Per anni Paul Thomas Anderson ha trovato enormi difficoltà per reperire i fondi necessari a ultimare il suo The Master. L'argomento 'proibito' - il film è ispirato, anche se liberamente, alla genesi di Scientology e il personaggio interpretato da Philip Seymour Hoffman ricorda molto da vicino il suo fondatore L. Ron Hubbard - evidentemente non riscuoteva grandi simpatie in quel di Hollywood, terreno fertile per la setta a cui appartengono divi come Tom Cruise e John Travolta. Alla fine il valore di Anderson ha avuto la meglio. Il regista che fino a oggi non ha sbagliato un film oggi sbarca a Venezia con la pellicola più attesa di questa edizione della Mostra, un film complesso, raffinato e potente. A interpretarlo due dei migliori attori presenti sulla piazza, il grandissimo Philip Seymour Hoffman e il redivivo Joaquin Phoenix. L'attore, subentrato in un secondo tempo nel cast di The Master (la prima scelta di Anderson era Jeremy Renner), dopo aver ingannato il pubblico con il giocoso Joaquin Phoenix - Io sono qui! torna al grande cinema con quella che potrebbe rivelarsi la miglior performance della sua carriera. L'attore continua ad alimentare voci sulle sue stranezze caratteriali presentandosi in conferenza come se ancora non avesse smesso del tutto il ruolo di Io non sono qui. Si rifiuta di rispondere alla maggior parte delle domande e dribbla l'attenzione sfuggendo ai riflettori, ma la sua perfomance valle mille capricci e il pubblico italiano la potrà scoprire l'11 gennaio quando The Master arriverà al cinema distribuito da Lucky Red.
Paul, l'aspetto narrativo di The Master è caratterizzato da una forma ellittica. Perché questa scelta?.Paul Thomas Anderson: In realtà il mio metodo è quello di andare in sala montaggio, eliminare il superfluo e sperare che il resto sia sufficiente a narrare una storia. Scherzi a parte, ciò che mi interessava era raccontare una storia d'amore e d'affetto tra i miei personaggi.
E' vero che Tom Cruise e Scientology sono irritati dal tuo film?
Paul Thomas Anderson: Tom ha già visto il film, ma il resto della storia resta tra me e lui.
Quanta libertà avete avuto nella costruzione dei vostri personaggi?
Philip Seymour Hoffman: Paul dà grande libertà di scelta. Lui ama gli attori, li rispetta, ma vuole che siano responsabili delle loro azioni. Il dibattito che si è aperto all'inizio della lavorazione è ancora in corso. Continuiamo a sviluppare i personaggi parlandone, ma dato che Paul è molto intelligente sulla carta sono già scritti molto bene.
Philip Seymour Hoffman: Conosco Paul da vent'anni. E' sopratutto un amico. Lavorare con lui è un di più. Sappiamo come lavorare assieme, sappiamo trarne il meglio e ci divertiamo molto, ma l'amicizia viene prima di tutto. Ho partecipato a tutte le fasi della produzione e visto che io e Paul ci conosciamo da tanto sappiamo come risolvere i problemi.
Paul ha parlato di 'storia d'amore' tra i due personaggi. Che cosa vedono l'uno nell'altro?
Philip Seymour Hoffman: Non so, lo devo capire anche io. Quello che è certo è che sono entrambi selvaggi. Anche se provengono da ambienti diversi hanno una stessa tendenza, vogliono addomesticarsi a vicenda e liberare se stessi nell'altro.
Joaquin, tu come hai costruito il tuo personaggio?
Joaquin Phoenix: Io non penso di aver mai avuto libertà. Paul mi ha detto cosa fare. Non so da dove provenga il personaggio e non mi interessa.
Paul, il rapporto padre-figlio è un tema che emerge in molti tuoi film ed è sempre trattato in maniera angosciante. Come mai questo ritorno?
Paul Thomas Anderson: E' vero, è un tema che mi interessa molto, ma questa non è una relazione filiale. E' più un rapporto amoroso, anche se atipico.
Il film è stato girato il 70 mm. Perché hai scelto questo formato?
Paul Thomas Anderson: Ho fatto degli esperimenti per vedere come sarebbe venuto il look del film. I tecnici mi hanno suggerito di usare questo formato e io ho accettato, ma ho avuto difficoltà durante la lavorazione perché la cinepresa era enorme, si rompeva sempre e faceva un sacco di rumore. Però ha fornito un'epica particolare nella resa visiva del film, nei primi piani e nei campi lunghi.
Paul, ci puoi raccontare come hai scelto gli attori? E' arrivata prima la sceneggiatura o prima gli attori?
Paul Thomas Anderson: Da tempo volevo lavorare con Joaquin, ma lui è un po' difficile e ha sempre rifiutato. Stavolta però ha detto di si. Con Philip siamo molto amici perciò ero certo che avrebbe detto di si. Quanto a Amy Adams è un'attrice straordinaria ed è lei che decide i ruoli. Le è piaciuto il film e ha accettato. Sfortunatamente oggi non è qui perché è impegnata a Broadway, ma le sarebbe piaciuto molto essere con noi.
Paul Thomas Anderson: Non so, forse il film potrebbe essere ambientato ovunque. Anche i personaggi sono universali, ci sono un mentore e un seguace. Il mentore soffre perché il suo seguace lo abbandona. In questo non vedo aspetti sociologici legati in modo specifico all'America.
Però l'ambientazione post-bellica è molto specifica.
Paul Thomas Anderson: In effetti il film è ambientato negli anni '50, dopo la fine della guerra. Quella era un'epoca in cui molte famiglie si spostavano da uno stato all'altro quindi la situazione che mostro è tipica di quel momento.
Il ruolo della moglie del maestro è centrale. E' lei il vero maestro? Puoi chiarire la sua figura?
Paul Thomas Anderson: I ruoli di marito e moglie sono fluttuanti, a volte si invertono, come nella vita. Ciò accade normalmente in tutti i rapporti di coppia.
Tra le scene più intense del film ce n'è una ambientata nella prigione. Puoi dirci come è stata realizzata?
Paul Thomas Anderson: Quella in prigione è una scena estremamente violenta. Sfortunatamente il water che si vede rompere nel film era un vero sanitario d'epoca perciò sapevamo che avremmo potuto girare la scena una volta sola. Quello è un edificio storico e ora sono rimasti senza bagno.
Prosegue la tua collaborazione col chitarrista Jonny Greenwood che anche stavolta ha curato la colonna sonora. Puoi raccontarci come è andata la vostra seconda esperienza?
Paul Thomas Anderson: Lavorare con Jonny è straordinario. Ormai siamo diventati amici. Non avevo molte indicazioni da dargli perciò gli ho fatto vedere il poco materiale che avevo a disposizione e lui ha scritto i brani che trovava più appropriati. In più abbiamo utilizzato meravigliose canzoni d'epoca come il brano di Ella Fitzgerald.