore e sul senso di isolamento, che sono sentimenti universali. Sono cresciuto a New York negli anni Settanta, ho accettato senza traumi la mia omosessualità, e ho avuto rapporti molto lunghi. Non c'è niente di provocatorio in questo film, è semplicemente una storia umana, d'amore. La legge in California a cui faceva riferimento Colin è qualcosa di disgustoso, perché è disgustoso proibire a persone che si amano di stare insieme e contrarre un legale ufficiale. Quando il mio partner è stato all'ospedale ho dovuto portarmi sempre dietro dei documenti, perché solo così potevo assisterlo e firmare documenti in sua vece. Il nostro sistema legale è antiquato e sarebbe il caso di cambiare le cose, però il mio film non si concentra su questo aspetto.
Nel film c'è un uso molto particolare e interessante dei colori. Com'è avvenuta la collaborazione col direttore della fotografia?
Tom Ford: Eduard Grau è un direttore della fotografia spagnolo, giovane e dal grande talento, e spero che sia chiaro che il colore intendeva comunicare i sentimenti del protagonista. Avevamo bisogno di un modo per esprimere allo spettatore le sensazioni di George e abbiamo usato questo stratagemma: quando è depresso il colore è piatto, uniforme, quando è felice tutti i colori diventano più intensi, vivaci, perché gli sembra di vivere in technicolor.Cosa significa per lei partecipare alla Mostra di Venezia col suo primo film da regista?
Tom Ford: E' un grande onore per me essere a Venezia. Ho un lungo rapporto di amicizia e di amore con l'Italia che è il luogo dove ho cominciato la mia carriera di stilista. Mi sento a casa in Italia e sono felice di essere qui.
Colin Firth, in questo film lei è sullo schermo dalla prima all'ultima ripresa. Come ha sopportato questa fatica?
Colin Firth: E' stato un grosso piacere lavorare con Tom Ford e come tutti i rapporti in cui si viene a creare un forte legame è stato fonte di piacere ma anche di problemi. Le riprese sono durate solo cinque settimane, ma giravamo anche di notte. E' stato un grande privilegio avere la fiducia di Tom per un ruolo che ha modellato in maniera così personale. Io ho cercato di ripagarla dando tutto me stesso, per interpretare il ruolo di George secondo la sensibilità di Tom. A nessun'altro era chiesto di fare questa cosa, solo a me, era tutto nelle mie mani e mi sono sentito enormemente fortunato. E' stato un qualcosa che ci ha segnato profondamente entrambi.
Qual è stato il suo rapporto col George di Isherwood e in che modo il suo fantasma ha influenzato la preparazione del suo ruolo?
Colin Firth: Il fantasma di George era presente, ma per rendere tuo un personaggio devi tradire un po' l'originale. Tom l'ha fatto, reinventando George. C'è molto di lui in questo personaggio, Il libro mi ha aiutato molto nella preparazione del mio ruolo, ma ho dovuto abbandonarlo perché il processo di creazione è sempre venuto da Tom, una creazione strana, stranamente reale per noi, ma anche misteriosa.
Tom Ford: Colin ha impersonato questo ruolo in modo incredibile. E' diventato George e io sono rimasto colpito e impressionato dal suo lavoro.
Si è ispirato a qualche attore del passato per prepararsi al ruolo?
Colin Firth: Ci sono tanti attori che mi hanno ispirato, anche quelli con cui ho lavorato in questo film, soprattutto Julianne Moore.Tom Ford: Colin e Julianne non cessavano un attimo di baciarsi sul set, era qualcosa di incredibile, anche perché Colin doveva essere gay!
Colin Firth: E' vero, la grande sfida del film era non baciare Julianne Moore. A parte gli scherzi, imparo sempre dagli altri attori durante il lavoro, anche dai giovani e dai bambini, che portano sempre qualcosa di nuovo sul set e non hanno ancora imparato abitudini cattive. Dobbiamo tornare a guardare e a credere come i bambini.
Tra gli attori del passato, ho preso come punto di riferimento Paul Scofield, il protagonista di Un uomo per tutte le stagioni, un'interpretazione che mi ha segnato perché ho visto in lui una sincerità che non ho mai visto in nessun altro attore. Era sempre molto fermo, sereno, ma la sua faccia esprimeva verità, e ciò rappresentava un bel paradosso perché in realtà era finta. Anche Spencer Tracy aveva questa qualità.
Julianne Moore, come considera il periodo storico in cui è ambientato il film?
Julianne Moore: A Single Man è ambientato negli anni Sessanta, un'epoca totalmente diversa per esempio dagli anni Cinquanta, che ho affrontato in Lontano dal paradiso. Ho amato il lavoro di Tom perché in esso è ben visibile il cambiamento di quegli anni, nelle abitudini e nei costumi. E' stata una grande lezione di narrativa questo film, non si sa come finisce la storia fintando che non si chiude. Questo è il valore in più delle pellicole ambientate in una certa epoca, perché ci permettono di prendere le distanze dal personaggio.