Nessun nome nei titoli di coda 2019

Documentario sui fratelli Spoletini, che nel dopoguerra hanno lavorato nel cinema come comparse in una miriade di film. Proprio all’interno dell’opera c’è una sequenza che ritrae i funerali di Fellini e tra i grandi nomi del cinema italiano c’è un gruppo di uomini di mezz’età, una decina di persone, a cui il commentatore Paolo Frajese si rivolge commosso indicandoli come gli “artigiani del cinema, volti a me e a voi sconosciuti, ma che a ognuno Fellini aveva dato un soprannome affettuoso”.

Proprio al centro di questo gruppo si trovava all’epoca Antonio Spoletini. Alla veneranda età di ottantadue anni Antonio continua la sua arte, il suo lavoro; ha lavorato praticamente con tutti, da Fellini a Orson Welles, anzi si farebbe prima a dire con chi non ha lavorato.

Cinecittà è la sua seconda casa e mentre ne percorre le strade e i teatri, lo seguiamo mentre è alla ricerca di un film in particolare, un’opera di “Federico”, Roma. Antonio è profondamente legato a quest’opera di Fellini a cui ha partecipato. Il legame con il regista è il filo conduttore tra il presente e i ricordi e questa ricerca diventa un po’ il fulcro del documentario, incorniciando la storia di Antonio nel momento in cui si tirano le somme della propria vita.