Icona di sensualità e talento, Sharon Stone non ha mai smesso di sorprendere. Oltre l'aura di Basic Instinct, dietro il sorriso magnetico si cela una vita segnata da traumi, cadute e rinascite. Oggi, con lucidità e ironia, l'attrice guarda indietro senza censure, trasformando dolore e resistenza in racconto.
Sharon Stone, gli abusi del nonno e della madre
Sharon Stone affronta senza mezzi termini il nodo più difficile della sua biografia: gli abusi subiti dal nonno e le cicatrici lasciate nella vita della madre, Dot, figura tormentata e incapace di offrire quella tenerezza che la figlia avrebbe desiderato.

Nel memoir Il bello di vivere due volte, l'attrice racconta di aver interrotto il silenzio familiare, spezzando una catena di violenza che per generazioni aveva segnato le donne della sua famiglia. "Quando spezzi la catena familiare pensano che tu sia pazza", afferma con un misto di fierezza e amarezza. È una confessione che restituisce la durezza delle sue origini e la tenacia con cui ha imparato a sopravvivere.
In un'intervista per il Corriere della Sera, Stone racconta nel dettaglio: "Non c'è stato giorno nella vita di mia madre in cui lui non l'abbia picchiata, da quando avevo cinque anni fino a quando, a soli nove anni, lasciai la casa di famiglia per diventare domestica. Mia madre, mia sorella e io, tutte noi abbiamo subito abusi da lui. Mio nonno ha abusato sessualmente di mia madre e di tutte le sue sorelle. Durante una lezione di ginnastica, mi uscì del sangue da dietro la divisa e l'insegnante fece intervenire i servizi sociali. Togliendole la maglietta, notarono che era stata picchiata con tale violenza da avere la schiena ricoperta di cicatrici e sangue."
Stone continua a raccontare l'inferno che ha vissuto, dimostrando un mondo di dolore per tutte le donne della sua famiglia: "Credo che gli abusi siano la causa dell'infermità mentale di tutte le mie zie. Sono state sottoposte a trattamenti per problemi di salute mentale. Erano in cinque e solo mia madre è sopravvissuta oltre i 50 anni. C'erano anche un paio di altre sorelle che sono però morte da bambine. Io mi sono allontanata da lui intorno ai cinque o sei anni, prima che le molestie sessuali nei miei confronti diventassero più pressanti. Ero una ragazzina molto intelligente. Me la sono cavata con abusi molto più leggeri rispetto a quelli subiti dalle altre".
Il ricordo della madre, recentemente scomparsa, emerge in un intreccio di sarcasmo e dolore: Dot, con la sua lingua tagliente e un'ironia corrosiva, fino all'ultimo non ha risparmiato battute feroci, persino sul letto di morte. Sharon non lo nega, anzi, lo racconta con un sorriso amaro, quasi a trasformare l'insopportabile in teatro. "Negli ultimi giorni mi avrà detto "Ti prendo a calci nella f..." probabilmente 40 volte. Ma delirava. E quando l'ultima cosa che tua madre ti dice prima di morire è: "Parli troppo, mi fai venire voglia di suicidarmi", e tutta la stanza ride, l'unico tuo pensiero è che abbia davvero esagerato questa volta! Ma lei era così. Non riusciva proprio a trovare tenerezza e pace dentro di sé".
L'attrice riconosce però che dietro quella durezza c'era una vita segnata dall'abuso, dalla violenza e dalla paura. Una madre incapace di amare pienamente, ma la cui storia ha inevitabilmente plasmato la figlia.
Il peso di un'immagine e la voglia di riscatto
Se la sua famiglia le ha lasciato cicatrici invisibili, Hollywood ha inciso su di lei ferite altrettanto profonde. Con Basic Instinct Sharon Stone conquistò fama planetaria, ma il ruolo di Catherine Tramell diventò anche una gabbia: confondere la donna con il personaggio la rese per anni prigioniera di uno stereotipo che l'ha limitata, professionalmente e nella vita privata. Persino la battaglia legale per la custodia del figlio fu segnata da quell'etichetta: "Mi hanno ridotta a un'attricetta di film erotici, insinuando che fossi una madre inadeguata", ricorda.

Poi l'ictus, che a 43 anni l'ha costretta a ricominciare da zero. Parlare, leggere, camminare: ogni gesto è tornato a essere conquista. "A quei tempi, come donna, se ti succedeva qualcosa, eri finita", racconta, consapevole di come la malattia venisse considerata quasi una colpa. Eppure Stone non si è fermata. Ha continuato a recitare, a dipingere quadri venduti a cifre importanti, a impegnarsi come attivista raccogliendo fondi contro l'Aids, a crescere i suoi tre figli.
"Anche il nostro governo odia le donne. Non importa, perché siamo noi a partorirvi. Siamo noi a prenderci cura di voi. Siamo noi a crescervi. Siamo noi a nutrirvi. Siamo noi a creare il nido per voi. Siamo noi ad aiutarvi a trovare le vostre cose, perché senza di noi non riuscireste nemmeno a trovare i vostri fottuti calzini. Quindi, schieratevi pure contro le donne quanto volete, fate pure bambini in provetta se questo è il mondo in cui volete vivere, e divertitevi pure! La società non ha mai concepito che una donna possa essere avvenente e intelligente. E magari gentile. E magari simpatica. E magari divertente. E magari madre. E magari capofamiglia. No, no, no, no. Una donna non può essere tutte queste cose, perché in quel caso, oh mio Dio, sarebbe pari a un uomo! Se fossi avvenente, intelligente e divertente, cosa ne sarebbe della società?"
Oggi, in Io sono nessuno 2, si diverte nei panni di una boss femminista, dimostrando di saper piegare persino i ruoli più duri al suo carisma. La Stone di oggi non è più solo icona di un film che l'ha resa eterna, ma un'artista che ha imparato a trasformare le proprie cicatrici in colore e voce, consapevole che la sua "eccessiva bravura" è il marchio che nessuno potrà toglierle.