Dal 21 aprile è disponibile su Netflix Zero, serie creata dallo scrittore Antonio Dikele Distefano. In otto episodi entriamo nel mondo di Omar (Giuseppe Dave Seke), ragazzo di origini africane nato a Milano che ama disegnare e sogna di diventare un fumettista. Le sue aspirazioni vengono però frenate dal padre, con cui non ha un buon rapporto, e soprattutto dalla vita di quartiere, sempre più difficile.
Da qualche tempo il Barrio (nome di finzione, la serie è stata girata a Barona) è infatti vittima di criminali che ne sconvolgono la quotidianità. Quando Omar scopre di poter diventare invisibile. Sharif (Haroun Fall) e i suoi amici Sara (Daniela Scattolin), Momo (Richard Dylan Magon) e Inno (Madior Fall) gli chiedono aiuto: grazie alla sua straordinaria capacità può davvero aiutare il quartiere.
La serie Zero è un importante precedente per la serialità italiana: un cast composto quasi interamente da esordienti e da ragazzi neri è un bel segnale per il nostro paese. Ma L'opera creata da Antonio Dikele Distefano non è soltanto questo: cerca di parlare a una generazione, quella dei ventenni, che ha la possibilità di cambiare le cose e far sentire la propria voce. Ne abbiamo parlato con gli attori Haroun Fall, Richard Dylan Magon e Madior Fall.
Intervista a a Haroun Fall, Richard Dylan Magon e Madior Fall
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Zero: da grandi poteri derivano grandi responsabilità
Forse non è un caso, visto che tra gli sceneggiatori di Zero c'è Roberto Marchionni, in arte Menotti, che ha scritto anche Lo chiamavano Jeeg Robot, ma, proprio come nel film di Gabriele Mainetti, la prima cosa che vediamo fare al protagonista con i suoi poteri non è del tutto legale. Lì si svaligiava un bancomat, qui c'è una partita di poker truccata. Da grandi poteri derivano grandi responsabilità, ma che succede se finiscono in mano a un ragazzo?
Madior Fall: Sicuramente se hai un grande potere automaticamente ti vengono in mente cose che puoi fare che prima non potevi e quindi puoi aggirare la legge in qualche modo. Zero quando scopre di avere questo potere lo sfrutta subito per ottenere denaro, però il suo scopo finale è positivo. Uno può sempre scegliere se diventare cattivo o buono e sfruttare il potere per il bene degli altri o per se stessi. È una scelta.
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Haroun Fall: Secondo me Zero viene molto influenzato all'interno della storia, da Sharif e dalla crew, per l'esigenza. Quando c'è il blackout nel Barrio la prima cosa che fanno i ragazzi è andare a casa di Zero e chiedergli subito 10mila euro per risolvere la situazione. Lui è costretto a trovare una soluzione facile, una soluzione rapida. Non sempre i supereroi pensano in maniera eroica, anche perché ci devono fare la mano.
Richard Dylan Magon: Credo che l'uso del super potere cambi a seconda dell'età: più sei giovane più sei stupido, tra virgolette, più lo usi in maniera stupida, forse egoista, perché pensi a quello che potrebbe far piacere a te. Ma quello che piace a te può non piacere a tantissime altre persone. Se tu avessi un super potere quando sei più grande ci penseresti di più, perché magari hai già avuto delle sberle dalla vita, che ti permettono di ridimensionarti e usare il potere nel miglior modo possibile.
Zero: se la strada potesse parlare ti direbbe fallo!
Una frase bella della serie, che Sharif dice a Omar, è: "Se la strada potesse parlare ti direbbe fallo!". Alcuni ventenni di oggi sembrano molto insicuri, pieni di disagio, invece i protagonisti di Zero non si tirano mai indietro davanti a qualsiasi situazione. Era un tema che vi stava a cuore?
Haroun Fall: Molto spesso viviamo con i paraocchi, senza poter ascoltare appieno quello che ci capita attorno. Sharif semplicemente dà un consiglio a Zero: leggendo il titolo del libro, Se la strada potesse parlare appunto, gli dice che se lui riuscisse a sentire quello che il mondo ha da dirti ti direbbe agisci per aiutare il contesto in cui vivi. In questo caso il Barrio. Si dice un sacco di volte "sei i muri potessero parlare". Chissà quante cose hanno visto, che però non hanno la possibilità di raccontare. Sharif, insieme al gruppo, che è molto affiatato, consiglia a Zero di aprire un pochino di più lo sguardo, gli occhi.
Richard Dylan Magon: Questa spinta che si vede in Zero è molto importante per i ragazzi della nostra generazione: è giusto che ci sia una spinta da parte nostra, è giusto che ci rimbocchiamo le maniche per cambiare le cose. In qualsiasi modo, anche in maniera non eclatante, ma è giusto che lo facciamo, anche nel nostro piccolo. In Zero questo arriva per una necessità primaria, perché ci stanno cacciando via dal nostro quartiere e noi siamo attaccati al nostro quartiere. Quindi siamo messi alle strette. A mali estremi, estremi rimedi.
Madior Fall: Quella frase lì è un po' una spinta ad agire. Molta gente vive in contesti scomodi e vive nel silenzio. Quindi quella è una spinta a urlare, aprire la bocca ed essere pronti a cambiare il proprio contesto.
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La pettinatura di Sharif ricorda quella di Killmonger in Black Panther: è un caso o vi siete un po' ispirati a lui?
Haroun Fall: No. All'inizio semplicemente ho fatto crescere i dread perché pensavo fosse una cosa nuova e soprattutto penso che il dread sia un capello molto collegato alla cultura afro. Forse è l'emblema della cultura afro. Era interessante avere un personaggio che li avesse. In questo caso sia Inno che Sharif hanno i dread. Pensavo fosse molto descrittivo per il tipo di personaggio che è Sharif: una persona impulsiva, un po' sbarazzina. Ma non ci siamo ispirati a lui. Tra l'altro è interpretato da Michael B. Jordan in Black Panther, ben meglio!