Questa sera, 10 dicembre, Rai 3 proporrà in prima serata, a partire dalle 20:55, una nuova puntata, di Report. Sigfrido Ranucci e il suo team ci guideranno attraverso quattro inchieste: dalla Vino connection Al mistero della chiesa di San Biagio ai Taffettanari.Ecco cosa ci aspetta in questa serata.
Report: Le inchieste del 17 dicembre
Stasera Report ritorna con quattro inchieste, la principale è incentrata sui vini italiani. Si passa poi alla rete di imprese di Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia al mistero sulla proprietà della chiesa di San Biagio ai Taffettanari a Napoli. Infine l'ultimo servizio è dedicato ad un dipinto di proprietà di Vittorio Sgarbi.
Vino connection di Emanuele Bellano con la collaborazione di Chiara D'Ambros e Roberto Persia.
I vini italiani si dividono in Docg, Doc, Igp e vino da tavola. Quanto più sono in alto in questa classificazione a piramide, tanto più stringenti saranno le regole che i produttori devono rispettare per produrli.
Ogni tipologia di vino a denominazione è regolata da un disciplinare che fissa le caratteristiche che le uve devono avere, come devono essere coltivate e cosa è possibile fare e cosa no durante la vinificazione.
Esiste però un grande numero di pratiche enologiche che permettono di migliorare i parametri di uve scadenti fino a farli rientrare in quelli previsti dalla norma e alla fine venderli anche come vini a denominazione.
Proprio per questo produttori senza scrupoli acquistano sul mercato mosti e uve di bassa qualità o addirittura uve da tavola che costano molto meno, le sistemano artificialmente e poi le imbottigliano come vino. Il settore è controllato dalla Repressione Frodi del ministero dell'Agricoltura.
Ma i controlli non sempre sono come dovrebbero essere: l'intreccio tra politica, grande industria del vino e dirigenti della Repressione Frodi può distorcere il meccanismo di controllo al punto da usare le indagini giudiziarie come un mezzo per colpire produttori scomodi.
C'era un cinese a Venezia di Walter Molino e Andrea Tornago.
Luigi Brugnaro è sindaco di Venezia dal 2015 ed è proprietario di LB Holding, una rete di imprese che nel 2022 ha fatturato 1 miliardo di euro.
Nel dicembre 2017, per far fronte al suo conflitto di interessi, annuncia di aver affidato la gestione delle sue aziende a un fiduciario estero, l'avvocato americano Ivan Anthony Sacks. È il primo blind trust mai costituito in Italia.
Ma l'avventura politica di Brugnaro ha fatto bene o ha fatto male alle sue vecchie imprese? L'inchiesta di Report affronta con documenti inediti il presunto conflitto di interessi di Brugnaro, tra progetti urbanistici su terreni inquinati e palazzi pubblici venduti a prezzi di saldo.
Abbiate Cur(i)a di noi di Danilo Procaccianti con la collaborazione di Goffredo De Pascale.
Un anno di ricerche negli archivi non ha prodotto nulla: la proprietà della chiesa di San Biagio ai Taffettanari, in pieno centro storico a Napoli, resta ancora da definire.
Intanto, una famiglia di pregiudicati dispone a suo piacimento del tetto della chiesa e della canonica, un edificio di quattro piani dove alcuni di loro hanno scontato anche i domiciliari.
Eppure, qualcuno della Curia partenopea un contratto di locazione sembra averlo firmato con quella famiglia. Chi? E a quale titolo? Le difficoltà da parte della Curia nella gestione dell'immenso patrimonio artistico e architettonico non finiscono qui.
Una delle più evidenti è il balcone abusivo costruito decine di anni fa sulla facciata di un'altra chiesa cinquecentesca, quella di Sant'Arcangelo a Baiano. Inserito in una lista del Comune di 30mila interventi di abbattimento grazie alla tenacia della Soprintendenza, il balcone che deturpa il monumento è al numero 1.340.
Se si considera che la polizia municipale effettua una quarantina di abbattimenti l'anno, fra 33 anni lo scempio sarà rimosso. La Curia e il Comune si sono messi l'anima in pace? Il turismo culturale a Napoli è anche questo.
La tela di Vittorio di Manuele Bonaccorsi con la collaborazione di Thomas Mackinson e Federico Marconi
L'8 dicembre 2021 a Lucca Vittorio Sgarbi, in una mostra da lui curata, presenta un'opera inedita di sua proprietà. Si chiama "La cattura di San Pietro" del pittore caravaggista Rutilio Manetti. Valore di mercato: alcune centinaia di migliaia di euro.
Secondo il testo curatoriale, firmato da Sgarbi, l'opera proviene da Villa Maidalchina, una residenza nobiliare del Viterbese, di proprietà del critico d'arte. Nessuno si accorge, però, che un'opera che appare del tutto identica risulta rubata.
Il dipinto è contenuto nella banca dati del nucleo di tutela dei Beni Culturali, in seguito alla denuncia della signora Margherita Buzio. Nel febbraio 2013 la signora Buzio racconta ai carabinieri della Caserma di Vigone (TO) che ignoti si sono introdotti nel castello di sua proprietà e hanno ritagliato e asportato la tela di Manetti.
Al suo posto, con una spillatrice, hanno piazzato una pessima foto dell'opera. La vittima del furto avanza anche dei sospetti: una persona di nome Paolo Bocedi, alcune settimane prima del furto, aveva visitato per due volte il castello, chiedendo di acquistare proprio quell'opera.
Paolo Bocedi è uno storico collaboratore e amico di Vittorio Sgarbi. Proprio Bocedi, nella primavera del 2013, consegna per conto di Vittorio Sgarbi un'opera strappata e arrotolata al restauratore Gianfranco Mingardi di Brescia.
Per Mingardi è proprio La cattura di San Pietro di Manetti, la stessa opera rubata al castello di Buriasco ed esposta nel 2021 a Lucca. C'è solo una differenza: nel quadro esposto a Lucca, in alto a sinistra appare una candela che nell'opera consegnata al restauratore non c'era.
Secondo Mingardi si tratta di un elemento aggiunto dopo il restauro, per rendere l'opera irriconoscibile. Per il resto l'opera di Lucca, spiega Mingardi, è identica a quella da lui restaurata. Sgarbi, interpellato da Report, ribatte che il dipinto si trovava a Villa Maidalchina, è stato rinvenuto dal critico dentro un interstizio.
Ma l'ex proprietario, Luigi Achilli, lo smentisce: la villa da lui ceduta a Sgarbi nel 2000 era abbandonata e completamente spoglia. Il testo curatoriale della mostra di Lucca spiega anche che la presenza dell'opera nella villa Maidalchina sarebbe certificata da un atto notarile del 1649. Ma Report ha verificato all'Archivio di Stato di Viterbo: l'atto seicentesco non fa alcuna menzione dell'opera.