Zucchero - Sugar Fornaciari alla Festa di Roma: “Ancora adesso ho la sensazione di non sentirmi mai a casa"

Zucchero - Sugar Fornaciari, il film di Valentina Zanella e Giangiacomo De Stefano, esce il 23, 24 e 25 ottobre dopo la presentazione alla Festa del Cinema di Roma; il bluesman si è messo a nudo raccontando del bisogno di una casa, di depressione e di come ne è uscito.

Zucchero - Sugar Fornaciari alla Festa di Roma: “Ancora adesso ho la sensazione di non sentirmi mai a casa'

Wherever I lay my hat, that's my home

"Ovunque io appoggi il mio cappello, quella è casa mia". È questo che recita una famosa canzone di Marvin Gaye, e la frase appare in sovraimpressione nell'ultima sequenza di Zucchero - Sugar Fornaciari, il film di Valentina Zanella e Giangiacomo De Stefano, in uscita come evento speciale il 23, 24 e 25 ottobre dopo la presentazione in anteprima di oggi alla diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma. E uno dei temi della storia di Zucchero è proprio questo: il senso di straniamento, il non sentirsi mai davvero a casa, che è scaturito sin da bambino, quando a 11 anni è stato sradicato dalla sua Roncocesi per andare a Forte dei Marmi. Non ha mai trovato casa, non ha mai trovato pace Zucchero, in tanti anni. E alla fine ha scelto di stare sempre su un palco, l'unico posto dove sentirsi a casa, perché non ci si sentiva in nessun posto. Ed è stato finalmente un luogo in cui mettere dimora che lo ha fatto uscire da una pesante depressione negli anni Novanta. Un rilassato e soddisfatto Zucchero ci ha raccontato tutto questo nella conferenza stampa di oggi all'Auditorium Parco della Musica.

Zucchero: "Sono cresciuto tra sacro e profano"

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Zucchero nel film a lui dedicato presentato alla Festa del cinema di Roma

Un documentario su Zucchero, vi sembrerà strano, non era ancora stato fatto. "Volevamo raccontare la storia di Zucchero perché conosciamo la sua musica e del resto conosciamo poco" racconta la regista Valentina Zanella. "Si espone poco sui social, e la cosa ci interessava. Abbiamo scritto un trattamento cinematografico, lo abbiamo presentato a Zucchero e abbiamo capito insieme quello che voleva venisse raccontato di se stesso. Lo abbiamo sviluppato, con le interviste a lui e i suoi amici, seguendolo in tour, e con 90 ore di archivi che ci ha dato". "Il film racconta la sua vita e la carriera, che non sono slegate" aggiunge il regista Giangiacomo De Stefano. "Si racconta l'Emilia e da lì nasce la sua poetica. L'arte nasce anche dalle ferite. Capiamo cosa lo spinge a suonare in tutto il mondo: trovare casa in un palco perché non si trova mai a casa". "Un docufilm, per me era la prima volta" conferma Zucchero. "Non volevo che fosse celebrativo. Volevo che ci fosse una buona parte di Adelmo e non solo Zucchero. Adelmo che inizia la sua vita a Roncocesi e viene sradicato a 11 anni, e portato in Versilia dove non si è mai integrato. Questo sradicamento da mia nonna, Diamante, mi ha fatto soffrire. E ancora adesso ho la sensazione di non sentirmi mai a casa". "Per questo ci sono dei pensieri malinconici" continua. "Forse è per questa malinconia che sono rimasto attratto sin da ragazzino dal blues. La malinconia è molto creativa. Basta che non si trasformi in depressione. De Gregori ha colto in me il senso di una persona tribolata, della tribolazione, e infatti fa l'accostamento con le risaie e le piantagioni di cotone. Io ero uno che andava a suonare in chiesa per avere uno strumento senza pagarlo. Sono cresciuto tra sacro e profano".

Zucchero: "Ho avuto la fortuna di essere stato molto amico di Pavarotti"

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La locandina di Zucchero - Sugar Fornaciari, ritratto intimo del bluesman

Questa tensione tra sacro e profano ha costellato tutta la carriera artistica di Zucchero. Ma è solo una delle contraddizioni che emergono in lui, tra il lato artistico e quello personale. Un'altra contraddizione è quella tra la provincia, il piccolo paesino, e il mondo che ha attraversato in tutti i tour. Ma Zucchero vive queste contraddizioni accettandole: come fa? "Ho avuto la fortuna di essere stato molto amico di Pavarotti" ci spiega il bluesman. "Lo convinsi a fare il duetto su Miserere e da lì nacque l'idea di fare 12 edizioni del Pavarotti And Friends. Siamo diventati molto amici. È stato un faro da seguire: pur essendo planetario, quando tornava a casa a Modena giocava a briscola con gli amici. Era rimasto se stesso. Così come altri artisti, come Bono e Sting, persone che frequento ancora, sono rimasti genuini. Per me la genuinità è alla base di tutto".

