In La città incantata, Hayao Miyazaki non si limita a raccontare una fiaba: intreccia temi ecologici, memorie personali e riflessioni sociali con delicatezza. Dietro lo Spirito del Cattivo odore si cela una denuncia ambientale ispirata da esperienze reali, che il regista ha vissuto in prima persona diverse volte.
Come Miyazaki si è ispirato alla sua vita ne La città incantata
Non è soltanto la fantasia a muovere la matita di Hayao Miyazaki, ma anche l'osservazione attenta di ciò che lo circonda. A differenza di altre sue opere ispirate a fonti letterarie o a leggende folkloriche, La città incantata nasce da uno sguardo ravvicinato: quello rivolto alla figlia di un suo amico. Da lì prende forma Chihiro Ogino, l'eroina riluttante di un mondo sconosciuto in cui crescere è un atto di coraggio. Miyazaki voleva raccontare qualcosa in cui le bambine reali potessero rispecchiarsi: "Mi chiedevo sempre se la figlia della mia amica o le sue amiche sarebbero state in grado di fare quello che faceva Chihiro", ha raccontato. Non si trattava soltanto di creare una protagonista forte, ma di costruire un personaggio che si muovesse con la stessa goffaggine, forza e incertezza di una vera ragazzina di dieci anni.

Ma è un altro dettaglio, più nascosto e vischioso, a contenere forse il nucleo più intimo e personale del film. La scena in cui Chihiro affronta lo Spirito del Cattivo odore, liberandolo dalla sporcizia e da un manubrio incastrato nel fianco, è molto più di un momento surreale. È un riflesso diretto dell'impegno civile di Miyazaki: nel suo quartiere partecipava personalmente alla pulizia del fiume, in un Giappone ancora segnato dall'inquinamento industriale.
Sotto il velo dell'animazione, La città incantata è anche una parabola ecologista che parla sommessamente di acqua avvelenata, incuria e speranza. Il regista giapponese trasforma una scena grottesca in una denuncia tanto poetica quanto concreta: "Ci sono così tante cose su cui non possiamo fare nulla se pensiamo solo in grande. Ma se ci concentriamo sui piccoli particolare, ci accorgeremo che c'è una strada facile da percorrere. Un essere umano può spesso essere soddisfatto dei piccoli gesti", ha dichiarato.
Questo approccio, che potremmo chiamare "microscopico", pervade anche altre opere dello Studio Ghibli: in "Il mio vicino Totoro", "La principessa Mononoke", "Porco Rosso", Miyazaki intreccia l'infanzia con il trauma storico, la natura con il progresso, il desiderio con il disincanto. E lo fa sempre con un tocco personale, non ostentato ma tangibile. La città incantata diventa così un ponte tra il reale e l'irreale, tra la fanciullezza e la responsabilità, tra un gesto quotidiano come raccogliere un rifiuto da un fiume e l'epopea di un'anima che si purifica nel fango.