Roman Polanski: "Con l'omicidio di Sharon Tate è iniziata la persecuzione nei miei confronti"

Roman Polanski parla delle accuse nei suoi confronti e dell'omicidio della moglie Sharon Tate, uccisa 50 anni fa nella sua villa di Bel Air.

Roman Polanski commenta le polemiche nate su di lui a Venezia 2019 e il trauma duraturo dovuto all'omicidio di sua moglie Sharon Tate.

La 76 Mostra del Cinema di Venezia è iniziata solo da un giorno ed è già stata dominata dalle polemiche della Presidente della Giuria Lucrecia Martel sul regista Roman Polanski, il cui nuovo film An Officer And A Spy debutta in concorso. Il regista non sarà presenta al festival, ma ha rilasciato un'intervista sorprendentemente lunga per le note di stampa del film parlando anche della morte della moglie Sharon Tate: "Il modo in cui la gente mi vede, la mia 'immagine', ha davvero iniziato a formarsi con la morte di Sharon Tate. Quando accadde, anche se stavo già attraversando un momento terribile, la stampa si impadronì della tragedia e, incerta su come affrontarla, la coprì nel modo più spregevole, sottintendendo, tra l'altro, che ero tra i responsabili del suo omicidio, in un contesto di satanismo. Per loro, il mio film Rosemary's Baby ha dimostrato che ero in combutta con il diavolo! Durò diversi mesi, finché la polizia non trovò finalmente i veri assassini, Charles Manson e la sua "famiglia". Tutto ciò mi perseguita ancora oggi."

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Nell'intervista, Polanski racconta anche come è arrivato a realizzare il film presentato a Venezia 2019 che parla del famigerato affare antisemita Dreyfus del 1894 in cui un ufficiale ebreo in Francia fu ingiustamente condannato per tradimento e condannato all'ergastolo: "Le grandi storie spesso fanno grandi film e l'affare Dreyfus è una storia eccezionale. La storia di un uomo ingiustamente accusato è sempre affascinante, ma è anche una questione molto attuale, vista la spinta dell'antisemitismo".

In merito al suo ultimo lavoro, Roman Polanski ne parla come un aiuto per dimenticare dalle vessazioni contro di lui, come l'attuale maccartismo neo-femminista che l'ha escluso dalla corsa all'Oscar: "Lavorare, girare un film come questo mi aiuta molto. Nella storia, a volte trovo momenti in cui ho vissuto me stesso, posso vedere la stessa determinazione nel negare i fatti e condannarmi per cose che non ho fatto. La maggior parte delle persone che mi perseguitano non mi conoscono e non sanno nulla del caso... Il mio lavoro non è terapia. Tuttavia, devo ammettere che ho familiarità con molti dei meccanismi dell'apparato di persecuzione mostrati nel film, e questo mi ha chiaramente ispirato"