Zucchero: "Mi dicevano: il genere che ti piace, con la voce che hai, qui non funzionerà mai"

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Un'intensa foto di Zucchero Sugar Fornaciari

Da Roncocesi, e poi Forte dei Marmi, fino a tutto il mondo. Zucchero continuava a non avere una casa e a cercarla su tutti i palchi. Ma, guardandosi indietro, vede che di strada ne ha fatta tantissima. Che sensazione dà tutta questa strada oggi? "La domanda che mi sono fatto è: come ho fatto?" risponde sorridendo Zucchero. "Perché è vero che ci vuole la costanza e la tenacia. Ma nel mio caso era un'esigenza. Quando parti dicendo 'vorrei fare il musicista', suonare e vivere decorosamente per me era più che sufficiente: non miravo ad essere Elvis Presley. Non pensavo neanche che mi avrebbero fatto fare un disco. E infatti i primi dieci anni sono stati duri. Mi dicevano: il genere che ti piace, con la voce che hai, qui non funzionerà mai'. È stata un'esigenza quella di inventarmi, di continuare, di essere felice. Le ho provate tutte, fino a che è arrivata l'ultima spiaggia, altrimenti sarei stato Storia: Donne. La casa discografica mi aveva già dato la liberatoria dal contratto, arrivai penultimo a Sanremo. Ma le radio iniziarono a trasmettere la canzone". "Oltre al talento ci deve essere una componente di fortuna, di occasioni. Ma purtroppo non me le sono mai godute. Nel 1992 ero talmente depresso che soltanto l'idea di stare meglio mi spaventava. Mi ha chiamato Brian May. Scrissi Miserere e la feci cantare a Pavarotti, mi chiamò Sting per la versione italiana di Mad About You. Senza una donna, nata per gioco tra me e Paul Young, era andata al numero 1 in tutto il mondo. E invece di fare 'wow' dicevo: 'questa cosa non la voglio fare, non ho le forze'. Adesso va molto meglio."

Zucchero: "Mi sono ricostruito ristrutturando una casa"

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Zucchero si esibisce in Piazza Colosseo a Roma durante il Covid

E proprio trovare una casa, un luogo dove poggiare finalmente quel cappello da bluesman, è riuscito a farlo uscire pian piano dalla depressione. La storia è affascinante. "Non sapevo dove andare a stare" ricorda Zucchero. "Abitavamo a Forte dei Marmi con i figli e la mia ex moglie. Ci eravamo separati. Ho provato a tornare a Reggio Emilia, ma tornavo alle quattro dai concerti e lui mi bussava alle sei del mattino e mi chiedeva di dargli una mano nei campi. Ho pensato che non avesse capito cosa stavo facendo. Intervistato sulla mia musica disse: 'a me piace il walzer e la mazurka'. Non sapevo dove stare. Una sera ero in pizzeria con amici e sentivano che mi lamentavo per questo. C'era il sindaco di Pontrermoli, che mi disse che sarebbero stati onorati di avermi come cittadino del paese. Mi mise alle calcagna uno dei suoi che ogni due-tre settimane mi faceva vedere borghi, mulini. Ma più erano belle le cose, più mi sentivo solo. O stai con qualcuno che ami o che te ne fai di un soffitto del Settecento o di una torre di avvistamento del 1100?". Ma quella storia ha avuto un lieto fine. "Vado a fare un giro in moto, in Harley, e vedo una valle. Sono andato giù per una mulattiera e ho detto: 'Senti che bel silenzio. Mi sembra di esserci sempre stato. Così ne ho parlato con il sindaco e si è messo in moto, ha trovato 13 proprietari che non sapevano neanche che ci fosse quel terreno. Siccome ero dilaniato tra le figlie a Forte dei Marmi e i miei a Reggio Emilia sono andato a vivere proprio a metà, a 45 minuti da Forte e un'ora e dieci da Reggio. Sono uscito dalla depressione così. Mi sono ricostruito ristrutturando la casa, stando coi contadini, andando dai rigattieri a scegliere i mobili. In un paio d'anni stavo già meglio".

Overdose d'amore tour: Milano, Bologna e Messina

Zucchero
Zucchero in un'immagine di repertorio

Proprio in occasione del lancio del film è stata data la notizia che Zucchero dal 2024 girerà tutto il mondo con un nuovo tour, dal titolo Overdose d'amore. In Italia arriverà il 27 giugno allo Stadio Dall'Ara di Bologna, il 30 giugno allo Stadio Franco Scoglio di Messina, il 4 luglio allo Stadio San Siro di Milano. "Partirà a fine marzo alla Royal Albert Hall di Londra, girerà per la Scandinavia e per tutta Europa" svela Fornaciari. "A fine giugno arriveremo in Italia: a Milano, Bologna e Messina. E fino al 2025 saremo in tour in America e Sud America fino a luglio". "Non ho mai seguito le regole del music business" spiega. "Non sono uno di quegli artisti che Fanno l'album, fanno la tournee, poi aspettano due anni per far decantare il tutto. Io prendo spunto da B.B. King, Eric Clapton, Jeff Beck, la gente va e suona. La cosa per cui vivo è sempre stato il live. Per me viene prima il live della strategia del music business. Per me il calendario è sempre aperto".

Zucchero: "Sono unico in quanto solo"

Come avete appena letto, per il documentario sono state messe a disposizione 90 ore di repertorio da Zucchero. E, come accade nei progetti di questo tipo, c'è stato un grande lavoro di scoperta. Che cos'è che i registi hanno trovato più sorprendente? "Leonard Cohen diceva 'c'è una crepa in ogni cosa e da lì entra la luce" spiega Valentina Zanella. "C'è stata una crepa nella vita di Zucchero, c'è qualcosa che non capisci, che arriva da dentro, una piccola magia. "C'è una sofferenza in Zucchero, qualcosa che non andava dritto" concorda Giangiacomo De Stefano. "_È quella la parte interessante, quella che vibra". "C'è un passaggio dove parte una versione in studio di _Rispetto, uno dei primi pezzi che hanno avuto successo_" continua il regista. "Quando scatta il riff ritrovi una canzone che è nel nostro vissuto. È un momento di vissuto collettivo. E lui è questo". Zucchero sorride e concorda. "Sono unico in quanto solo".