Christopher McQuarrie racconta a Collider i retroscena di Mission: Impossible - The Final Reckoning, svelando i pericoli reali affrontati da Tom Cruise, i lunghi anni di progettazione dietro certe sequenze e la mancata corsa nello spazio.
Mission: Impossible, verso l'infinito e oltre
Il destino della saga di Mission: Impossible si avvicina al suo epilogo e, almeno per ora, pare che l'ottava missione sarà anche l'ultima. Dietro la macchina da presa, per la quarta volta, c'è Christopher McQuarrie, che in questa corsa finale ha voluto chiudere un cerchio aperto nel lontano 1996. In Mission: Impossible - The Final Reckoning, Ethan Hunt affronta un nemico tanto invisibile quanto letale: un'intelligenza artificiale chiamata "Entity" che minaccia il destino dell'umanità. Ma più che alla trama, a far battere il cuore è il modo in cui queste avventure vengono portate sullo schermo: sequenze acrobatiche, inseguimenti mozzafiato e stunt che, come racconta il regista stesso, nascono da idee coltivate per anni e realizzate solo ora. È il caso della scena finale in Trafalgar Square e di quella ad alta quota sul biplano, una delle più estreme mai girate. "Tom stava cominciando a perdere rapidamente le forze", confessa McQuarrie, riferendosi alla fatica fisica dell'attore nel restare aggrappato all'ala dell'aereo. Un'idea che, dice, aleggiava nell'aria sin da Mission: Impossible - Rogue Nation.

Se vi stavate chiedendo se Hunt avrebbe mai fatto una capatina nello spazio, la risposta è no. "La cosa complicata nello girare in assenza di gravità è che Mission: Impossible si basa completamente sulla gravità", spiega McQuarrie. Ogni salto, ogni corsa sui tetti, ogni lancio nel vuoto: tutto dipende da quell'inesorabile forza fisica che rende gli stunt così tangibili. Ed è proprio su questo realismo che il regista ha costruito l'identità visiva della saga.
Nonostante ci siano ore di girato rimasto sul pavimento della sala di montaggio - incluso un intero arco narrativo girato sull'isola di St. Matthew, poi scartato - McQuarrie non si mostra incline a offrire un director's cut: "È come se ti servissi un'omelette, e poi ti portassi anche i gusci d'uovo". Difficile immaginare un altro addio a Ethan Hunt, ma per ora il regista non ha ancora metabolizzato il commiato. "Sto ancora sognando il film la notte", dice. Forse, anche questa volta, l'impossibile ha solo bisogno di più tempo.