A differenza della rivale Marvel, che ha fatto delle scene durante e dopo i titoli di coda uno dei suoi marchi di fabbrica dal 2008 in poi, la DC Comics si è servita di tale espediente in modo più selettivo e saltuario: se pensiamo all'universo condiviso inaugurato nel 2013 da L'uomo d'acciaio, solo due dei cinque lungometraggi usciti tra il 2013 e il 2017 avevano delle sequenze aggiuntive. Adesso ce n'è un terzo: Aquaman, il kolossal subacqueo diretto da James Wan, che si serve dello stratagemma del mid-credits per porre le basi per un sequel che, a giudicare dagli incassi, sarà inevitabile. Qui sotto spieghiamo le implicazioni narrative di quella scena. Attenzione, non continuate la lettura se non avete visto il film!
Il film - di cui abbiamo parlato nella nostra recensione di Aquaman - si conclude con l'ascesa al trono di Arthur Curry (Jason Momoa) e con il ricongiungimento dei suoi genitori. Il perfido Orm (Patrick Wilson) è stato sconfitto e imprigionato, e il suo temibile scagnozzo umano Black Manta (Yahya Abdul-Mateen II) è scomparso in mare durante uno scontro in Sicilia. O almeno così sembrava: il mercenario è, a sorpresa, ancora vivo, e nel mid-credits viene ripescato da alcuni uomini che lo consegnano a Stephen Shin (Randall Park). Quest'ultimo era già apparso all'inizio del lungometraggio: è uno scienziato che nessuno prende sul serio poiché crede nell'esistenza di Atlantide. Dopo aver appurato che le armi di Black Manta sono di origine atlantidea, Shin chiede al criminale di mostrargli dove le ha ottenute. Manta accetta, a patto che lo scienziato lo aiuti a ritrovare e uccidere il sovrano di Atlantide. La scena si conclude con il mercenario che lancia un coltello verso la parete, colpendo un ritaglio di giornale intitolato "Chi è Aquaman?". È pertanto ipotizzabile che il sequel parlerà della vendetta di Manta, il cui padre è stato indirettamente ucciso da Arthur.